Ottobre 2005
Vi è mai capitato di trovarvi in una situazione che vi
appare di avere già vissuta o in un luogo che vi sembra di avere già visitato?
Oppure di vedere per strada una persona, per la prima volta, ma che vi sembra
di avere già visto in qualche luogo non ben definito?
E’ una banale
illusione? E’ un errore della memoria?
E’ un’esperienza
paranormale? E’ la prova di capacità extrasensoriali?
E’ una lieve e
normale disfunzione neurologica?
In termine tecnico, quella strana esperienza si chiama
“déjà vu” cioè “già visto”.
La nostra coscienza funziona grazie a complessi meccanismi
genetici che ruotano intorno al cuore della nostra memoria dichiarativa o
cosciente: l’ippocampo. E’ grazie all’ippocampo che ricordiamo gli eventi come
episodi spazio-temporali, in modo molto simile a sequenze cinematografiche.
Il ricordo cosciente è il frutto del coordinamento fra le
due aree cerebrali implicate nella genesi della memoria: la corteccia
paraippocampale che provoca il senso di familiarità e l’ippocampo che associa
il ricordo concreto.
La mancata coordinazione o un ritardo di trasmissione da
un’area all’altra, sembra siano alla base del déjà vu.
Gli studi più recenti ci dicono, infatti, che non tutto ciò
che ci scorre davanti viene rilevato dalla coscienza, cioè non prendiamo
coscienza di tutto ciò che vediamo perché alcuni fotogrammi scorrono senza
essere impressi nella nostra memoria cosciente.
Quando si ripresenta una situazione o un luogo o una
persona che assomiglia a quel fotogramma sfuggito alla nostra coscienza, allora
esso ci appare famigliare, anche se la nostra coscienza si mostra disorientata
ad esso perché non l’ha registrato.
I “déjà vu” possono
essere definiti, allora, come minuscole sfasature della coscienza.
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