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Dal smg. “MALASPINA “ al smg. “ MOROSINI “ L’11 giugno 1941 fui trasferito dal sommergibile Malaspina (ero a terra, in attesa d’imbarco) al sommergibile Morosini e, prima dell’ultima missione in questa unità nelle Antille, già descritta,partecipai ad altre tre missioni di guerra. Furono missioni più brevi, ma forse più dram-matiche, cercherò di riassumere le varie fasi con l’intenzione però di soffermarmi nei dettagli sulla terza missione che è da ritenersi la più drammatica. Sempre dalla base di Bordeaux e con lo stesso Comandante Athos Fraternale detto: “ il Moschettiere dell’Oceano “ |
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Prendemmo il mare verso la metà di giugno 1941. La zona che dovevamo controllare si estendeva da Est delle Isole Azzorre all’imbocco dello Stretto di Gibilterra. Prima di raggiunge-re la suddetta zona, avemmo dei seri problemi durante la fase di navigazione subacquea a causa dei congegni d’assetto non abbastanza affidabili (questi congegni servono per la stabilità dello scafo in immersione) e, fummo costretti, a rientrare alla base. Affrontammo l’attraversamento del pericoloso Golfo di Guascogna di notte. Prima dell’Estuario della Gironda, vi era una zona minata con passaggio segreto, noto solamente agli italiani ed i tedeschi. Erano circa le due di notte, il Comandante ricontrollando attentamente la rotta tracciata dal nostro giovanissimo guardiamarima, riscontrò un errore di calcolo. Si rese conto che lo spostamento di rotta aveva mes-so il sommergibile in una situazione pericolosissima, potevamo saltare in aria da un minuto allo altro; eravamo entrati nella zona minata! Immediatamente ordinò di bloccare l’unità e di retroce-dere con le macchine al minimo. A tutto l’equipaggio ordinò di indossare i salvagente ed al personale libero, di togliersi le scarpe e raggiungere con rapidità la coperta, passando attraverso i boccaporti di prora e poppa. Uscimmo all’aperto scalzi e non vestiti completamente. Il cielo era coperto, faceva freddo, il mare nero agitato, il buio più assoluto; si rullava molto forte ed eravamo aggrappati intorno ai cannoni, ai corrimano delle piazzole e intorno alle torrette. Investiti dai continui spruzzi d’acqua che ci bagnava fino alle ossa, non ci rendevamo conto di quello che stava accadendo. Ad un tratto, il Comandante dalla plancia c’informò che eravamo finiti nella zona minata e che stava-mo ripercorrendo indietro con le macchine al minimo, lo stesso percorso d’andata. Ci raccomandavamo di controllare i salvagente e tenerci ben aggrappati ad un qualsiasi appiglio, per non scivolare in mare. Eravamo collocati in una situazione pericolosissima ed il Comandan-te prese quella precauzione, nel senso che se l’unità fosse saltata in aria a causa di una mi-na, qualcuno dell’equipaggio avrebbe potuto salvarsi.
Quella tremenda situazione durò circa un’ora. Il sommergibile continuava a retrocedere lentamente noi, investiti continuamente dalle on-de che attraversavano la coperta formando rigurgiti di schiuma, bagnati, infreddoliti e con i nervi tesi, guardavamo quel mare nero, minaccioso, con la paura che da un minuto all’altro potevamo saltare in aria ed essere catapultati in acqua, per iniziare forse, una tremenda agonia fortunata-mente la manovra riuscì. Non si può descrivere il nostro stato d’animo durante quella intermina-bile ora d’attesa e di paura. Rientrammo calandoci attraverso i boccaporti, ci cambiammo indos-sando gli indumenti asciutti. Sentivamo sulla pelle un’enorme prurito provocato dalla salsedine e non potevamo nemmeno lavarci con l’acqua potabile perché ne disponevamo poca, non ave-vamo impianti di docce e, come già accennato, avevamo pochissimo spazio, così fummo costret-ti a tenerci addosso quella patina di sale finché scomparve da sé. scongiurato il pericolo, ripren-demmo la rotta giusta risalendo la Gironda fino a Bordeaux. I tecnici si misero all’opera per ri-parare i guasti e dopo una decina di giorni, eravamo pronti a riprendere il mare. |
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