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Tratto da NAVI e MARINAI |
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La cronaca dei fatti raccontata
dall'Amm. Luigi Rizzo......
introvabile!!! |
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LUIGI RIZZO |
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DUE
SILURI A TRIESTE PER AFFONDARE LA " WIEN " |
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Fu una delle più sensazionali imprese navali della guerra |
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ecco
come il "corsaro di Milazzo" violò col suo Mas le difese del
Vallone di Muggia |
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Dodici
dicembre 1917. Il Corriere della Sera pubblica in prima pagina,
su una colonna, un breve testo in neretto. Il titolo, anodino oltre ogni
logica, è il seguente: « La sorpresa nel golfo di Trieste ». Il testo: «
Roma, dicembre, notte. Il Capo di Stato Maggiore della Marina comunica:
Nella notte dal 9 al 10 il nostro naviglio sottile, aprendosi il varco
attraverso varie ostruzioni sopracquee e subacquee, entrava nel porto di
Trieste e lanciava contro due navi, tipo « Monarch », quattro
siluri, i quali esplosero tutti. Una delle due navi, la « Wien », è
colata a picco. Quantunque fatte segno a lanci di siluri ed intenso
fuoco del nemico le nostre unità sono rientrate incolumi nelle loro
basi. Firmato: Thaon di Revel. |
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Sotto, altro titolino a una
colonna: « L'affondamento della « Wien » confessato dagli austriaci . Il
testo, datato Basilea 11 dicembre, notte « Si ha da Vienna: Nella notte
dal 9 al 10 corrente, la nave da guerra Wien è stata affondata da un
siluro nemico. Quasi tutto l'equipaggio è stato salvato ». La sobria e
modesta Italia di allora, che per inciso le guerre le vinceva, dava con
tanta parsimonia la notizia di una delle più straordinarie imprese mai
compiute da qualsiasi marina del mondo. E non riferiva nemmeno il nome
di chi l'aveva portata a termine con ineguagliabile ardimento: il
tenente di vascello ( T.V.) Luigi Rizzo. Venticinque anni dopo, per
un'azione del genere non sarebbe bastata la prima pagina d'un giornale,
gli aggettivi si sarebbero sprecati. E non parliamo dei titoli. |
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I
FATTI......... |
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Imbrunire del 9 dicembre. Due
siluranti hanno i motori sotto pressione, nel porto di Lido, a Venezia.
Sono la torpediniera « 9 P.N. », comandante Silvio Bonaldi e « 11 P.N.
», comandante Mario Pellegrini. Usciranno in mare, destinazione ignota,
rimorchiando il « Mas 9 », tenente di vascello Luigi Rizzo, e il « Mas
13 », capo timoniere Andrea Ferrarini. La squadriglia è al comando del
capitano di fregata (C.F.) Carlo Pignatti di Morano. Solo i marinai
imbarcati su queste unità sanno quale sarà la missione: puntare sul
golfo di Trieste, entrare nel Vallone di Muggia, penetrare nel porto e
attaccare con i siluri dei due Mas le corazzate « Wien » e « Budapest »
che proprio in quei giorni hanno lasciato la loro base di Pola per
gettare l'ancora a Trieste, con il disegno di intraprendere il
bombardamento dei litorale fino a Venezia. |
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Condizioni dei mare, pessime
durante la prima settimana di Dicembre. Ora vanno migliorando e sembrano
accettabili. Ostacolo maggiore al tentativo? La luna! Il chiarore
lunare renderebbe impossibile la sorpresa e dunque bisogna aspettare una
notte illune. E' quella tra il 9 e il 10 dicembre: quindi non c'è
scelta, è tra il 9 e il 10 dicembre che bisogna tentare. Non vi sarà
scorta, si deve offrire al nemico il minimo di possibilità di
rilevamento. Le torpediniere trascineranno i Mas fino alla minor
distanza possibile dall'obiettivo. Poi toccherà a Rizzo e a Ferrarini.
