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ATTACCO E AFFONDAMENTO DELLA PETROLIERA OLANDESE “ OSCILLA “ Partito il “ Finzi “, rimanemmo nella zona e, con il rifornimento effettuato, cominciammo a fare spostamenti a lungo raggio. Nel tardo pomeriggio del 15 marzo, comparve all’orizzonte una leggera scia di fumo. Il Comandante in plancia stabilì la rotta d’avvicinamento. Incominciammo lo inseguimento che durò tutta la notte, all’alba attaccammo. Si trattava questa volta, di una grossa petroliera olandese che corrispondeva al nome di “ Oscilla “. Il nostro Comandante diede ordine d’immersione e ciò allo scopo di avvicinarci, non visti, dalla petroliera portandosi alla giusta di- stanza di lancio inoltre, il Comandante, raccomandò vivamente al personale non impegnato di rimanere calmo, non fare il minimo rumore, parlare il meno possibile e sottovoce rimanendo nei propri posti. Nel più assoluto silenzio sentìi l’idrofonista che, sottovoce, scandiva i dati d’avvicina- mento della petroliera. Udimmo la voce del Comandante che ordinava di fermare i motori elet- trici e risalire a quota periscopica; raggiuntala, ordinò ai siluristi della camera lancio di prora, di aprire i cappelli esterni dei tubi di lancio n° 1 – 2 – 3 e 4 ed attendere l’ordine di lancio. Dentro il sommergibile, regnava il silenzio assoluto. Di tanto in tanto, si sentiva qualche rigurgito d’acqua sulle casse zavorra, e noi, tutti fradici di sudore in preda all’emozione, aspettavamo l’ordine di lancio. Ad un tratto, un ordine secco del Comandante ruppe quello stato di gran tensione: “ Camera lancio prora, fuori uno ! Fuori due ! “ I due siluri schizzarono fuori dei tubi di lancio iniziando la velocissima corsa verso l’obbiet- tivo da colpire. Passarono alcuni secondi, forse qualche minuto e udimmo poi, una dopo l’altra, due potenti esplosioni. Il Comandante dal periscopio notò che la grossa petroliera era stata cen- trata in pieno e stava sbandando su un fianco, ma poi questa si stabilizzò rimanendo a galla. Il Comandante ordinò ai siluristi di tenersi pronti per il secondo lancio e cioè: il tre e il quattro. Passò qualche minuto venne poi l’ordine secco: “ Tubo tre, fuori ! Tubo quattro, fuori !”.
Sentimmo un solo scoppio, uno dei due siluri non era esploso. Trascorso qualche minuto, la petroliera circondata da una chiazza di petrolio nero, che fuoriusciva dagli squarci provocati dai nostri siluri, non accennava ad affondare. Il Comandante allora, diede ordine di emergere e dare inizio al cannoneggiamento ordinando ai cannonieri, di raggiungere i loro posti di combattimento ai pezzi di prora e poppa. Risalimmo in superficie, eravamo a circa mille metri dalla petroliera silurata e cominciammo un violentissimo cannoneggiamento. Il posto di combattimento mio, era nella riservetta, munizioni sita nel ventre del sommergibile all’altezza del cannone di poppa, ci si arrivava dopo essere passati attraverso una botola e scesi per una scaletta di ferro. Il mio lavoro consisteva nello sfilare i proiettili dalle custodie, introdurli nella “ noria “ e schiacciando un bottone, mediante un sistema automatico, essi raggiungevano gli uomini al pezzo. Dovevo svolgere quel lavoro velocemente per giunta, avevo pochissimo spazio e l’aria era irrespirabile a causa del caldo e della mancanza di ventilazione. Fradicio di sudore, vuoi per il lavoro (i proiettili pesavano 25 Kg), vuoi per la tensione nervosa, continuavo a rifornire il pezzo e, come un automa, agivo macchinalmente ripetendo gli stessi gesti e le stesse azioni, insomma come un moderno robot. Ogni colpo di cannone che sparavano in quella specie di pozzo ove mi trovavo relegato, faceva un effetto tremendo; esso provocava delle scosse paurose come se si spaccasse lo scafo per effetto del contraccolpo del cannone.
