Relazione Critica di Anna Marinelli

TAGGHJATE     di DANIELE GALEONE

Credo fermamente che se due anime, due persone, due artisti sono destinati ad incontrarsi, anche se nati in un luogo distante, anche se vivono  sotto diversi campanili e in diverse  municipalità, questi prima o poi si incontreranno perché  le vite di costoro sono gestite  e collocate con  la mano sapiente di Dio in un mirabile mosaico, in un mirabile disegno.

Nell’Agosto scorso ho avuto la gioia di ammirare un’altra mostra dell’artista Galeone, intitolata «Finestre mediterranee». Una mostra antologica dove Daniele ha esposto opere tratte dal suo percorso artistico all’interno delle sue radici di appartenenza  che sono saldamente conficcate nella terra, nel mare, nei luoghi che lo hanno visto e lo vedono osservatore attento e sensibile alla vita, alla società, ai fatti, ai mutamenti che avvengono attorno a lui.

 Le finestre di una volta, che Daniele rappresentava visivamente, erano finestre caratterizzate da vistose inferriate, a simboleggiare lo sguardo di colui che guarda dal di dentro, al di qua, con fare distaccato, come se la realtà percepita non lo riguardasse,

 Negli ultimi tempi, però, l’artista ha apportato una metafisica demolizione, rimozione e abbandono di quelle barriere visive e non, fisiche e non, reali o soltanto temute, e non. Il volto di una bellezza tipicamente mediterranea, infatti, troneggiava nel manifesto della mostra dell’Agosto scorso, mentre il tutto si riversava come una sorgente di luce su quello scorcio di centro storico, rappresentato dalla veduta del cappellone della Chiesa Madre, dedicata a San Ciro, dal lampione antico, da quel balcone in secondo piano, quasi fosse una balaustra di sogno.

Nella Mostra che abbiamo il piacere di inaugurare questa sera sulle accoglienti sale dell’Associazione Agnini, l’Artista ha voluto rappresentare le "mie" adorate  Tagghjate, collocandole nel percorso grafico-pittorico che lo connota da tempo.

Dopo la lettura della mia pubblicazione TAGGHJATE:sCAVAndo nella memoria Daniele ha colto inequivocabili segnali di coinvolgimento emotivo che lo hanno spinto a far proprio l'argomento Tagghjate, forte  della presenza delle  cave insistenti anche nel territorio Grottagliese da cui proviene e in tutto il territorio Jonico.
 

Come si sa questa parte di Puglia che abitiamo entrambi, è l'ultima propaggine della Murgia  salentina pertanto la conformazione geo-morfologica è estesa in molte aree circostanti.
Anche questa volta, come nella sua ultima Rassegna, mi ha voluto affidare la relazione critica delle opere esposte che hanno trovato una giusta cornice nelle sale espositive del centro Culturale Lino Agnini, all'interno del quale ho profuso a lungo le mie energie intellettuali.

 Potete immaginare il mio disagio al solo pensiero di quanti illustri critici e qualificati recensori si sono occupati delle opere dell’amico Daniele Galeone. Egli vanta infatti recensioni di Pierfranco Bruni, Alberto Altamura, Gianni Amodio, Cosimo Fornaro , per citare  solo alcuni nomi famosi nel campo della critica d’arte.

Io ho accettato non perché mi ritenessi all’altezza, ma in virtù di quella amicizia instaurata tra di noi dal lontano 2000,

infatti  la mia è soprattutto una conversazione come tra amici che si conoscono e si stimano da sempre.

Fulcro della rassegna è senz'altro l'aspetto paesaggistico che ha avuto tra i suoi frequentatori artisti di grande spessore  come Emanuele De Giorgio, Vincenzo Murgolo ed altri, ma Daniele è stato anche abile a riscoprire e riportare alla nostra memoria quelle tre indimenticabili edizioni della PASSIONE VIVENTE che si svolsero in quelle cave, culla di ricordi e custodi della nostra civiltà.

Ogni giorno, ogni volta che ci si incontrava come GRUPPO ARTE TOTALE scoprivo il fervore che lo coinvolgeva. Mi domando ancora come abbia fatto a rigirarsi nel suo angusto studio e maneggiare quelle opere grandissime.