Il rientro alla base è una pura ipotesi. Una speranza. Il piano è stato
predisposto con cura. Quando il capo di Stato Maggiore della Marina,
l'ammiraglio Thaon di Revel, ha saputo a Venezia che le due grandi navi
austriache avevano lasciato Pola per Trieste, ha pensato subito di
attaccarle e distruggerle. Il pericolo che esse rappresentano è troppo
grave. Lo studio dell'azione è stato condotto insieme con il comandante
in capo della piazza di Venezia, ammiraglio Cito, con il comandante
della squadriglia torpediniere Pignatti di Morano, con Rizzo stesso.
Rizzo è considerato il maggiore esperto d'incursioni nel golfo di
Trieste. Ne ha compiuto a decine, con le torpediniere e i Mas, è stato a
lungo di base a Grado con Dentice di Frasso, per due volte è andato in
osservazione fin sulle dighe di Muggia, possiede dunque un'esperienza
unica. In quel periodo presta servizio presso il comando del Reggimento
San Marco, composto dai primi « marines » italiani. Solo due giorni
prima dell'operazione si riesce a matterlo a disposizione del comando
torpediniere, il tempo per preparare la missione in ogni dettaglio, poi
il via. |
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Mare Adriatico 1917
- MAS che rientrano dopo una missione notturna. |
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L'urgenza di eliminare la «
Wien» e la « Budapest » è assillante. Le due navi sono tornate a Trieste
per appoggiare dal mare l'azione austriaca sull'isonzo. Già il 16
novembre hanno tentato di attaccare l'ala destra dei nostro esercito sul
basso Piave e di mettere fuori combattimento le batterie della marina a
Cortellazzo. Sono usciti in pieno giorno i Mas di Costanzo Ciano e si
deve al loro ardimento se l'azione nemica, in sé pericolosissima, è
stata sventata. Ma può venire ripetuta. Di qui la necessità di scovare
le due corazzate e di colpirle. Benché sia difficilissimo: la loro
presenza a Trieste ha fatto aumentare le già munite difese del porto, si
sono stabiliti posti di osservazione e di guardia sulle dighe di Muggia,
disposte ronde in mare, chiusi gli accessi con cavi metallici, sparse
dovunque in abbondanza le mine. Altri ostacoli: la difficoltà di eludere
per molto tempo la vigilanza dei proiettori sul golfo; la durata delle
operazioni per eliminare le ostruzioni, che forse può richiedere ore di
lavoro allo scoperto; il dubbio se sia possibile, a impresa conclusa,
ritrovare il varco per l'uscita, quando l'allarme già coinvolgerà
l'intera squadra nemica e sarà in atto la furiosa reazione all'agguato.
Si può tentare, insomma. Ma la riuscita è affidata, più che alla
meticolosa preparazione, all'estro dei singoli e alla fortuna. Cosi si
parte. Escono quando è calata la notte. Il mare è leggermente mosso da
levante, il buio è fosco. Non c'è vento e il freddo è pungente. Rizzo
indossa il suo casaccone di pelle, il berrettaccio di lana sul quale ha
infilato il casco di cuoio, i guanti. Soffre di artrite, contratta nelle
lunghe veglie notturne in mare aperto. Si è spalmato di un unguento
lenitivo che manda un acuto odore di canfora. Ed ha appena trent'anni. |
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Si buttano
al largo, invece di navigare sottocosta, per evitare gli sbarramenti di
torpedini di Cortellazzo e l'insidia dei proiettori nemici. Mano a mano
che avanzano, la nebbia si fa sempre piu' densa. Oltrepassato traverso
di Capo Salvore, la nebbia è talmente fitta da dubitare che si possa
continuare, in simili condizioni, una navigazione basata unicamente sul
senso d'orientamento dei piloti. Si va avanti lo stesso sperando che la
cappa grigia si levi. Le torpediniere, per ore, non vedono innanzi alle
loro prue che un cielo implacabilmente chiuso, senza una stella per
regolare la rotta. Sono le ventidue quando Pignatti di Morano ordina di
ridurre la velocità: ha la sensazìone, da certi odori di bruciato che
avverte nell'aria, di essere vicino a un centro abitato. Fa arrestare e
infatti può constatare di trovarsi ormai a poche centinaia di metri
dalla costa. Ma quale? Rizzo osserva che sono stati trascinati
dall'oscurità e dalle correnti marine verso sud. |
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IL
PORTO DI TRIESTE - sopra, com'era nel 1915, in una cartina
austriaca. La « Wien », era alla fonda nel Vallone di Muggia, a sud
del porto di Trieste. Per silurarla il comandante Rizzo dovette
forzare numerosi sbarramenti. |
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Accostano opportunamente e si
portano nel punto dove hanno prestabilito che i Mas si staccheranno
dalle torpediniere. E’ il momento di lasciarsi. I due piccoli scafi,
ora, andranno verso il loro destino. Scriverà più tardi Pignatti: « I
nostri cuori li accompagnano. Nell'oscurità della notte, scorgendoci
appena, scambiamo a fior di labbra, per non farci udire da terra, gli
auguri, gli addii. Ci abbracciamo. I marinai delle torpediniere, anche
quelli delle macchine, sono tutti sul ponte, silenziosamente, agitando
le braccia... ». Sono le 22.45 quando i due Mas accendono i motori e
scompaiono nel buio. La nebbia, improvvisamente, comincia a diradarsi.
