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A SILVIA


*** *** ***


(il primo sogno)

Erano tutti così allegri, così tranquilli.Cenavano, scherzavano, parlavano ad alta voce, ridevano-con lei che muore nella stanza accanto. Si sono già rassegnati, hanno ormai oltrepassato il dolore. Di lei non importa niente a nessuno. Non c’è già più.

-Non c’è mai stata
-Chi è?…Chi sei?
-Non c’è mai stata. Perché lei non è adatta alla vita.
-Chi sei? Che stai dicendo?
-Che sto dicendo? Lo sai bene che sto dicendo…Era come te! Sì…come te,... la figlia del cocchiere! Gente come voi non può vivere!
-Ma chi sei? Come sei entrata qui?
-(ride) Tu dunque saresti un poeta. Non ho mai conosciuto un poeta.Vedo che non ti ricordi di me. O stai facendo finta? Sono così cambiata? Ma sì, sì, sono cambiata. Sono la ladra, la puttana, l’assassina, sì, anche assassina, perché per me, per vergogna di me fece quel tuffo nell’acqua gelata, di notte. Per vergogna, perché io ero in prigione, e lei era la sorella della ladra, della puttana, sì, un po’ di fango anche addosso a lei, finalmente! Per lavarsi di quel fango, come no! Un bagno in piena notte.E ora morirà.Tanto la odio.La odio perché è innocente, perché è pura. Ha fatto bene,sì. Era stato con me, il suo bello. Gliel’ho detto. Ha voluto morire.Tutte le cose brutte della vita le ha sapute da me, in un istante solo. E’ stata fortunata. Io ci ho messo molto di più a scoprirle. Ho sofferto di più. Ma io non voglio morire. Che ne dici, signor conte? Poeta? Ah. Non dici niente. Già. Per noi non esiste più, lei. Ma per te è diverso, vero? Con me non parli, vero? E rispondi! Cosa c’è, hai paura? Paura di parlare a una ladra? A una puttana? O paura di parlare a una donna? Però mi hai chiamata. Sei come tutti gli altri. Ti manca solo il coraggio.
-Io voglio che tu te ne vada. Io sto sognando e voglio svegliarmi.Io voglio svegliarmi.
-Se tu non mi volessi non sarei qui.
-Infatti non ci sei. Io sto sognando.
-Davvero? E vuoi svegliarti? E se ti dicessi che voglio darti un bacio? Che voglio spogliarmi davanti a te? Che voglio…
-Sta’ zitta! Non voglio sentirti.Voglio svegliarmi.Tu non ci sei.
-Vuoi vedermi nuda? Non dici niente? Preferiresti che fosse Teresa, vero? Ma lei sta morendo…sta morendo. Anche questo sogno lo scriverai sul tuo quaderno? Ma no, non ne hai il coraggio.(ride)

(Il secondo sogno)

Silvia!
Ho già fatto questo sogno .Lei è là, sulla strada che porta fuori paese .C’è vento. Lei mi fa un cenno, come se volesse mostrarmi qualcosa. Ma non vedo cosa, è troppo lontano. Cerco di avvicinarmi per andarle incontro, ma mentre cammino la strada è come se si allungasse, la distanza non si colma mai. Lei è sempre lontana, guarda verso di me, ha la sua mantellina grigia. Cerco di avvicinarmi, cammino, e lei continua a farmi cenno, vuole mostrarmi qualcosa, ma cosa ?Mi sveglio. E’ sempre così, il sogno.

(La rimembranza)

