Accursio Di Leo era nato a Caltabellotta (Ag) nel 1917.Nel 1942 vinse il concorso (tre posti in tutta Italia)per l’ammissione all’Accademia d’arte drammatica diretta da Silvio D’Amico.Nel 1948 assistente alla regia di Anton Giulio Bragaglia ,per la Rapsodia Siciliana, firmò le sue prime regie:”Orfeo” e “La voce umana” di Jean Cocteau.Nel 1968 rappresentò il teatro italiano a Montecarlo in occasione del Festival Internazionale del teatro dirigendo “La giara” di L.Pirandello.
Grande conoscitore degli autori classici ,in particolare di Pirandello ma al tempo stesso convinto assertore dell’importanza di un recupero degli autori siciliani “popolari”e del teatro dialettale,e della rivalutazione di autori poco rappresentati quali Beniamino Joppolo e Rosso di San Secondo,Di Leo è stato anche attore di cinema.
Tra i film più significativi a cui ha preso parte:
-Il Principe ribelle,il suo primo film,del palermitano Pino Mercanti.
-Lucky Luciano-Il caso Mattei-Salvatore Giuliano-Tre fratelli-Cristo si è fermato ad Eboli-Il caso Pisciotta-Il viaggio-Baciamo le mani-Western di cose nostre-Cadaveri eccellenti-Carmen (di Francesco Rosi)
-Il sasso in bocca-Cento giorni a Palermo (Giuseppe Ferrara)-
Ha recitato anche per la televisione in Tre fratelli(Taviani) e Casa paterna.
Appassionato cultore del teatro medievale,delle antiche laudi e Sacre Rappresentazioni,Accursio Di Leo si è distinto per la sua opera di regista di eventi religiosi sul territorio.Ricordiamo le sue edizioni della Casazza di Collesano,la Dimostranza di San Ciro a Marineo,La Sacra Rappresentazione di Pasqua a Cefalù.
Accursio Di Leo lasciò il teatro “ufficiale” per dedicarsi a un’opera di animazione culturale,dirigendo qualificati corsi di interpretazione scenica in varii centri della Sicilia e seguendo gruppi amatoriali a cui con generosità ed entusiasmo insegnò l’amore per il teatro autentico,quello che vive in primo luogo della parola e dell’emozione che la parola comunica .Era consapevole della validità dell’esperienza amatoriale e attraverso questa aveva accompagnato al professionismo diversi attori,anche se la sua natura irrequieta e spiritualmente “anarchica” lo rendeva molto critico nei confronti del teatro professionistico.
In un’intervista a Leone Zingales per i Quaderni dell’Asla così Accursio motivava la sua scelta culturale e di vita:
D:-Come mai lei ha lasciato così presto il mondo del teatro che conta?
R:Ho lasciato il cosiddetto “teatro che conta” perché mi sono convinto che almeno per le mie personali esperienze contava troppo poco,e soprattutto perché sentivo sempre di più che l’organizzazione industriale dello spettacolo mi privava mostruosamente,come uomo di teatro,di quel nutrimento e di quel respiro vitale che da giovane avevo sentito e che mi aveva portato a frequentare l’Accademia.
Notevole è l’opera di regista teatrale svolta da Accursio Di Leo non solo in Sicilia.Nell’autunno del 1970 portò negli Stati Uniti lo spettacolo di folklore siciliano “Sicily,land of love” rappresentato con enorme successo a New York,Long Island e Boston,e ripreso dal 49° Canale per tutti i siciliani d’America.
Di Leo ha partecipato alla nascita di varie istituzioni,dallo Stabile di Catania al Piccolo Teatro di Palermo.
Così lo ricordava Il Giornale di Sicilia con un articolo di Salvatore Rizzo in occasione della sua morte avvenuta nell’agosto 1997:
“Se il teatro siciliano ha potuto fare tesoro del suo patrimonio immenso,tramandando certe sue opere nascoste fino ai nostri giorni e ai nostri giovani,se ha potuto far conoscere oltrestretto l’altra sua faccia che non fosse solo quella ufficiale di Verga,Pirandello,Martoglio…se nutrite schere di attori si sono formate sulla pratica della scena,tutto questo è merito di Accursio Di Leo che,impavido come un ventenne,continuava ad allestire e a dirigere,a spulciare tra le pieghe dei testi perché anche i più usurati non fossero assaliti dalla noia della consuetudine,ad interessarsi a tutto ciò che legava il nostro repertorio scritto e orale agli usi popolari.
Forse avrebbe potuto far fortuna altrove,Di Leo,con i teatranti compagni d’Accademia che i primi tempi del professionismo gli avevano messo accanto (tra cui Vittorio Gassman,n.d.r)…Eppure era qui, tra Palermo e Catania ma anche nelle realtà marginali dell’isola,che avvertiva una sorta di missione laica che spesso era un testardo cimento nella conservazione di una tradizione a cavallo tra Ottocento e Novecento ma che a volte si trasformava in entusiastica sperimentazione di nuovi autori,colti e popolari….. Proprio per questo impeto giovanile,che non sconosceva certo la vis polemica negli ultimi anni inteneritasi in dolce saggezza,è ancora più doloroso far calare il sipario su questa lunga vita di teatrante…”
RICORDO DEL MAESTRO In un'epoca in cui tutti amano fregiarsi dell'appellativo di "trasgressivi", Accursio Di Leo coltivava la più preziosa e autentica delle trasgressioni, quella che consiste nel riconoscere il proprio bisogno interiore e assecondarlo senza curarsi delle convenienze e delle conseguenze. Come Neruda, poteva serenamente affermare "Confesso che ho vissuto", e con impeto giovanile corteggiava la vita, nei suoi miraggi di sogno e nelle sue difficili realtà.
