Religione

 

Parlare di religione equivale ad entrare in un campo della conoscenza particolare, dove la personale predisposizione riguardo ad essa, incide sulla esplicabilità delle sue caratteristiche e delle sue finalità. A livello generico, con il termine religione, possiamo intendere 

"Quel complesso di credenze ed atti di culto che esprime il rapporto dell'uomo con il sacro e con le divinità". 

Lo studio della religione, come specifico oggetto di conoscenza inseribile all'interno di un progetto di scienza umana, è, in realtà, frutto di un particolare momento storico, coincidente con l'età moderna, periodo nel quale si inizia a vedere nelle varie istituzioni (religione, economia, politica, scienza), campi tra loro indipendenti, e non più interrelati. L'antropologia religiosa, la cui nascita è probabilmente da far risalire alla seconda metà del secolo scorso, grazie alle intuizioni di Friedrich Max Müller (1823-1900), ha proposto, nel corso del suo sviluppo come disciplina scientifica, una gran quantità di definizioni, dovute alle diverse impostazioni teoriche degli autori che se ne sono occupati. Seppur ancora oggi permangono diverse difficoltà riguardo la possibilità di definire le categorie interpretative della religione, su alcuni punti sembra vi sia una certa comunanza di vedute. Innanzitutto si pone l'attenzione sul fatto che spiegare le funzioni che una religione assolve all'interno di una società (che possono essere, al contempo, sociali, comunicative, psicologiche, linguistiche), non equivale ad isolarne la sua essenza ultima. Questo vuol dire, in pratica, che non spetta allo studioso tentare di capire se una religione sia il frutto di una rivelazione di origine divina, o se, al contrario, sia il risultato di capacità prettamente umane, senza riferimenti ad ordini superiori. Come vedremo più avanti, questi due modi di intendere l'approccio alla religione, sono alla base di due orientamenti culturali specifici delle scienze sociali. Oltre a ciò, è importante sottolineare come la religione non debba essere intesa né come teologia, né come filosofia, né come ideologia, anche se queste possono esserle inerenti, e condizionarla. Se, dunque, questioni trasversali pongono problemi di non facile soluzione, rimane la necessità di disporre di una definizione preliminare, da intendersi, seguendo ed accettando una certa prospettiva interpretativa,

"Come l'espressione concreta del pensiero magico-religioso, inteso come fenomeno culturale organizzato in senso conoscitivo, che sappia creare un campo di riflessione tanto sul mondo delle cose, che su quello umano" (Ciattini, 1997).

Ciò che dunque caratterizza la religione, è il suo essere in grado di prospettare una certa visione del mondo, di organizzarla attraverso tre modalità, che sono

1) la messa a fuoco della realtà nei suoi aspetti immediati e sensibili

2) la comprensione di questi aspetti facendo riferimento ad un ordine misterioso e nascosto

3) l'impossibilità di spiegare in termini verificabili e razionalmente dimostrabili il rapporto tra la prima e la seconda dimensione.

Cerchiamo di fare chiarezza; il primo punto ci informa del fatto che la realtà sensibile, ossia tutto ciò che ci circonda, viene percepita e compresa facendo affidamento ai soli aspetti osservabili e intuibili; in questo caso la spiegazione, più che di uno studio approfondito delle sue caratteristiche, sarà frutto di un semplice approccio superficiale. Se, ad esempio, osserviamo un fulmine che scarica la sua energia su di un albero, la nostra spiegazione si baserà su ciò che avremo sotto gli occhi, sarà, quindi, frutto di uno studio di tipo "non scientifico", e le sue cause saranno addebitate, ad esempio, al volere di una certa divinità, o comunque, ad una dimensione superiore non percepibile dai sensi. Diremo, allora, che quel fulmine è caduto in quel momento per volere di una divinità, irritata per un'inadempienza nei suoi confronti. Nelle antiche civiltà storiche, ad esempio, i fenomeni osservati in natura venivano normalmente considerati come segni tangibili della volontà di una divinità locale (il che non vuol dire che non vi fossero sforzi per organizzare una conoscenza di tipo scientifica). Il terzo punto, riguardante l'impossibilità di spiegare in termini razionali il rapporto tra i primi due punti, ci chiarisce un'altra cosa importante di questa forma di conoscenza, ossia che permane, nel caso di un collegamento tra due fenomeni, l'impossibilità di spiegarlo in termini verificabili, ritenendolo valido di per se stesso.

Per poter identificare la religione come fenomeno culturale, è tuttavia indispensabile contrapporla a qualcosa di alternativo, da noi identificato nel pensiero scientifico. Esso può essere considerato come un più potente mezzo conoscitivo, che si basa su di una maggiore efficacia pratica ed un forte senso critico. Ad entrambi, quindi, viene riconosciuto lo status di fenomeno culturale con finalità conoscitive, diversi per prospettive, ma ugualmente confrontabili sotto alcuni aspetti. Mentre la prima tende a confondere e spiegare i fenomeni sensibili attraverso l'osservazione diretta della realtà, e rimandare la loro spiegazione facendo riferimento ad un mondo trascendente, di cui si può, tuttavia, percepire l'esistenza, la seconda fonda il suo sapere non limitandosi alla semplice apparenza sensibile, ma tentando di penetrare in profondità al fine di stabilire connessioni e caratteristiche che diano la possibilità, una volta provate come oggettive, di enunciare teorie immutabili. Dovrebbe risultare chiaro come questo tipo di confronto può essere stabilito solamente nel caso in cui, all'interno di una società, siano compresenti entrambe queste due possibilità di porsi rispetto al reale. Non è mia intenzione sviluppare un discorso sulle differenti modalità, e campi d'azione, che riguardano pensiero scientifico e religioso a seconda che in una società prevalga l'uno o l'altro; mi basta qui accennare come, nella nostra, la religione abbia da tempo abbandonato la pretesa di spiegare i fenomeni naturali e le loro proprietà, divenuti progressivamente di domino scientifico, spostando la propria attenzione verso problematiche morali ed esistenziali (tentando, ad esempio, risposte a domande del tipo "Chi siamo?" "Cos'è l'infinito?", "Qual è il nostro compito in questa vita?").

Volendo ora fare una prima distinzione di fondo attraverso cui i diversi studiosi hanno voluto intendere il fenomeno religioso, possiamo chiamare genericamente intellettualistiche quelle correnti di pensiero che, prendendo spunto dal pensiero illuminista, hanno visto nella religione il risultato di capacità prettamente umane, sviluppate senza far riferimento ad ordini superiori. Le credenze magico-religiose sono quindi interpretate, dagli esponenti di questo paradigma, come un fenomeno culturale che tenta di dar conto del reale, con finalità squisitamente conoscitive. L'altra corrente, che possiamo chiamare romantico-teista, e che trae spunto dal pensiero dei filosofi anti-illuministi, pone l'accento sulla necessità di interpretare tutte le facoltà sviluppate dall'uomo nel corso della sua evoluzione bio-culturale, ivi compresa la religione, come manifestazioni indirette del divino.

 

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