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SECONDA MISSIONE Verso la metà di luglio (1941) dopo l’esito positivo delle prove di collaudo riprendemmo il mare. Sempre con gran prudenza e spesso in immersione, attraversammo il Golfo di Guascogna puntammo a S-W verso le Isole Azzorre per poi dirigere ad Est, verso la costa portoghese con l’intenzione precisa di intercettare il traffico navale inglese da Gibilterra all’Inghilterra e viceversa. Durante questi spostamenti avvistammo un piroscafo isolato inglese, il “ Rupert of Larrinaga “ di 5,358 ton. Dopo un breve inseguimento, non scoperti lo attaccammo in immersione lanciando due siluri e, colpito in pieno, affondò rapidamente. Il Comandante decise di rimanere in zona ritenendo che, se il piroscafo prima di affondare, avesse fatto in tempo a lanciare l’S.O.S., sicuramente sarebbe arrivata qualche nave in soccorso e, se nemica, bisognava attaccarla ed affondarla. Si fece buio, tornammo in superficie, il mare era molto mosso, il cielo nuvolosissimo con squarci di sereno, la luna di tanto in tanto faceva capolino fra le nuvole e ci dava modo di controllare meglio la zona di mare circostante. Ad un tratto, una vedetta dall’interfonico gridò!. “ Comandante in plancia! Fumo all’orizzonte !” Il Comandante raggiunta la plancia ordinò di forzare l’andatura e di dirigersi verso quell’obiettivo perché senz’altro si trattava di una nave. Approfittando della scomparsa della luna sotto le nuvole, in piena oscurità il Comandante manovrò l’unità per portarsi il più vicino possibile in superficie, per essere più sicuro di colpire il bersaglio. A meno di mille metri fece lanciare due siluri di prora e, colpito in pieno, il piroscafo si arrestò sbandando ma, fummo scoperti e la reazione nemica fu immediata; incominciò un violentissimo cannoneggiamento. I proiettili sollevarono intorno al nostro scafo, decine di colonne d’acqua, la situazione per noi era diventata estremamente pericolosa. Il Comandante, resosi conto che non si trattava di un normale piroscafo ma di un incrociatore ausiliario, si disimpegnò scomparendo in immersione, fortunatamente, senza essere toccati perché se nella fase d’immersione fossimo stati colpiti, sarebbe stata la nostra fine. Scendemmo a circa trenta metri, dopo poco tempo tornammo a quota periscopica, il piroscafo affondava lentamente. Era l’incrociatore ausiliario canadese “ Lady Soumers “ di 8294 ton.. Ci spostammo sempre in immersione ma senza allontanarci dalla zona e, dopo circa una ora, risalimmo a quota periscopica. Il piroscafo ancora galleggiava ma era stato abbandonato dall’equipaggio che aveva preso posto nelle scialuppe di salvataggio. Il Comandante proseguendo il giro dell’orizzonte con il periscopio, scoprì la presenza d’altri piroscafi che avanzavano verso la nave colpita allo scopo di soccorrere e recuperare i naufraghi. Non essendo in grado per la distanza, di stabilire la nazionalità delle due navi, ordinò alla camera lancio di poppa, di aprire i cappelli esterni dei tubi di lancio e tenersi pronti per l’attacco nel caso esse fossero nemiche. Man mano che le due navi si avvicinavano, dai segnali non visibili e dalle sagome, si rese conto che si trattava di piroscafi neutrali spagnoli, corrispondenti ai nomi di “ Careces “ e “ Campeces “ Il Comandante concedette tutto il tempo per recuperare i naufraghi. Erano passate circa due ore dal primo attacco all’incrociatore che, fortemente inclinato su di un fianco, era ancora a galla, quando egli decise di dargli il colpo di grazia e, sempre in immersione, dalla poppa fece partire un siluro. Sentimmo lo scoppio sul bersaglio seguita da un’altra tremenda esplosione provocata forse dalla deflagrazione del deposito munizioni, la nave si spezzò in due, i due tronconi s’inabissarono rapidamente. Scendemmo a trenta metri circa manovrando per allontanarci dal relitto che stava affondando. Io ero seduto sul gradino del deposito viveri che è tra il quadrato Ufficiali e la camera di manovra e, intravedevo, attraverso la porta-stagno aperta, il Comandante ed alcuni Ufficiali e Sottufficiali, che commentavano l’esito positivo dell’attacco. Improvvisamente fummo investiti da una violentissima esplosione. Il sommergibile perse la stabilità e appruandosi precipitò da trenta a sessanta metri di colpo; molte lampadine si bruciarono, ma ciò che mi agghiacciò il sangue fu la vista di un’enorme colonna d’acqua che precipitava dall’alto in basso all’interno della camera manovra ostruendo la porta-stagno. Ci fu un attimo di smarrimento, i primi a riprendersi furono il Comandante e il Capo Contabile, (un vecchio lupo di mare dal sangue freddo e bravissimo), si resero subito conto che l’acqua non proveniva dall’esterno, ma da un tubo di compensazione delle casse zavorra che si era spaccato per la ripercussione dello scoppio. Il potente scoppio che ci investì fu provocato certamente dall’esplosione delle caldaie e forse anche dalle bombe di profondità che erano a bordo alla nave nemica che stava inabissandosi. Ci allontanammo dalla zona navigando sempre in immersione e, prima dell’alba, emergemmo per fare la carica delle batterie ed il rifornimento d’aria. La missione si prolungò ancora per qualche giorno senza alcun fatto di rilievo, carburante e viveri erano agli sgoccioli, prendemmo la via del ritorno, riattraversammo il Golfo di Guascogna in immersione rientrando alla base dopo un mese circa di missione. Sulla banchina fummo ricevuti dal C. Ammiraglio Romolo Polacchini, dal picchetto del Battaglione S. Marco e dalla fanfara tedesca rendendoci gli onori per aver colato a picco in quella missione un piroscafo e due petroliere per un complessivo 22570 ton. di stazza.
Per aver partecipato alla citata, lunga e sofferta missione di guerra, fui decorato di Croce di Guerra sul campo dall’Ammiraglio di Squadra Antonio Legnani. Durante la cerimonia, fui attanagliato dalla commozione ripensando ai miei amici commilitoni del Morosini scomparsi nell’Oceano, in quella missione alla cui partenza, fui lasciato a terra malato …. Dopo una decina di giorni ci fu concessa una licenza premio di un mese circa. Tornammo a casa affrontando quel lungo viaggio in treno, già descritto, rientrammo a settembre. Il sommergibile, lo trovammo in bacino sottoposto ad una minuziosa revisione e per alcune modifiche da fare; tali lavori richiesero molto tempo. Noi dell’equipaggio rientrati dalla licenza, di mattino scendevamo alla base con i pullman, andavamo a bordo per sbrigare tutto quello che c’era da fare e nel pomeriggio, dopo il rancio, eravamo liberi. Il nostro Comando ci lasciava fare ciò che volevamo, veniva anche tollerata qualche scappatella notturna. I nostri Ufficiali avevano fiducia in noi perché, con il tempo, essi avevano constatato che durante le libere uscite, il nostro comportamento era stato sempre corretto e non avevamo mai provocato seri incidenti; il rapporto che avevamo con i francesi era ottimo e non si erano mai manifestati casi di diserzione. Quando, per qualsiasi cosa, si rendeva necessaria a bordo la presenza di tutti, ci si ritrovava compatti come in una grande famiglia. |
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