NO WARNING!
continua la mobilitazione contro il nuovo ordine mondiale
NO WAR!
SPAZIO DI MUSICA ALTERNATIVA
- No. 45 - Marzo 2007
E’ passato parecchio tempo dall’ultimo aggiornamento di NO WARNING!, vero? Si, e non è che ce ne fossimo dimenticati, anche perché alcune mail da parte di affezionati lettori e (secondariamente) l’inevitabile interruzione del flusso di materiale promozionale ci hanno fatto presente la nostra inadempienza. Purtroppo il tempo a disposizione è sempre meno, e buona parte delle nostre energie è ultimamente stata rivolta a faccende private; ma il tempo trascorso ci ha consentito di riflettere anche sulla forma di questa webzine. L’intenzione iniziale, nel 1999, era quella di dare ampio spazio alle news e di limitare le recensioni, lasciando preferibilmente la parola ai diretti interessati, ossia i musicisti stessi. Invece NO WARNING! è scivolata nella spirale delle recensioni, che ai musicisti fanno sempre piacere (se sono positive) ma che rappresentano pur sempre il parere di una sola persona. Si è quindi pensato di recuperare, almeno in parte, lo spirito che aveva animato inizialmente NO WARNING!, privilegiando le news e cominciando a lasciare spazio a qualche stralcio di pubblicazioni diverse messe a confronto per descrivere in maniera concisa e diretta un certo numero, per ora limitato, di releases. Si tratterà di un esperimento, che se si tradurrà in uno strumento promozionale efficace e al tempo stesso ci consentirà di essere più rapidi in termini di tempo, potrà eventualmente costituire un’alternativa all’attuale forma di questo spazio. Nell'attesa riprendiamo il cammino interrotto, c'è parecchio tempo da recuperare.
Della band statunitense A
Triggering Myth avevo già avuto modo di ascoltare in passato
il
debut album
Twice Bitten, disco strumentale che non mi aveva appassionato
particolarmente a
causa della scarsa emotività trasmessa. Il duo Eddy / Drumheller
da allora ha
realizzato altri lavori, e solo recentemente ha compiuto la scelta di
espandere
il line-up inglobando il formidabile nucleo composto da Michael
Manring, Scott
McGill e Vic Stevens oltre al violinista nipponico Akihisa Tsuboy;
inutile dire
che il salto di qualità è notevole : alle trame
magniloquenti del nucleo
fondatore si aggiunge l’eclettismo e il funambolismo musicale di
elementi dal
fenomenale bagaglio tecnico. Il risultato è un album strumentale
che fonde
magnificamente elementi che richiamano a bands quali Happy The Man,
Brand X,
Bruford, National Health, Premiata Forneria Marconi, il tutto coagulato
in nove
tracce scorrevoli eppure caratterizzate da una rigorosa tecnica
esecutiva. I
magnifici affreschi dalle tinte sgargianti di A Triggering Myth si
dipanano
lungo pezzi ora di breve, ora di lunga durata, offrendo saggi della
migliore
tradizione del prog-rock di matrice romantica riletta attraverso
un’interpretazione moderna ed avvincente dove anche le spettrali
atmosfere
degli strumentali di Steve Hackett ritornano a nuova vita
(Shakespeare’s
Strippers). I pezzi scorrono fluidi, sulle ali di agili tastiere sempre
presenti ma mai ossessive, costellati da momenti nei quali gli altri
strumenti
escono fuori nel mixing per poi rientrare discretamente nelle pieghe
più
nascoste delle composizioni grazie al perfetto bilanciamento realizzato
in fase
di produzione. Avrete capito, dati i riferimenti citati in precedenza,
che è
inutile cercare di snocciolare termini descrittivi per illustrare un
lavoro che
è invece preferibile infilare nel lettore CD con cadenza
giornaliera per
appropriarsi di tutte le sue molteplici sfumature, per rinnovare il
piacere
dell’ascolto di un prog rock di buona fattura ben diverso dalle formule
fin
troppo semplificate che ne hanno rovinato l’immagine (vedi i vari
Jadis,
Pendragon e IQ). The Remedy Of Abstraction, pubblicato
dalla label The Laser’s Edge,
dovrebbe essere facilmente reperibile
attraverso i più comuni canali di distribuzione, o altrimenti
attraverso il
website
dell’etichetta.
