- DOCUMENTI -

Testimonianze raccolte da Giulio Bedeschi

di Grazia Fonio

 

Nell'opera curata da Giulio Bedeschi "Fronte Italiano: c'ero anch'io, la popolazione in guerra" (Editore Mursia - Milano, 1987), è contenuta una eccezionale documentazione: sono i ricordi dei civili coinvolti negli eventi che hanno colpito le nostre popolazioni.

Grazia Fonio, una nostra associata che ha vissuto le tragedie di quel periodo, ha recensito con cura le testimonianze raccolte da Giulio Bedeschi.

«Sembrava un pezzo di penna o matita»

 Claudio Serravallo - Trieste

 (pag. 59-61)

«Destinazione Roma» / «Esodo 1947

 Giuseppe Nider - Roma

 (pag. 81-85)

«5 Maggio 1945»

 avv. Giorgio Bevilacqua - Trieste

 (pag. 85-88)

«L’invasione slava di Trieste»

 Flavia Luciani - Milano

 (pag. 88-90)

«La Risiera di San Sabba: il Lager di Trieste»

 Ketty Daneo - Trieste

 (pag. 90-93)

«Per difendere la nostra italianità»

 dott. Gemma Saiz Rutter - Trieste

 (pag. 93-96)

«Militari Italiani, civili jugoslavi»

 Giorgio Bonifacio - Trieste

 (pag. 96-97)

«In questo quadro di fuga biblica»

 Lino Vivoda - Imperia  

 (pag. 97-107)

«Sei mesi di calvario»

 Mario Ive - Cremona  

 (pag. 107-111)

«E quella valigetta di cartone pressato»

 Giovannina Franelich ved. Ive - Cremona

 (pag. 111-115)

«Tu non sei la mia mamma»

 Grazia Fonio Bazzanella - Trento

 (pag. 116-119)

«Anno scolastico 1945-46»

 Marina Ferrarese - Brescia

 (pag. 119-120)

«L’attentato di Vergarola»

 Marina Rangan - Milano

  (pag. 120-121)

«Tanti bambini, anche slavi, uguali a noi nella gioia di vivere»

 Anna Borsi de Simone - Milano

 (pag. 121-123)

«Sono riuscita dopo indicibili lotte interiori a perdonarli»

 Aurora Kero Rover - Crocetta del Montello (Treviso)

 (pag. 123-131)

«Madonna, Madonna mia: è la foiba!»

 G.U. 

 (pag. 131-137)

«Fiume: dall’armistizio al 1947»

 Cesare Pamich / Elda Fabich ved. Pamich - Roma

 (pag. 137-142)

«A Fiume, Sussak e oltre» / «Ordinanze per il Küstenland» / «Casa per casa» / «Alleati a Trieste» / «Più verso l’Est, e in carcere»

 dott. Mario Dassovich - Trieste   

 (pag. 142-163)

«I giorni di passione» / «L’esilio»

 dott. Amleto Ballarini - Roma

 (pag. 163-172)

«Ci sarebbe da raccontare»

 L. Benzan Sepich - Asuncion (Paraguay)

 (pag. 172-173)

«Un immane grido di maledizione e condanna»

 Vilma Pauletti Zappador - Sgonico (Trieste)

 (pag. 174-176)

«Sembrava proprio che Dio ci avesse dimenticato»

 Nereo Dubrini - Padova

  (pag. 176-183)

«Una domanda è lecita: Perché tanto accanimento?»

 Mons. Giovanni Eleuterio Lovrovich - Marino (Roma)

  (pag. 183-187)

«Morte e distruzione fu invece per noi, e per tanti altri, il tempo della giovinezza»

 Cornelia Brescia in Scalia - Mantova 

 (pag. 188-197)

«Un preciso, ragionato rifiuto»

 Francesca Zanetov Assunto - Roma

  (pag. 197-199)

« “Displaced Persons”, divelti dalle nostre radici, esuli a vita in patria »

 Alberto Rossi - Genova Pegli

 (pag. 199-215)

«Vidi mio padre per l’ultima volta»

 Nicolò Luxardo De Franchi - Torreglia (Padova) 

  (pag. 215-219)

«Mio padre aveva ricevuto un dispaccio con la nomina a prefetto di Zara»

 avv. Piero Serrentino - Lido di Jesolo (Venezia)

 (pag. 219-220)

«Arrivò un camion con dei militari tedeschi»

 Maria Catalano Galati - Ostia Lido (Roma)

 (pag. 220-222)

«Vicissitudini di uno studente zaratino»

 rag. Giovanni Puccinelli - Brescia

 (pag. 222-226)