Era ed è un posto di combattimento nel quale, se le cose vanno male, si fa la fine del topo in trappola. Ad un tratto, il Comandante ordinò il: “cessate il fuoco”. Io abbandonai subito quel buco e vedendo il boccaporto di poppa aperto, salii in coperta. Non saprei dire quanto fosse durato quel bombardamento, so solamente che abbiamo sparato circa quaranta colpi per ogni pezzo. Uscito dal boccaporto ero irriconoscibile, madido di sudore, sporco, annerito di grasso di ruggine, indolenzito, con diverse ammaccature e contusioni nel corpo per lo sballottamento durante l’attacco. Rimasi sbalordito nel vedere la grossa petroliera che stava inabissandosi in mezzo ad un mare di fiamme. Le lingue di fuoco s’innalzavano verso il cielo per decine di metri, rottami incandescenti scaraventati e sballottati per un raggio di centinaia di metri, una immensa chiazza di petrolio arrivava quasi a lambire il nostro scafo ma, ciò che mi colpì profondamente, fu la scena pietosa degli uomini dell’equipaggio che cercavano di scampare alla morte in quello scenario apocalittico. Quanti poveri disgraziati perirono in quella nave? Noi non sapemmo più niente !.........
ATTACCO E AFFONDAMENTO DELLA PETROLIERA INGLESE (Peder Boden) 10.000 Ton. Nei, giorni successivi proseguimmo il pattugliamento spostandoci verso Nord. Dopo i successi conseguiti, il morale di tutto l’equipaggio si poteva considerare abbastanza soddisfacente. Nel pomeriggio del 23 marzo, avvistammo sulla linea dell’orizzonte una scia di fumo ed il Comandante, tempestivamente avvisato, si portò in plancia. Diede ordine di dirigere il sommergi-bile con i motori avanti tutta verso quel punto e, mentre ci avvicinavamo, scoprimmo che si trattava di una petroliera di grosso tonnellaggio. Navigando sempre in superficie ed a massima forza, riportò la nostra unità, fuori dalla linea dell’orizzonte per non essere scoperti. Il nostro scopo era quello di sorpassare la nave nemica quindi, con i motori avanti tutta e tenendo sem-pre d’occhio la scia di fumo, proseguimmo per qualche ora nella direzione prestabilita dal Comandante. Superata la petroliera nemica portandoci sulla sua rotta e facemmo subito immersione mentre l’equipaggio si teneva pronto per l’attacco. Aspettammo la nave che proseguiva la navigazione ignara della nostra presenza.
Quando la grossa petroliera fu alla nostra portata di lancio, il Comandante diede ordine di far partire una “coppola” di siluri. Colpita in pieno a pop-pa da un siluro, la nave si arrestò appioppandosi lentamente mentre l’altro siluro, non avendo centrato il bersaglio, andò a vuoto. Furono lanciati in seguito, altri due siluri e, sebbene la petro-liera fosse stata colpita gravemente pur tuttavia essa rimaneva ancora a galla. Il Comandante diede ordine di emergere e di aprire immediatamente il fuoco con i cannoni. La nave prese fuoco e lo spettacolo che si presentò ai nostri occhi era identico all’altro che la settimana prima vedemmo nell’affondamento della “Oscilla”. La petroliera che stava scomparendo negli abissi, avvolta da fiamme, era l’inglese “Peder Boden” di circa 10.000 Ton. Riprendemmo la rotta verso Nord con i motori a tutta forza allontanandoci rapidamente dal luogo del combattimento. Al calare della notte sulla linea d’orizzonte e in direzione della nostra poppa, notavamo ancora sinistri bagliori rossicci sovrastati da una grande nuvola di fumo nero …. |
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