Now That My House Has Burned Down, I
Have A Beautiful View Of The Moon / The Remedy Of Abstraction / Her
Softening
Sorrow / Not Even Wrong / Rudyard’s Raging Natural / Shakespeare’s
Strippers / The Eisenhour Slumber / When
Emily Dickinson Learned To Lunge / The Last Resort
ROTHKO - A PERSONAL ACCOUNT OF
CONFLICT Badhand Records badhand002
Nel suo girovagare da un’etichetta all’altra,
Rothko riesce
ancora una volta a non perdere la bussola e ad aggiungere un altro
tassello
alla sua ambiziosa opera, meritevole di un’installazione permanente
alla Tate
Modern dove già hanno trovato posto i quadri del pittore di
origine baltica dal
quale Mark Beazley ha preso il nome per la sua creatura. E’ l’etichetta
Bad
Hand Records a pubblicare, come seconda release del suo catalogo,
questo
singolo contenente tre tracce che segnano un parziale ritorno alle
formule del
primo periodo di Rothko quando il line up era composto esclusivamente
da tre
bassisti; con una formazione nuovamente rinnovata Mark Beazley
riporta il
suo strumento al centro delle composizioni, ma senza per questo
dimenticare il
lavoro fatto con A Continual Search For Origins e A Place Between. Le
forti
frasi di basso di Mark diventano il fulcro di un tenue intreccio di
layers di
matrice ambient-electronica, che creano uno sfondo ovattato per
l’espressivo
strumento del leader. Peccato che il singolo sia fin troppo breve, e
che
consenta all’ascoltatore di abituarsi appena alle eteree atmosfere di
queste
tre tracce prima che il raggio del lettore si arresti; schiacciare il
tasto
“repeat” può essere una soluzione, ma una bella raccolta che
faccia ordine tra
i numerosi singoli finora realizzati da Rothko sarebbe alquanto gradita
a
questo punto della sua carriera. Ovviamente A Personal Account Of
Conflict è
caldamente consigliato … reperibile attraverso Bad
Hand Records
Pregi e difetti del
progressive rock … questo disco dei norvegesi
White Willow li sintetizza in
maniera egregia, ponendo alle nostre
orecchie i
limiti di un genere che definire progressive suona oramai ironico. In
realtà
non stiamo trattando di un brutto disco, anzi, penso che se i White
Willow
fossero usciti fuori all’epoca dei vari IQ, Pallas e Marillion li
avrebbero
anche potuti surclassare, almeno a livello tecnico; il suo contenuto
è una
musica spesso solare (alla maniera dei Solstice, per intenderci),
fortemente
melodica e con occasionali puntate più decise, il fatto è
che purtroppo questo
Signal To Noise finisce per essere come tutti gli altri albums di
progressive
rock, nei quali viene a mancare una componente fondamentale :
l’innovazione.
Maledizione, ma è possibile che oramai nessuno fa nemmeno finta
di provarci?
Quella che dovrebbe essere la caratteristica fondamentale del genere,
ossia la
“progressione”, latita da decenni, e non deve stupire se sempre
più fans delusi
si indirizzano verso il post-rock e altre forme musicali decisamente
più vitali.
Penso che sarebbe delizioso se una band riuscisse a coniugare, che so,
il
raffinato pop di Tears For Fears o China Crisis con un jazz rock
sperimentale
alla Lob e con l’ambient-electronica di Rasal.Asad o Bass Communion; e
invece
niente, tutto ciò che è riuscito a passare tra le strette
maglie della rete
distesa a protezione intorno al genere è un quantitativo
più o meno generoso di
riffs heavy, dettaglio che non manca nemmeno in questo album. Certo
siamo
lontani dall’irritante semplicità dei Pendragon, i cinquanta
minuti di Signal
To Noise scorrono via agevolmente tra melodie vocali condotte da una
gradevole
voce femminile che si imprimono a fuoco nella memoria (Joyride, ad
esempio) e
passaggi strumentali di decorosa fattura alla quale contribuiscono
numerose
tastiere da museo della memoria del suono vintage, per la gioia degli
appassionati del “ruggito dell’Hammond” e del “sospiro del Mellotron” …
ma che
volete, io come gusto personale questi suoni preferisco ascoltarli
quando metto
su Nursery Crime e Close To The Edge, mentre in un disco attuale vorrei
sentire
tutto ciò che la moderna tecnologia offre al musicista creativo.
Non è certo
colpa dei White Willow o di qualunque altro gruppo di progressive rock
se, come
transfugo dal suddetto genere, trovo attualmente maggior interesse in
cose più
estreme, ma il fatto che nel Classic Rock venga considerato anche il
progressive la dice lunga sul livello di standardizzazione raggiunto da
un
genere che invece per vocazione non avrebbe dovuto diventare Classic.
Questo
però continua a vendere, ed anche bene, quindi in quest’ottica i
White Willow
hanno decisamente azzeccato il disco giusto per starvi dentro a pieno
titolo.