Rizzo ha fatto mettere in moto i motori elettrici, per ridurre il rumore
al minimo e, di conseguenza, le possibilità di individuarli da parte dei
nemico. Sotto costa, riconosce subito Punta Grossa. A velocità
ridottissima, pratico com'è dei luoghi, raggiunge la testata nord della
maggiore diga di Muggia: e là che forzerà il passaggio per penetrare nel
Vallone. La sua temerarietà arriva al punto di far ormeggiare il Mas
sotto la scogliera. Balza a terra, da solo, per assicurarsi che non vi
siano guardie e posti di osservazione, che non si corra il rischio di
imbattersi in pattuglie di vigilanza sulle dighe. |
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Poi, sempre da terra, fa
trascinare i Mas con una cima presso l'ostruzione dei cavi di acciaio
che sbarrano l'accesso al porto. Comincia la lunga e drammatica
operazione di forzamento. I cavi sono numerosi, in qualsiasi istante la
luce dei proiettori può centrare quella piccola pattuglia di sabotatori,
far scattare l'allarme, scatenare su di loro il fuoco di tutte le
batterie di Trieste. In qualsiasi istante una sentinella può notare il
movimento, un battello di sorveglianza individuarli dal mare. Lavorano
febbrilmente, col sudore che cola sugli strumenti e rende ancora più
difficile la manipolazione. Lavorano con l'ansia del tempo che passa
inesorabile. Ne resterà abbastanza per andare all'attacco, prima che
l'alba renda impossibile l'azione con le sue luci? Per colmo di
sfortuna, dopo che si sono tagliati i cavi più grossi, la cesoia
idraulica smette di funzionare e bisogna limare sott'acqua gli altri, i
più sottili, rimasti solo schiacciati dallo strumento ormai difettoso.
Si perdono per questo due ore, con continue interruzioni ogni volta che
i fasci dei riflettori inquadrano la costa della diga: e allora bisogna
buttarsi carponi e nascondersi tra i massi della scogliera, con il cuore
in gola. In quell'immenso silenzio, si odono lontane voci da terra,
passi di gente che si allontana, echi di richiami. |
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I MAS
erano i tuttofare della flotta: vennero impiegati anche
nell'assistenza agli idrovolanti e come appoggio per i dirigibili e
i palloni da osservazione. In questo caso un Mas sta facendo alzare
un dirigibile osservatore lungo la costa veneta. |
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Ogni
piccolo rumore è un sussulto, ogni barlume di luce un allarme. Si
continua, con la forza della disperazione. Il varco è aperto all' 1 e
50. I Mas rimettono in moto i motori elettrici e si inoltrano nella tana
dei nemico, costeggiando per circa duecento metri la maggiore delle
dighe, Poi si dirigono verso San Sabba, dove sanno che sono all'ancora
le due corazzate. Un proiettore, da San Rocco, esplora la zona, ma non
li scorge. La fortuna li assiste, ora. Sono passati venti minuti quando
Rizzo avvista di prora a sinistra una massa scura: la prima delle due
navi. Ordina al Mas di Ferrarini di avvicinarsi fino a trecento metri e
di lanciare i siluri anche senza attendere il comando, nel caso che
fosse scoperto. Lui va alla ricerca dell'altra corazzata gemella, la
individua più verso terra. Si avvicina fino a cinquanta metri, con un
coraggio quasi folle, per accertarsi se sia protetta da una rete
antisiluro, che renderebbe inutile il lancio. La rete non c'è.