Accursio era uno "tosto", a volte polemico, a volte scomodo, ma sempre entusiaste, fiero, fiducioso e capace di dare fiducia, innamorato del teatro, "un sacrificio d'amore che dura tutta la vita", al punto da affrontare disagi e stanchezza, viaggi ad orari impossibili, gli inevitabili stress e arrabbiature delle prove con le sue compagnie amatoriali, sempre pronto a mettersi in gioco in un'età in cui molti si considerano già arrivati in porto.
L'anticonformismo lo portava nel sangue, lui che aveva lasciato il teatro ufficiale e i compagni dell'Accademia Silvio D'Amico (tra cui Vittorio Gassman), incurante di chi, misurando il successo dfai soldi e dalla popolarità, lo riteneva un perdente, lui che aveva sposato una delle sue "Madonne", la giovane Cristina, incurante di chi pretendeva di dare limiti anagrafici all'amore.
Molte cose si potrebbero dire su Accursio e sull'opera culturale da lui svolta,ma io credo che , specialmente agli occhi di chi non l'ha conosciuta, una persona viva non solo attraverso l'elencazione delle sue azioni, ma attraverso qualcosa che la dipinge come un ritratto e che dà l'idea del suo carattere, del suo modo di essere, uscendo dagli schemi della commemorazione di un personaggio per descrivere "un uomo".
Per questo voglio suscitarlo nella mente degli altri con qualche personale ricordo.
Cefalù settembre 1996, sera della "prima" di Cavalleria Rusticana "sul territorio", sull'acciottolato di Santa Maria al Borgo di cefalù. Era pomeriggio inoltrato, Accursio dava disposizioni per le luci.
Ad un certo punto mi si avvicinò e con una sua seducente reticenza mi disse:"Andiamo a prendere una giacca in Associazione? E' strano, tutto ad un tratto mi è venuto freddo". Andammo alla sede dell'Associazione, provò tutte le giacchi "di scena" della sua misura, mi chiese quale gli stava meglio, piacevolmente vanitoso come ogni uomo di teatro.
La serata fu perfetta.Un addio sulle note maestose di Mascagni. Non ci vedemmo più. Doveva tornare per la messa a punto de "La Giara", ma rinviava sempre. Lo sentivo spesso al telefono. Da buon lottatore manteneva ferma la sua voce ancora vibrante di amore per la vita. "Eccomi!" "Quando ci vediamo, Maestro?" "Sto finendo la terapia...credo che dopo Ferragosto..."
La lunga consuetudine con Pirandello ci invitava a recitare ognuno la nostra parte, nella sua pena consapevole di una sventura che doveva restare nascosta, "perchè solo così-era questa la battuta del mio primo ruolo-può valere il rimedio che la pietà le ha prestato".
Accursio ha regalato a tutti noi che lo abbiamo avuto come guidaun rapporto nuovo con noi stessi.il suono della nostra voce, il gusto di gestualità ed espressioni prima inibite. Ci ha insegnato ad esplorare i molteplici mondi tra Pirandello ed Empedocle, l'umiltà della ricerca, l'audacia della sperimentazione. Con lui abbiamo intrapreso un percorso di formazione che non avremmo mai voluto interrompere, perchè lui era il nostro Maestro. Noi della Ras Melkart, insieme vicini e distanti, come una costellazione.
Ricordo tante cose di lui, i suoi gesti, i suoi modi di dire, le sue espressioni. Ricordo tutto quello che in tanti anni ci ha dato, fino a quell'8 settembre 1996, la serenata di Mascagni, l'incanto di una sera estiva appena insidiata da un brivido di freddo. Ricordo la sua gioia quando ci abbracciò ringraziandoci, lui a noi, per le emozioni che gli avevamo dato.
Accursio Di Leo morì il 31 agosto 1997. Aveva 80 anni...ma era giovane.
Grazie, Accursio, di averci regalato il suono della nostra voce, di averci svelato risicate identità parallele, di averci insegnato ad agire l'allegria, a scandagliare il dramma, a immergerci nel mito.
Grazie di averci insegnato a rompere schemi e a liberare emozioni.
Grazie del tuo sguardo sorridente, malinconico, arguto, profondo. Grazie della tua caparbia esortazione di fronte alle difficoltà: "coraggio e avanti!". Grazie del tuo messaggio più forte, la chiave che dà senso ad ogni esperienza di teatro: "Dovete crederci, crederci di più!" Grazie di averci regalato un rapporto nuovo con noi stessi, e l'amore per il teatro, un amore che dura tutta la vita.
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