«Ho provato a mettermi in fila per avere una scodella di minestra»

 Suor Norma Marino - Cinisello Balsamo (Milano)

 (pag. 226-230)

«Alle bombe avevamo da opporre soltanto le nostre preghiere»

 Felsina Zanghi - Alessandria

 (pag. 230-237)

«Hanno mitragliato anche la giostra dei bambini»

 Fiorella Lubin Signoretti - Colle di Val d’Elsa (Siena)

  (pag. 237-238)

«Zara, la guerra, l’esodo» / «Noi esuli molti anni dopo»

 Raffaele Cecconi - Venezia

  (pag. 238-250)

«La favola d’oro» / «La Chiesa chiusa» / «I morti “vivi”»

 Sergio Brcic - Venezia Mestre

 (pag. 250-258)

«Ho pensato: se un aviatore potesse ora essere qui… non avrebbe mai più il coraggio…»

 Anita Hunger in Stipanovich - Livorno

 (pag. 258-260)

«Zara: una città perduta alla patria»

 Nerino (Rime) Rismondo - Ancona

  (pag. 260-265)

«I rimasti» / «Il primo, il secondo e il terzo bombardamento di Zara» / «Ma come, siete venuti via? e perché?»

 Maria Mastrovich Montemaggi - Livorno

 (pag. 265-270)

«Un avamposto di scarso valore militare ma di grandissimo significato politico»

 dott. Massimo Barich - Milano

 (pag. 270-273)

«Apprenderanno i nostri figli, dai libri nelle pubbliche scuole»

 prof. dott. Tullio Chiarioni -  Roma

 (pag. 273-274)

«La fine dell’ospedale civile di Zara»

 Manfredo Mastrovich - Trieste

  (pag. 275-278)

«Oggi noi dobbiamo ammettere qualcuno nel nostro mondo dei ricordi»

 Myriam Paparella Bracali - Pescara

 (pag. 278-283)

«Sono nato già profugo nel ventre di mia madre»

 Vittorio Gherdovich - Firenze

 (pag. 283-286)

«Con le braccia alzate e ripiegate dietro la nuca, a mani intrecciate» / «Era mio padre che mi credeva nata una seconda volta e, felice, piangeva» / «Esodo»

 Donata Grieco Fracchiolla - Roma

 (pag. 286-288)

«Vi do l’assoluzione in articulo mortis»

 Maria Perissi Rismondo - Ancona

 (pag. 288-290)

«Una miracolosa telefonata li fece partire seduta stante il 7 settembre»

 dott. Luigi Courir - Genova

  (pag. 290-293)

«In tutte le altre città la popolazione sfollata ritornò»

 Tullio Vallery - Marghera (Venezia)

 (pag. 293-296)

«L’occupazione slava di Zara»

 Antonio Dal 

  (pag. 297-299)

«Ci imbarcammo su un barcone a vela»

 Gabriele Donati - Venezia

 (pag. 299-302)

«Divisero la popolazione rimasta in due categorie»

 F. C. 

 (pag. 302-304)

«Così ora mi trovo due patrie»

 Didi Salghetti-Drioli Caldana - Vicenza

 (pag. 305-308)

«I perché d’una scelta»

 Luigi Papo de Montona - Roma

 (pag. 308-311)

«Quello che cucinavano per loro ce lo offrivano ogni giorno»

 Miriam Pakler - Verona

 (pag. 312-315)

«Certo non è possibile entrare nei dettagli, ma è possibile capire le sofferenze»

 Giovanna Camali Chersano - Venezia

 (pag. 315-316)

«Bambina mia sei nata solo in tempo per morire con noi»

 Renzo Pongiluppi - Modena

 (pag. 317-326)

«Un’intera popolazione ha troncato le sue stesse radici perché, essendo italiana e libera, tale voleva rimanere»

 Laura Fasanaro Inchiostri - Napoli

 (pag. 326-332)

«Imparo a morire a poco a poco»

 dott. Marco Perlini - Vicenza

 (pag. 332-339)

«Il mio giorno più lungo»

 Elda Mattioli - Mantova

 (pag. 339-343)

«Spalato e il nostro secondo esodo»

 Maria Marcocchia - Roma

 (pag. 343-347)

«Note da elementi raccolti su attività svolta e su progetti, in una visione storica che oltrepassa gli eventi»

 dott. Luigi Maniscalco - Varese

 (pag. 347-353)

«Consapevoli “segni”, fra gli alleati più colti e “filoeuropei”, dell’unità fisio-economica e politico-culturale dell’Adriatico»

 Giorgio F. Vecchiato - Venezia Mestre

(pag. 353-356)

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