Dicembre 2004
Come
affermano gli specialisti, la coscienza
non è una cosa, è un processo.
Un
processo che coinvolge diverse aree del cervello ma non tutte quelle deputate
al funzionamento cognitivo.
La
coscienza, secondo l’ipotesi scientifica più accreditata, sarebbe il risultato
dell’interazione, all’interno del cervello, tra informazione oggettivata e
funzioni esecutive familiarmente chiamate “sé” o “io”.
La
coscienza, cioè ciò di cui ci rendiamo conto, è il collo di bottiglia del
lavoro cerebrale, è la selezione dell’informazione rilevante, una selezione
mediata dalla memoria, dall’esperienza ma anche da preconcetti. Sarebbe, in
altre parole, una specie di filtro.
Avremo
mai un resoconto completo della coscienza?
Il
processo della coscienza funziona grossolanamente come una pellicola
cinematografica in cui i vari fotogrammi, uniti alla velocità di scorrimento,
si sovrappongono creando la percezione del movimento, appunto la coscienza di
sé.
“La
coscienza è ciò che scompare, quando cadiamo addormentati in un sonno senza
sogni; secondo una definizione più rigorosa, la coscienza è la capacità di
integrare informazione” dice il prof. Giulio Tononi dell’Università del
Wisconsin dove studia la neurobiologia del sonno e il problema della natura
della coscienza. La coscienza, allora, è una capacità.
Se
la coscienza è una capacità, allora potrebbe essere variabile da soggetto a
soggetto e, forse, incrementabile.
Se
la coscienza è un filtro, allora rimane da capire dove
finisce ciò che non passa per la coscienza; probabilmente, ciò che non passa
non è essenziale per la sopravvivenza ma potrebbe essere utile.
Eh
sì, …..quanti dubbi la coscienza!
Riuscirà
la scienza a risolverli?
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