Giugno 2005
Quando studiavo economia la prima regola in un libero
mercato era che i prezzi aumentano con l’aumentare della domanda e diminuiscono
con l’aumentare dell’offerta.
In questi ultimi due anni abbiamo assistito – invece - ad
un aumento dei prezzi non giustificato dall’aumento della domanda che è, per
molti generi, calata.
Allora, che è successo alla prima regola economica?
1.
il
nostro (quello italiano e, in generale, quello europeo) non è un libero mercato
perché è presente l’intervento pubblico a dettare i prezzi su certi prodotti,
di natura monopolistica
2.
il
debito pubblico è così alto da creare problemi di stabilità dei prezzi perché i
creditori e fornitori dello Stato, in qualche modo (aumentando i prezzi al
consumo) cercano di rientrare almeno dei
costi sostenuti, per rimanere in attività
3.
l’introduzione
dell’euro ha permesso a molti produttori e commercianti (disonesti), in assenza
di controlli, di aumentare il prezzo reale dei prodotti venduti, giocando sulla
novità e l’inesperienza del consumatore.
I prezzi sono aumentati, ma il lavoro è diventato più
precario, molte aziende sono in crisi ….cassa integrazione
……licenziamenti…..lavoro a termine…..
Gli stipendi, quando ci sono, sono risicati e il debito
pubblico stà mettendo l’Italia in difficoltà nei confronti dell’Unione Europea,
ma il governo italiano di centro destra, non sapendo che pesci prendere, ha
messo in campo un’azione diversiva sull’opinione pubblica: due episodi di
delinquenza extracomunitaria hanno colonizzato la metà del tempo dei notiziari
televisivi contribuendo, peraltro, ad incrementare inutili tensioni nei
confronti dell’immigrazione.
Del problema relativo alla crisi economica ci sono cenni
sfuggevoli, quando ci sono, perché questo governo non ha idee al riguardo
cosicché è meglio glissare sulla crisi economica – facendo finta che non esista
– piuttosto che parlarne senza proporre soluzione e progetti.
Gli economisti si sbizzarriscono sulle soluzioni possibili:
c’è chi vorrebbe tagliare il costo del lavoro con delle defiscalizzazioni (=
costo a carico dello Stato, ossia dei cittadini), chi vorrebbe un sistema
efficiente di sussidi alla disoccupazione per poter licenziare liberamente (=
costo a carico dello Stato, ossia dei cittadini), chi vorrebbe ridurre il peso
delle corporazioni sindacali ed eliminare la parola “concertazione” per
lasciare piena autonomia alle aziende (= lasciare che facciano il loro
interesse, ossia guadagnare il massimo con la minima spesa), chi vorrebbe più
controlli fiscali ed un sistema di premi o sanzioni (bene!), chi vorrebbe
un’authority dei conti pubblici per ridare credibilità (bene, guardiamoci
dentro a questi conti!)
Per stimolare la ripresa economica occorre investire in
ricerca e sviluppo affinché la produzione delle aziende italiane possa
differenziarsi da quella a basso contenuto tecnologico della Cina, verso la
quale siamo – comunque – perdenti, in termini di prezzo. Non serve abbassare il
costo del lavoro per poter competere con i prodotti cinesi perché la battaglia
è persa in partenza; al contrario le aziende italiane, secondo il mio modesto
parere, dovrebbero incentivare, motivare, riqualificare il proprio personale in
funzione dell’obiettivo di mettere sul mercato prodotti con un valore aggiunto
di qualità e innovazione.
Solo un prodotto di qualità può vincere la concorrenza
cinese, non serve chiudersi a riccio ed invocare dazi doganali!!!!
Occorre, inoltre, avere bene in mente che è il cittadino
che fa girare l’economia, prima come lavoratore che percepisce uno stipendio,
poi come consumatore che spende quello stipendio e …..meno soldi ha in tasca….
meno spende…..meno prodotti vendono le aziende!!
Riusciremo a curare quest’economia malata?
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