Per coloro che cercano nel progressive rock tutti i suoi caratteri
più
rassicuranti …
STEVE HACKETT - WILD ORCHIDS Camino
CAMCD38
Eccoci al cospetto
di un
altro musicista che, ormai da troppo tempo, ha deciso di non cambiare
proprio
niente nel suo modo di realizzare nuovi albums; Steve Hackett è stato a
lungo,
tra i vari membri ed ex membri dei Genesis, quello che ha fatto la
carriera
solista più dignitosa, almeno fino al giorno in cui ha deciso di
cominciare a
sfornare albums, DVD e cofanetti a raffica. I suoi primi albums (da
Voyage of
the Acolytes a Defector) rimangono tra le cose migliori di certo
progressive
rock di matrice romantica, peccato che dopo aver ceduto alle tentazioni
sudamericane e blues il suo sound si sia mummificato, facendo si che
tutti gli
ultimi dischi del chitarrista Inglese tendano a somigliarsi l’uno con
l’altro.
Non fa eccezione questo Wild Orchids, pubblicato ancora da Inside Out
(etichetta che pare aver deciso di inflazionare il mercato con prodotti
non
sempre accuratamente selezionati) e che non aggiunge una virgola a
quanto già
espresso in dischi non trascendentali come Guitar Noir o To Watch The
Storm : gradevole,
ben suonato, ma di durata eccessiva ed in definitiva ben noioso.
Personalmente
preferisco andarmi a riascoltare le geniali intuizioni di pezzi come
Clocks,
Please Don’t Touch e Tigermoth, ma perfino i sottovalutati Cured e
Highly
Strungs hanno molto di più da offrire rispetto a questo disco di
routine.
Transylvanian Express / Waters Of The Wild / Set Your
Compass / Down Street / A Girl Called Linda / Blue Child / To A Close /
Ego And
Id / Man In The Long Black Coat / Cedars Of Lebanon / Wolfwork / Why /
She
Moves In Memories / The Fundamentals Of Brainwashing / Howl / A Dark
Night In
Toytown / Until The Last Butterfly
ARAB STRAP - THERE
IS NO ENDING Chemikal Underground CHEM094CD
There
Is No Ending / The First Big Weekend (Fourtet remix)
STEVE LAWSON
- BEHIND EVERY WORD Pillow Mountain Records pmr 0016
A volte mi capita di
ritornare con la memoria a quella sera di
qualche anno fa, quando in uno dei tanti Indian Restaurants di Brick
Lane
l’amico Dann Chinn mi fornì una copia promozionale di … And Nothing But The Bass, album di
esordio del
bassista londinese Steve Lawson.
Mi
rigirai tra le mani la semplice
custodia in cartoncino cercando di capire cosa mi sarei dovuto
aspettare
dall’ascolto del CD, ma non traendone indizi sufficienti a farmi
un’idea, come
conseguenza mi persi imperdonabilmente il suo concerto della sera
seguente al
Troubador di Chelsea. Da allora ho avuto modo di assistere alla
continua
affermazione di Steve come uno dei maggiori talenti mondiali nella
ricerca di
nuove sonorità, affermazione costantemente testimoniata in
questo spazio man mano
che il suo curriculum si arricchiva di nuove releases e collaborazioni.
Un
percorso genuinamente ispirato che è giunto al presente con
questo stupendo
album Behind Every Word : credetemi, non riesco ad esprimere a fondo il
mio
rammarico, crescente ad ogni ascolto, per non essere riuscito ad
organizzare
una data in qualche locale Torinese nell’ambito del tour autunnale che
ha
toccato diverse città dell’Italia settentrionale. Nella
già eccellente
discografia di Steve, questo album riesce forse a stagliarsi una spanna
sopra
gli altri a conferma della definitiva affermazione del simpatico
musicista;
ispirato da un pensiero dello scrittore Guillermo Arriaga (“Credo
realmente che
dietro ogni parola c’è l’espressione di un mondo intero”),
Behind Every Word
viene proposto da Steve Lawson come la colonna sonora dei suoi pensieri
e dei
suoi sentimenti, alla quale l’ascoltatore è invitato ad
assegnare qualunque
significato sia ritenuto adeguato. Musica da meditazione? Potrebbe
anche
esserlo, ma senza trascurare l’aspetto compositivo che ci dimostra come
Steve
nel corso di questi anni abbia affinato uno stile unico, caratterizzato
dal
totale asservimento della tecnologia di cui fa uso al suo estro
creativo, tale
da consentire alle sue emozioni di condurre il gioco. Può
sembrarvi banale, ma
spesso succede l’esatto contrario. Behind Every Word è, almeno
per ora, il
capolavoro di Steve Lawson, uno scrigno nel quale sono racchiusi
impagabili
tesori, tra i quali spicca (almeno secondo le emozioni che suscita in
me) la
stupenda Nobody Wins Unless Everybody Wins. Da notare che per la prima
volta si
segnalano due ospiti in altrettanti episodi dell’album, ossia BJ Cole
con la
sua pedal steel in Scott Peck e Julie McKee con la sua evocativa voce
nella
lunga ed eterea One Step. In conclusione, posso affermare che se dietro
ogni
parola c’è l’espressione di un mondo intero, è
altrettanto vero che dietro ogni
singola nota di questo album c’è molto più di una
semplice parola. Continua
così, Steve …
Blue Planet / Behind Every Word / This House Is A Happy Home / Jimmy James / Me, Myself And I / Scott Peck / FRHU / Nobody Wins Unless Everybody Wins / FolkSong / One Step / Deeper Still
CIPHER - ELEMENTAL FORCES Burning
Shed bshed 0602
Giunti al terzo episodio della saga Cipher, risulta quasi
impossibile trovare le parole adatte a commentare il lavoro del duo
Travis-Sturt senza correre il rischio di ripetersi : eppure gli stimoli
derivanti
dall’ascolto di questo Elemental Forces non sono indotti da una
semplice
ripetizione di quanto espresso in No Ordinary Man e One Who Whispers,
perché
con questo album i due musicisti Inglesi sono andati ancora oltre.
