ANTICO  BORGO   di   SAN  ZACCARIA

CENNI    STORICI

ricavati  dalle  ricerche  e  dalle  pubblicazioni  di:

IDOLO  DE  ROSA    -    DOMENICO  DE MASI
GIOVANNI  PAGLIA      -      MICHELA  SESSA

 

Un rudere ferito che si staglia alto fra la vegetazione, a mezza strada fra una vasta conca carsica ed un colle, mostra ancora una feritoia, superba vedetta  a protezione di genti laboriose …

Questo l’attuale aspetto di quanto rimane della Torre di San Zaccaria, quadrato baluardo della religiosità dei monaci costruttori della chiesetta lì accanto, nominata ad uno dei Santi protettori del mondo spirituale bizantino.

La piccola comunità di contadini e pastori trovò rifugio dapprima in poche caverne naturali, poi gradualmente riuscì a scavarne altre sul fianco della Costa del Casale, attendendo che il “Pantano” ritirasse ogni anno (come il Nilo per gli Egizi) le sue acque per coltivarne il fondo limaccioso, ma fertilissimo.  Dalla fusione delle due realtà - abitativa e monastica - prese forma e corpo il piccolo Casale di San Zaccaria.

Poi furono i Normanni, requisita la struttura monastica, a trasformarla nella piccola fortezza dotata di Torre di avvistamento, al pari di quella, sempre a base quadrata, posta sul colle San Angelo dello Scorzo.

Lì intorno alberi di ulivo a testimoniare la volontà dei nativi di abitare il sito; purtroppo una serie di circostanze avverse determinò il loro progressivo allontanamento. Poi, nel corso del XVII secolo i pochi abitanti rimasti, risparmiati dalla malaria, abbandonarono definitivamente il Borgo di San Zaccaria per  trasferirsi nel vicino paese di San Gregorio.

  Attilio  Piegari

I   MONACI   BENEDETTINI   di   IDOLO  DE ROSA

 

Tra il decimo e l'undicesimo secolo alcuni monaci benedettini, si spinsero nella nostra zona (all’epoca il territorio apparteneva ai Longobardi ormai convertiti al cattolicesimo).

I monaci si sentivano abbastanza sicuri, ma erano costretti a rifugiarsi lontano dal litorale, ove continuamente imperversavano i saraceni.

Sorsero gli eremi in cavità naturali o artificiali; accanto a questi ricoveri c'era sempre del terreno da disboscare o da coltivare, infatti per i benedettini era prescritto il lavoro manuale.

Con l'opera intrapresa dai monaci si ebbe la rinascita di queste terre; aiutavano braccianti e contadini, nel duro lavoro dei campi; li raggruppavano in piccole comunità insegnando nuove colture; crearono molte attività artigianali.

I monaci acquisirono vari possedimenti, che col tempo vennero ampliati attraverso le donazioni di privati cittadini, ma soprattutto di nobili devoti che donarono estesi territori.

I monaci agricoltori non bastarono più e si dovette ricorrere a manodopera estranea alla comunità.

Molta gente proveniva dal vicino villaggio di Santa Maria delle Grazie, che si rifugiava spontaneamente presso i monaci per sfuggire alle devastazioni saracene. San Zaccaria, per molto tempo rimase solamente un monastero fortificato, esisteva una chiesetta e una torre quadrata.

 I resti di mura della chiesetta e della torre quadrangolare a piccole pietre, attestano le origini del cenobio alla fine del XIII secolo. Attorno alla chiesetta vi sono numerose grotte, quasi tutte artificiali, erano gli umili ricoveri dei monaci.

Sotto la torre, una grotta particolarmente grande, doveva essere il luogo di ritrovo e di preghiera.

La chiesa di San Zaccaria, nell'insieme era rozza, frammentaria e disorganica, però sempre rigorosamente orientata da ponente a levante.

Il cenobio venne costruito per necessità di difesa, a ridosso della costa del Casale: era inattaccabile sia dalla montagna che frontalmente poiché la posizione occupata, dominava interamente la Valle del Bianco.

Vi sono ancora numerose piante di ulivo, alcune misurano una circonferenza di circa due metri: è presumibile che abbiano 700-800 anni e si può supporre che siano state piantate dai monaci nello stesso periodo in cui edificarono il monastero.

Difatti, nel catalogo dei baroni redatto tra il 1150 e il 1168 non risulta San Zaccaria, ne viene rubricato come Casale nella ''cedula de focolaribus" del 1271 dove compaiono anche centri che pagano il "focatico" per una sola unità.

Inoltre nel 1231 l'imperatore Federico II di Svezia, nell'ambito della vasta opera di riordinamento amministrativo, stabilì lo statuto dei castelli di Principato, Terra di Lavoro e Terra Beneventana.

In base allo statuto, fu compilato tra il 1241 e il 1246, un elenco di tutti i castelli e palazzi della Corona Imperiale nella provincia di Salerno, con l'indicazione del personale di custodia a ciascun castello e le paghe da corrispondere.

Nel documento in cui obbligava i paesi alle spese di riparazione del castello di Sicignano, sono compresi gli uomini di San Gregorio.

C. Carucci "Castrum Siciniani debet reparari per homines Cosentini, per homines Petine, item potest reparari per homines Bulcini, per homines San Mauri, per homines San Gregorii, per homines Riciliani".                                      

Nell'elenco non sono compresi gli uomini di San Zaccaria, ciò conferma che il villaggio non era stato ancora edificato.

Mentre nel 1296 anche questo villaggio fu obbligato assieme ad altri paesi a rifornire i soldati di Tommaso Sanseverino durante la lunga guerra del vespro.

La prepotenza dei baroni, costrinse i monaci ad abbandonare il monastero che divenne ima piccola corte baronale al servizio di Marino d'Alemagna e prese il nome di Feudo di San Zaccaria, alle dipendenze del comune di Ricigliano.

Marino d'Alemagna si ribellò a Federico d'Aragona che lo spogliò dei beni e il Feudo passò ai baroni De Marinis.

Dopo la distruzione del villaggio, alcune famiglie che abitavano nella. zona, si impossessarono dei terreni.

La famiglia Mercurio, abitava nella zona di Buccino e pagava a questo comune 24 carlini l'anno per l'uso di acqua e pascolo.

Le famiglie Monbiani e Fernicola, abitavano nella zona di Ricigliano e pagavano a questo comune la somma di 10 scudi l'anno.

Solamente nell'anno 1933 il comune di San Gregorio Magno ne acquistò una parte: contrada Camini e Costa del Casale.

IDOLO  DE ROSA

dal volume   SAN GREGORIO MAGNO (SA)

dalle origini ai nostri giorni

 

A CURA DEL COMUNE DI SAN GREGORIO MAGNO (SA)

 

Edizioni Parisi - Bivio Palomonte - agosto 2004

  clicca qui per tornare alla pagina San Gregorio Magno