La nostra Cina

12° giorno: Mercoledì 1 settembre 1999:

ARRIVEDERCI CINA! - Ed eccoci al nostro "giorno più lungo". Infatti, per calcolare le ore di luce di cui, grazie al passaggio del fuso orario, godiamo in questa giornata del nostro ritorno a casa, teniamo presente che la sveglia suona nelle nostre camere alle 5,30, quando cioè nel limpido cielo di Pechino si delineano già le prime luci dell’alba mentre, nello stesso istante, in Italia sono invece le ore 23,30 di Martedì 31 agosto. Anche se siamo ancora terribilmente assonnati e ci muoviamo come degli automi, non possiamo concederci né indugi né divagazioni: infatti, secondo gli ordini ricevuti da Roberto, già prima delle ore 6 dovremo aver completate le quotidiane operazioni del primo mattino e soprattutto aver chiusa definitivamente le valigie perché gli addetti possano caricarli sul furgone diretto all’aeroporto. Ancora una volta riusciamo a far tutto e bene in modo da lasciare definitivamente il Grand View Garden alle ore 7, come previsto dal nostro esperto Accompagnatore.

A quest’ora Pechino è già in pieno fervore di vita e di attività: così, spingendo il nostro sguardo curioso su quanto succede intorno a noi, non ci perdiamo nemmeno una scena del sempre vivace spettacolo che ha come protagonisti: i pedoni, i ciclisti e conducenti di veicoli di ogni tipo, uno "show" che si replica senza soluzione di continuità su ogni strada della grande e popolata Cina.

La novità di questa mattina, 1 settembre, è data dagli scolaretti che, con la loro bianca camicetta ben lavata e stirata e con al collo l’immancabile fazzoletto rosso da pionieri del comunismo, vediamo convergere verso la loro scuola. Con un affettuoso cenno della mano, accompagnato da un sorriso, esprimiamo loro il nostro più cordiale augurio di buon anno scolastico.

Come previsto, per arrivare all’aeroporto impieghiamo più di un’ora e non appena ci fermiamo davanti all’ingresso della vecchia e inadeguata aerostazione della capitale cinese - Roberto la chiama "l’ippodromo"-, ci troviamo ad affrontare una tale calca di persone stracariche di valigie e di bagagli, che veramente ci terrorizza: non riusciamo infatti a pensare in quale modo arriveremo nel non vicino settore in cui, personalmente, dovremo provvedere alla spedizione dei nostri bagagli. Roberto, senza alcuna indecisione, si prende l’incarico di farci da "apripista" e, non badando troppo agli spintoni che diamo e che, con altrettanta generosità, riceviamo, dopo circa un quarto d’ora di lotta per non finire schiacciati come le classiche "acciughe in un barile", arriviamo finalmente ad avere le mani libere dai bagagli e perfino a trovare un angolino di questo "ronzante alveare" nel quale riusciamo a respirare in modo quasi normale. Prima di accedere alle sale d’attesa, dobbiamo affrontare un’altra situazione di ressa per esibire ad un funzionario i nostri passaporti e soprattutto per verificare l’iscrizione dei nostri nomi sul visto consolare collettivo. Superata indenni anche questa emergenza, ci lasciamo andare sulla prima panchina che troviamo libera nella sala d’attesa con il fermo proposito di attendere qui il momento della nostra chiamata all’imbarco del volo LF 721 delle ore 10.55 con destinazione Francoforte sul Meno.

