ANTONIO CASTELLI




Antonio Castelli nacque a Castelbuono(Pa) nel 1923 .
Compiuti gli studi classici al Liceo Mandralisca di Cefalù, si laureò in legge a Palermo. Collaboratore del "Mondo" di Pannunzio e del "Caffè" di Vicari, pubblicò il suo primo volume, ''Gli ombelichi tenui'', nel 1962 per la Lerici; nel 1967, per la Vallecchi, pubblicò ''Entromondo'', sua seconda ed ultima opera.
Il volume Passi a piedi , passi a memoria, del 1985, uscito con la casa editrice Sellerio,(e poi rieditato a cura di Natale Tedesco nel 1998) è un florilegio degli altri due.
Nel 1986 il Comune di Cefalù gli conferiva la cittadinanza onoraria, in segno di amore e apprezzamento per l'artista che considerava Cefalù come una seconda patria (per qualche tempo aveva progettato di comprare una casa a Cefalù e stabilircisi) e che, tramite la descrizione di bozzetti, personaggi e atmosfere, ne aveva tracciato un disegno ironico e affettuoso in "Gli ombelichi tenui".
Antonio Castelli, uomo schivo e fuori dalle lobbies e dai circuiti letterati "ufficiali", non fu conosciuto dal grande pubblico nè valorizzato come meritava a livello di riconoscimenti, sebbene fosse apprezzato da autori come Ennio Flaiano, Sebastiano Addamo, Leonardo Sciascia suo amico fraterno, Vincenzo Consolo.
Nel 1968, a Zafferana Etnea, Sciascia e Consolo si adoperarono per far assegnare al libro di ''Entromondo'' il Premio Brancati, "come giusto riconoscimento a uno scrittore vero, appartato, sciolto da qualsiasi legame con quella industria culturale che dal Nord del nostro Paese faceva sentire tutto il suo potere aggressivo e discriminante"(V.Consolo). La giuria però accolse l'opinione di Pasolini e Moravia, assegnando il premio ad Elsa Morante, e causando l'indignazione di Sciascia che preferì dimettersi. Anche diciotto anni dopo, la proposta di assegnare la seconda edizione del Premio letterario Racalmare Città di Grotte ad Antonio Castelli per il suo libro ''Passi a piedi, passi a memoria'' (Sellerio) non venne accettata: una delusione in più che andava a sommarsi ai problemi esistenziali e di salute di un animo tormentato.
Due anni dopo, nel 1988, Antonio Castelli si suicidava a Palermo.
Il Premio, per iniziativa di Maria Andronico Sciascia, gli sarà poi tributato nell'XI edizione, "alla memoria".
La casa editrice ''Sciascia'' ha pubblicato l’Opera Omnia di Antonio Castelli dal titolo ''Opere'', comprendente anche gli inediti, a cura del prof. Giuseppe Saja.
"Con la fine di scrittori come Sciascia, come Bufalino, D'Arrigo, Angelo Fiore, Antonino Uccello, Antonio Castelli, (e potrei nominarvi altri), con la morte di Sebastiano Addamo credo che sia finita un'epoca, sia finita una civiltà, sia finita una cultura. E questo non solo in Sicilia.", afferma Vincenzo Consolo.

Vincenzo Consolo, in “Narratori siciliani del secondo dopoguerra” (a cura di Sarah Zappulla Muscarà, Catania, Maimone, !988 ), così si esprime:
“Frammentista lo si potrebbe definire, di quel frammentismo post vociano che giustificava le brevi “frasi” affidandole ai più acuti lirismi: che si credeva allora, crocianamente, l’unica forma possibile di poesia. Antonio Castelli, al contrario, e modernamente, affidava i suoi frammenti a un parlato antilirico, secco, laico, incisivo. E mai quest’ultimo aggettivo – incisivo – si è attagliato così bene come alla prosa di Castelli: le sue “scene”, i suoi “bozzetti”, i suoi “caratteri” visivamente rimandavano a delle incisioni, puntesecche o acqueforti, stampe cioè in bianco e nero, dal segno netto, deciso, limpido[.....]Una scelta la sua, fin dal primo esordio in volume, dettata da una rara consapevolezza artistica e da una estrema, rigida moralità. Aveva rinunziato, Castelli, alle trame distese e tonde, alle narrazioni chiuse, alle strutture articolate, ai lacci affabulanti che forse nel suo radicalismo giudicava facili e sleali. Aveva rinunziato al grosso impasto dei colori, alla parola ornata, gonfia, alle calligrafie, al conto, giudicando forse tutto questo esterno e inverecondo. E queste scelte lo iscrivevano, prima e aldilà di poetiche storiche o storicizzabili, a un’aura, a un clima antico, classico, a una tradizione letteraria che, in Sicilia, parte dai mimi del greco siracusano Sòfrone e arriva fino a quelli di Francesco Lanza.”

Angela Diana Di Francesca