Il numero delle donne laureate è maggiore di quello degli uomini ma guadagnano meno dei loro colleghi maschi. Dalle statistiche risulta che ad uno stipendio di 100, pagato ad un uomo laureato, corrisponde mediamente uno stipendio di 60 ad una donna.
Sembra che le donne si accontentino di usare il loro titolo di studio per entrare nel mondo del lavoro, senza preoccuparsi di non essere sottopagate.
Le donne sono poi quelle che maggiormente entrano in un mercato flessibile (lavoro interinale, lavoro a tempo determinato, ecc.) privo o con scarse tutele e garanzie.
Questi dati non emergono nei mass-media perché fanno più notizia le donne che ce la fanno.
Insomma, il problema delle discriminazioni sessuali nel mondo del lavoro non è superato, in Italia.
La donna è da sempre considerata forza lavoro potenzialmente più assenteista delluomo. Leggi nuove permettono anche alluomo di assentarsi per cure parentali ma nella mentalità dominante questi compiti sono riservati alle donne. Queste premesse fanno sì che un datore di lavoro non investe più di tanto su una dipendente che gli dà poche garanzie per il futuro.
Quello che non è giusto è che - a parità di lavoro - lo stipendio è diverso e che le donne lo accettino supinamente, pur di lavorare, come fanno gli immigrati che accettano lavori sottopagati e privi di garanzie.
Un po più dinformazione non farebbe male per far prendere coscienza dei propri diritti.
O, forse, farebbe male a certi datori di lavoro?!?
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