Essendo stata definita (bontà sua) dal Sindaco Dott. Angelo Venneri  ICONA culturale del mio paese, Daniele Galeone ha incastonato in alcune sue opere anche il mio volto, quasi a simboleggiare la mia uniformità e la mia indiscussa appartenenza a queste lembo di terra le cui radici sono fortemente radicate in essa. nelle zolle della terra di mio padre, nella pietra dura e carsica intagliata dagli zuccaturi .

le" finestre mediterranee" dell'artista Galeone in questa Mostra si aprono sulle mie amate tagghjate e le guardano con amoroso sguardo, le accarezzano come fanciulli o vecchi lasciati troppo tempo da soli, loro, che sono la culla della nostra storia . loro che hanno raccolto il sudore e le lacrime di quanti vi hanno lavorato duramente, in un tempo che sembra assai remoto ma che, pure, è tanto vicino alla nostra esistenza, da essere e da meritare tutta la nostra venerazione e la nostra affettuosa attenzione.

Anche in questa Mostra Daniele ci lascia un segno dalle molteplici valenze, che sa assemblare discipline diverse, perseguendo un unico fine: quello cioè di recuperare i valori essenziali, un trait-d’union di fusione e sintesi tra antico e moderno, tradizione e innovazione, pittura e ceramica, *forme e decori, realtà e astrazione.

 Le tagghjate che oggi viene a descrivere costituiscono anche un suo modo di realizzare le opere, tagliando e assemblando, sezionando e componendo. E come ebbe a dire l’indimenticabile Cosimo Fornaro

egli vede e rivede, costruisce e distrugge l’imago, insoddisfatto e tormentato dall’esito. Daniele è cangiante e complesso perché parte da zero e si ritrova una realtà che non ha bisogno di essere rappresentata o espressa, ma solo comunicata.”

Anche in questa rassegna, dunque, il messaggio che l’artista vuole veicolare è un ritorno ai principi essenziali della moralità, della sacralità, della solidarietà umana, suo scopo precipuo è il concetto di “bene comune” teorizzato da Tommaso D’Aquino e ripreso nella dottrina sociale della Chiesa. Io mi sono approcciata all’assunto del bene comune da quando frequento Daniele Galeone; durante la preghiera dei fedeli di Domenica scorsa, quando ho sentito tra le altre invocazioni la richiesta della promozione del bene comune qualcosa mi è risuonato dentro, qualcosa che non erano solo parole ma messaggi ed auspici, richiesta di pace e di bene per tutti.

 Nelle opere di Daniele prevale l’attenzione verso l’UOMO, il TERRITORIO, L’AMBIENTE, La CITTA’. Nelle sue opere prevale l’azzurro, all’interno di questi azzurri egli colloca le sue terre immerse nel mare, l’antica e gloriosa torre saracena di Saturo, gli scorci dei paesaggi mediterranei che gli stanno tanto a cuore. L’azzurro è il colore della quiete, dell’armonia dell’immortalità. Quell’Immortalità alla quale egli destina i suoi Luoghi dell’Anima.

Nelle opere appositamente realizzate per questa rassegna i coloro predominanti sono il Rosso porpora, l’oro del sole del Sud. I colori ocra della terra delle gravine, delle tagghjate, delle cave di Fantiano. Con qualunque nome li chiamiamo questi luoghi restano i luoghi delle nostre radici e della nostra cultura, della nostra storia.

 In questo agglomerato di immagini, di volti di donne, troneggia la croce di Cristo alla quale Lui è associato di diritto a motivo della sua sofferenza fisica, ma è parte integrante del tutto anche la titanica figura di suo Padre, lavoratore instancabile prima nelle masserie di Leporano e poi in quelle di Grottaglie che divenne così la città adottiva del giovane Daniele e che gli consentì di frequentare la Scuola D’Arte che fu frequentata anche dal nostro illustre concittadino Lino Agnini, del quale questa Associazione Culturale porta il nome e ne custodisce le opere.

Daniele usa  dunque un linguaggio fatto di «segni», anche come recupero di quel significato primigenio e semantico della parola, in una società meccanizzata e digitalizzata che sta soffocando la manualità del gesto inteso come espressione di un contenuto.

Tagli/ritagli e assemblaggi  gli consentono di ricostruire nuove immagini dal dejavu,

perché Daniele è un artista del recupero della valorizzazione di ciò che è già esistente, nulla possiamo e dobbiamo sprecare in questo tempo così precario e mutevole.

Ho imparato molte cose dall’amico Daniele, tra questi come fare cose di grande contenuto con pochezza di risorse, fare tanto e bene “col poco” e con amore.

Da amica ed estimatrice, auguro a Daniele Galeone di raccogliere i frutti del suo incessante impegno artistico, e lo prego di accettare queste mie povere parole dettate più dal cuore che dalla capacità mia di soffermarmi in maniera critica davanti alle sue opere, le quali non vanno commentate, ma soltanto ammirate e apprezzate.

 

                                                       Anna Marinelli

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