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CON LA PRORA VERSO IL TANTO ATTESO RITORNO ALLA BASE Erano trascorsi, dalla partenza, oltre quaranta giorni ed eravamo rimasti con pochissime munizioni e con il carburante appena sufficiente per il rientro. Prendemmo la via del ritorno, avevamo davanti a noi oltre tremila miglia da percorrere attraversando zone pericolosissime controllate da navi e aerei nemici e munite di “radar”, dispositivi questi per localizzare la posizione delle navi e determinare la distruzione. Ciò che temevamo era il passaggio per noi obbligato nel sorvegliatissimo, da parte nemica, del Golfo di Guascogna, ed in questa zona molte erano le probabilità di terminare fatalmente le nostre missioni, proprio sulla porta di casa …….. Tutti noi eravamo molto provati dal caldo, l’aria puzzolente costretti a respirare, il cibo inscatolato ci nauseava dopo essere stati tanti e tanti giorni chiusi in quella specie di botte e soggetti a violente emozioni! Aprivamo lo scatolame ma più della metà veniva buttato in mare, l’alimento più preferito era il latte e per tale motivo fu razionato nel timore di esaurire la provvista molto presto. La pulizia del sommergibile compreso il pompaggio del liquame che si depositava in sentina si faceva di notte. I barattoli si dovevano bucare, le bottiglie rompere insomma, fare per in modo di non lasciare traccia del nostro passaggio per non insospettire le navi nemiche che avessero incrociato la nostra rotta. Per le nostre necessità corporali avevamo due gabinetti: uno a poppa ed uno in prossimità dei locali di prora. Quello di poppa, per mancanza di spazio, per oltre metà missione funzionò da ripostiglio per casse di viveri ed era in funzione per i sessanta uomini dell’equipaggio solamente quello di prora.
Essendo tali gabinetti collocati al disotto della linea di galleggiamento, dopo il “servizio” si doveva aprire una valvola posta a fianco della tazza e con la pompa a mano, molto dura, si faceva evacuare il contenuto. Durante l’immersione si doveva, per quanto possibile, fare a meno di adoperare la tazza non potendo espellere il contenuto per la forte pressione esercitata dall’acqua all’esterno. Cominciammo a risalire l’Oceano, passarono ancora molti giorni e si scrutava sempre l’orizzonte; alla vista di navi nemiche ci immergevamo, non potevamo più attaccare avendo esaurite le munizioni. Ormai il nostro solo scopo era quello di cercare di rientrare alla base indenni. Superammo l’infido Golfo di Guascogna, risalimmo l’Estuario della Gironda con l’alta marea e, dopo aver trascorso quasi due mesi di navigazione e percorso circa diecimila miglia, rientrammo a Bordeaux. Eravamo irriconoscibili ma felici di avercela fatta ancora una volta! |
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Igino Piunti in primo piano | ||||
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