Gli austriaci si sentono completamente al sicuro. E’ arrivato il
momento. I due Mas prendono posizione. Alle 2.32 precise Rizzo dà
l'ordine. I quattro siluri partono, flottando lievi. Passano pochi
secondi e il rombo delle esplosioni, a brevissimo intervallo l'una
dall'altra, squassa il silenzio, si ripercuote in un rombo immane per
tutto il golfo. I siluri di Rizzo hanno raggiunto la fiancata
della « Wien » e subito si sono levate due colonne d'acqua, altissime,
nel punto dove la corazzata è stata centrata. E un attimo: e quasi
subito la nave comincia a inclinarsi e ad affondare, una nave varata nel
1895, con un dislocamento di 5600 tonnellate, armata con quattro cannoni
Kruipp da 240 mm, sei cannoni Skoda da 152 mm, 12 cannoni da 47, un
equipaggio di 441 marinai. |
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Facile immaginare il seguito.
Mentre la « Wien » affonda e la « Buclapest» è toccata, sia pur non
gravemente, un riflettore si accende sulla corazzata colpita, poi si
spegne insieme a tutte le altre luci di bordo; da ogni direzione i
cannoni cominciano a sparare; si odono grida di soccorso; l'allarme
investe l'intera piazza; i proiettori illuminano la rada e perfino il
cielo, perché in principio gli austriaci credono che l'offesa sia venuta
dall'aria con gli idrovolanti e sparano con i pezzi antiaerei; si levano
i bagliori rossi dell'incendio della « Wien », mentre gli uomini si
gettano in acqua, tentando di salvarsi. I Mas messi in azione i motori a
scoppio, prendono il largo velocissimi. Puntano verso il centro della
diga maggiore, la costeggiano, ritrovano il varco ed escono in mare
aperto. A bordo delle due torpediniere in attesa, si sono vissute
ore d'angoscia. I minuti sono sembrati secoli. La « 9 P. N. » ha dato
fondo a un ancorotto, l'altra è rimasta pronta, in moto lentissimo,
senza mai perdere di vista la gemella. Quando da Trieste giunge il rombo
delle esplosioni e si scorgono nella notte le luci fosche dell'incendio,
comincia l'attesa più terribile. Torneranno? Saranno catturati? Saranno
riusciti nella loro missione? Mentre il golfo è un mare di luce
(sciabolano le acque i proiettori di Trieste, di Grado, di Pirano, di
Salvore in cerca dei due gusci di noce che tentano di sfuggire alla
caccia), ecco apparire per primo il Mas di Rizzo. |
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Sono salvi, scoppiano gli
hurrah dopo la spasmodica attesa. Scriverà ancora Pignatti: « Il più
grande entusiasmo invase tutti i cuori. Gli urrà e gli evviva
risuonarono altissimi sull'ampia distesa dell'Adriatico deserto: mai
dimenticheremo quei momenti di cosi santa e profonda commozione. Rizzo
sale sulla « 9 P. N. »: lo abbraccio, lo bacio ». Bisogna informare
subito dei successo, via radio, il comandante in capo della piazza di
Venezia, l'ammiraglio Cito. Ma ricordando come il nemico, quando deve
registrare qualche colpo fortunato, non manca mai della cattiveria di
annunciarlo egli stesso agli italiani, nella nostra lingua, facendolo
premettere dalle parole « ecco notizie per voi », gli uomini della
squadriglia vittoriosa pensano che è finalmente venuto il momento di
vendicarsi. E via radio, in lingua tedesca, facendolo anch'essi
precedere dal fatidico « ecco notizie per voi » lanciano a loro volta
il seguente messaggio: « Wien e Budapest attaccate. Tutti i siluri
esplosi. Una delle due navi affondata, l'altra probabilmente colpita.
Viva il re ».Così è finita. Puntano su Venezia, mentre comincia a
schiarire. Spunta l'alba su un cielo nuvoloso e plumbeo. Stanotte, la
luna può sorgere ancora. Non farà danni. Stanotte Rizzo e i suoi
compagni dormiranno. Saranno gli austriaci a vegliare a Trieste. Ma sarà
troppo tardi. |
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