IL GRANDE VOLO VERSO L’OCCIDENTE - Da un pannello luminoso posto nella sala d’attesa, apprendiamo intanto che il nostro volo subirà un ritardo di circa un’ora. Ormai siamo pronti a tutto e quindi attendiamo pazientemente il lento trascorrere del tempo nel nostro rigido sedile di legno. Finalmente, poco prima di mezzogiorno, attraverso un tunnel mobile, ci imbarchiamo sul Boing 704 - 400 e, allacciate le cinture di sicurezza, ci accingiamo a lasciare la Cina e a spiccare il lungo volo che ci porterà nel cuore della nostra Europa. Ci stacchiamo dalla pista di Pechino esattamente alle ore 12,20 (ora locale) e, con crescente emozione, guardiamo con nostalgia il paesaggio cinese che, laggiù in basso, vediamo farsi sempre più piccolo ed indistinto. A distrarci provvedono subito le gentili hostess tedesche che dapprima ci forniscono stuzzichini e bibite e quindi, dopo circa un’ora di volo, un ottimo pranzo caldo. Come nell’andata, davanti alle nostre poltrone, abbiamo un monitor che, in continuazione, ci indica non solo la rotta del nostro jet ma ci fornisce anche numerose altre informazioni tecniche relativa al nostro volo. Purtroppo non stiamo godendo una buona visibilità perché, sotto di noi, si stende un "oceano" di bianche nuvole che brillano al sole. Sorvolato l’esteso deserto di Gobi ed oltrepassata Ulan Bator, la capitale della Mongolia, ci portiamo gradualmente sopra la sconfinata Siberia della quale, attraverso qualche improvviso squarcio, vediamo il territorio per lo più ricoperto da boschi e solcato da grandi fiumi. Ad un certo momento, a causa dello scintillio delle acque, distinguiamo perfettamente un’ampia zona acquitrinosa che si estende anche tra gli alberi di un immenso bosco. Riteniamo questo fatto come la conseguenza dello scongelamento estivo del terreno, un fenomeno che, fino al ritorno del ghiaccio, rende in queste zone impraticabili a qualsiasi veicolo. Intanto a bordo ci riposiamo, ascoltiamo musica o guardiamo qualche filmato e soprattutto conversiamo amichevolmente con tutti i nostri compagni di questa straordinaria e riuscitissima avventura cinese. Quando scavalchiamo gli Urali, ci sentiamo quasi a casa o quanto meno nel nostro più familiare ambiente europeo. Stiamo ora seguendo una rotta più settentrionale rispetto a quella dell’andata: lasciamo infatti il territorio russo dopo aver sorvolato la grande città si S. Pietroburgo. Ecco sotto di noi il Mar Baltico, poi, uno dopo l’altro, i tre Stati Baltici di Estonia, Lettonia e Lituania che recentemente si sono resi indipendenti dall’ex Unione Sovietica. Nel momento in cui stiamo lasciando anche la Polonia, siamo invitati ad allacciare le cinture di sicurezza perché siamo già in lenta ma costante fase di atterraggio. Eccoci a sorvolare città e borgate della Germania e, finalmente, alle ore 15,30 (ora dell’Europa Centrale), dopo poco più di 9 ore di volo tranquillo e confortevole, con manovra perfetta, ci posiamo sulla pista di Francoforte. Il nostro grande volo da Pechino verso l’Occidente si è concluso. Ci sentiamo felici e ci sembra di non sentire neppure la stanchezza delle oltre 20 ore di sole che già abbiamo al nostro attivo in questa giornata per noi interminabile.

Preoccupati, a causa del ritardo del volo intercontinentale, di non perdere la coincidenza con il successivo volo che ci porterà a Venezia, a passo di corsa, ci lanciamo attraverso gli interminabili corridoi dell’aeroporto tedesco, rallentando solo quando c’è da affrontare qualche formale controllo di polizia. Utilizzando scale mobili e perfino ascensori, raggiungiamo il settore dei voli europei dove, constatata la presenza di tutti i nostri baldi "bersaglieri", arriviamo presso un ufficio presso il quale Roberto ritira, per ciascuno di noi, la carta d’imbarco per il volo LH 3814 diretto a Venezia. Non sappiamo se per una pura coincidenza oppure non farci il torto di partire senza di noi, proprio qui veniamo a sapere che il nostro prossimo volo, previsto per le ore 16,25, è stato ritardato esattamente di un’ora. E di questo ritardo, che ci permette ora di muoverci con più serenità, siamo riconoscenti alla sempre perfetta organizzazione tedesca. Inutile dire che quest’ultimo volo per noi diventa una breve e semplice passeggiata... tra le nuvole che avvolgono le Alpi. Ma non appena arriviamo in Italia, ecco il sole, ecco il sereno che ci permettono di rivedere con infinita gioia la nostra bella pianura veneta, le isole della Laguna e quindi l’incantevole città di Venezia. Con un grande e liberatorio applauso salutiamo l’equipaggio che ci ha riportati felicemente sulla pista del "Marco Polo". Sono le ore 18,30; il nostro grande viaggio è veramente finito.

Recuperate le nostre valigie e salutato Roberto che rientrerà a Padova con un’auto privata, ci portiamo verso l’esterno dell’autostazione dove ad attenderci c’è un pullman messo a nostra disposizione dalla Elite Viaggi per farci arrivare, verso le ore 21, in perfetta coincidenza col tramonto del sole, stanchi ma felicissimi, nel nostro quartiere veronese di Santa Croce.

Piergiorgio Fiori

Verona, 15 novembre 1999


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Ultimo aggiornamento: 17 febbraio 2000