Oltre il
lavoro degli stessi Cipher, ma anche oltre
Beyond All Things / Solid Earth /
Spirit Of The Void / Shiki / Into The Air / The Sea Flows
DISCIPLINE - LIVE 1995 Strung Out
Records SOR6805
Ristampa di una VHS pubblicata nel 1995, questo
DVD degli
statunitensi Discipline costituisce un prodotto ideale per i fans del
progressive rock nella sua vena visivamente più teatrale : chi
ama i live set
spogli e immersi nell’ombra, dove lo spettacolo è prerogativa
esclusiva di un
istrionico front-man, magari con make up (ricordiamo il noto Recital
For The
Script dei Marillion) troverà in questo Live 1995 quanto di
più adatto a lui.
Certo, rispetto alla band Britannica i Discipline si differenziano per
l’elevata
caratura tecnica che ci è stato possibile apprezzare già
negli ottimi studio
albums Push & Profit e Unfolded Like Staircase, e le due ore e
mezza di
live performances qui incluse ce lo dimostrano ampiamente. L’intenso
set
eseguito dalla formazione guidata dal cantante e polistrumentista
Matthew
Parmenter si snoda lungo articolate composizioni che, dalle morbide
atmosfere
dall’iniziale Diminished, ci conducono alla stupenda ballad conclusiva
Homegrown passando per i saliscendi emozionali di Canto iv, gli
intricati riffs
di Blueprint e attraverso le spire avvolgenti di Carmilla, forse il
pezzo più
bello scritto dalla band. L’ampio spettro di stili affrontati dai
Discipline
viene rivelato in maniera più netta nell’ora abbondante di
materiale extra proveniente
da vari periodi nella storia della band, e che spazia dalle tentazioni
psichedeliche di Interlude a Piddle-a-dink, interludio per due chitarre
elettriche, svariando per gli influssi alla ELP di Piddle Diddle Iddle,
le
tentazioni pop di Still Night e Man In Transition (stemperate in
quest’ultima
con breaks melodici di buona fattura), lo sfacciato rock’n’roll di
Faces Of The
Petty ed il buon funky di Mickey Mouse Man. Eyeballs Story farà
piangere I
nostalgici del Peter Gabriel narratore, quello di storielle come
Britannia e
The Girl In The Green Trousers Suit, mentre Into The Dream (qui in una
rara
versione live) denota tutta l’abilità della band in fase di
composizione, che
assembla una lunga pièce-de-resistance che coniuga i VDGG di A
Plague Of Lighthouse
Keepers con i Genesis di Nursery Crime e Foxtrot, aggiungendovi
più di un tocco
personale. Sia la qualità audio che quella video si giovano
della trasposizione
in digitale, facendo di questa ristampa un oggetto decisamente
desiderabile; il
DVD è reperibile, come anche gli albums dei Discipline,
attraverso Strung Out
Records.
Live 1995 : Diminished / Canto iv
(Limbo) / Carmilla / The Possession / Blueprint / The Nursery Year /
Circuitry
/ When The Walls Are Down / Homegrown
DVD
Extras : Interlude (1988) / Piddle-a-dink (1988) / Piddle Diddle
Iddle (1988) / Man And The Locust part 1 (1992) / Still Night (1992) /
Faces Of
The Petty (1992) / Mickey Mouse Man (1992) / Man In Transition (1992) /
When
She Dreams She Dreams In Color – coda (1997) / Eyeballs Story (1997) /
Into The
Dream (1998)
TONY LEVIN BAND - Torino, Noise Club
3 Maggio 2006
News from the World Central
- Una bella recensione del fondamentale Red dei King Crimson è reperibile sul sito della pregiata webzine Onda Rock al seguente link : http://www.ondarock.it/pietremiliari/red.htmlNews from the World
- Theo Travis sta componendo il materiale per il suo prossimo album, attualmente previsto per i primi mesi del 2007