-Silvia!
-……
-Silvia!…Teresa!
-Oh, signor contino! Chiamava me?
-Sì.
-Mi scusi se non ho risposto. Non credevo che chiamasse me.
-Perché ti ho chiamata Silvia.
-Ecco! Proprio. Mi era parso, infatti, che Ella dicesse Silvia.
-Silvia, sì.Mi piace di chiamarti così, Silvia.
-Oh…e perché?
-Non so propriamente perché. Mi pare che ti stia bene questo nome.
-Teresa non Le piace?
-Vedi, è strano, ma i nomi restano un poco collegati alle persone che si conoscono.E io per esempio, la prima volta che sentii questo nome, Teresa, era il nome di una donna anziana, e brutta; e quando sento questo nome, non posso fare a meno di pensare a quella persona.
-( Teresa ride)
-Capisci?
-Sì che capisco. Anche io una volta ho conosciuto uno che si chiamava Lorenzo, che mi stava proprio antipatico. E ora il nome Lorenzo non lo posso soffrire.
-Silvia, invece, è il nome di una ninfa…
-Una ninfa?
-Una ninfa, è come una dea…però non proprio una dea…Ecco, ora cerco di spiegarti…
-Lei sa tante cose…Studia tanto. Io sono una povera ragazza ignorante. Stava studiando?
-Leggevo.
-Che cosa?
-Oh…Cose tristi.
-Forse…forse l’ho disturbata? Cantavo a voce troppo alta?
-Sì…cioè, no…No..ero stanco. La tua voce…mi ha fatto piacere. Ho posato i libri. Mi piaceva sentirti cantare. Ero stanco.
-Quando lavoro al telaio mi piace cantare.
-Ricamavi?
-No…stavo tessendo. Ma ormai non c’è più luce.
-E’ vero…si sente il rumore della spola da quassù.
-Possibile?
-Sì…nel silenzio…
-……
-Che cosa tessi?
-Una tovaglia bianca.
-Per il corredo da sposa?
-Chi sa…forse.
-Silvia.
-…..
-Silvia.
-Ah, sì, signor contino…mi ero dimenticata.
-Dimmi…sono molto brutto io, vero?
-Ma che dice….
-Dimmi la verità.Sono così brutto che nessuno mai…che nessuno potrebbe…
-Cosa?
-…Volermi bene.
-Ma cosa dice…ma no.
-Lo so che è così.
-Ma Lei…Lei è così intelligente, così gentile.
-Non serve a niente tutto questo, quando si è brutti.
-E poi, i suoi occhi…
-Sì?
-Sono chiari, belli.
-Belli?
-Ma sì.
-Silvia.
-Signor contino.
-Canta di nuovo la canzone di prima.
-E qual era? Non me lo ricordo più.
-Quella che cantavi poco fa. Quella che fa “Guarda la luna come la cammina”
-Le piace?
-Sì, tanto.
-Se non La disturbo.
-No, te l’ho detto. Non studio più per stasera. Sono così stanco.
-Perché non mette via tutti codesti libri e non si diverte un po’?
-Divertirsi…come?
-Non so…non ha degli amici?
-I miei fratelli…
-No, dico degli amici.
-Sì, credo di sì. Qualcuno. No,non ne ho.
-No? Perché?
-Non so parlare con la gente, io. La gente mi crede superbo. Non sono simpatico a nessuno.
-Ma con me ha parlato però.
-E’ vero.
-Se ha parlato con me, anche con gli altri può parlare. Io ho avuto piacere di ascoltarLa, e anche gli altri possono stare ad ascoltarLa, come me.
-Io…non lo so. Non credo di poterci riuscire.
-Ma perché?
…….
Io devo andare, adesso.
-Non vuoi stare a parlare ancora un poco?
-E’ che ho da lavorare.
-Solo qualche minuto.
-Non so…
-Cosa fai quando hai finito di lavorare?
-(ride)
-Ridi?
-Che domanda strana!
-Strana, perché?
-Quello che fanno tutti.
-Cioè, che cosa?
-Io…a dirlo così non so proprio cosa di preciso…Quando non lavoro io..qualche volta esco con le amiche. Chiacchiero con loro.
-Di cosa?
-Mah...di tante cose.
-…D’amore?
-Non sta bene, signor contino, fare codesti discorsi.
-Perché? Deve essere una cosa bellissima l’amore.Tutti i poeti lo dicono. Io forse non lo conoscerò mai.
-Perché dice queste cose?
-Te l’ho detto perché. Mi hai guardato bene?
-Non dica queste cose.
-Perché?
-Mi fa dispiacere.
-Ti faccio dispiacere? Davvero?
-Sì, davvero.
-E’ che sono troppo triste.
-Capita qualche volta di essere tristi. Ma poi passa.
-A te, che cosa ti rende allegra, Silvia?
-Ma…un vestito nuovo per esempio. Un vestito per andare a passeggio nei giorni di festa.
-Un vestito di che colore?
-Una gonna azzurra larga, una camicetta bianca coi ricami.
-E poi?
-La musica dell’orchestrina. E quando ho finito il lavoro. Stare al fresco nel balcone prima di andare a dormire….Ah! Una stella cadente!
-Come? Adesso?
-Sì; non l’ha vista?
-Non l’ho vista, no.
-Peccato! Io invece l’ho vista, e ho pensato un desiderio.
-Quale?
-Non glielo posso dire…Adesso devo andare.
-Silvia!
….

Già. Quando si vede una stella cadente, si esprime un desiderio. Il mio desiderio…ti avrebbe fatto paura. C’è solo un modo per fermare tutto questo. Questa sera quieta, la tua voce chiara nel silenzio della stanza, il profumo di maggio. Quando il collezionista prende la farfalla, per fermare i colori…No, non voglio pensare a questo.
Non voglio pensare a una cosa che ti farebbe paura.
Voglio posare questi libri, e ascoltare i rumori della sera.
Voglio pensare alla tua vita, là, dietro il balcone chiuso.
Al tuo telaio, al tuo vestito nuovo, ai tuoi sogni.
Voglio sognare un po’ anch’io…Perché no…Almeno questo, perchè no?
I miei occhi…ha detto che sono belli. Chiari e belli, ha detto.
Un giorno forse questa tristezza passerà. Chi sa. Le cose cambiano .Questa tristezza passerà.
Ho sonno. Ho bisogno di dormire. Gli uomini hanno bisogno di un po’ di morte, per sopportare la vita. Andrò a dormire anch’io.
Avevi promesso di cantarmi ancora quella canzone.
Ma ormai il balcone è chiuso.
La luce si è spenta.
Silvia, ti ricordi?







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