NO WARNING! continua la mobilitazione contro il nuovo ordine mondiale
NO WAR!
SPAZIO DI MUSICA ALTERNATIVA - No. 45 - Marzo 2007

E’ passato parecchio tempo dall’ultimo aggiornamento di NO WARNING!, vero? Si, e non è che ce ne fossimo dimenticati, anche perché alcune mail da parte di affezionati lettori e (secondariamente) l’inevitabile interruzione del flusso di materiale promozionale ci hanno fatto presente la nostra inadempienza. Purtroppo il tempo a disposizione è sempre meno, e buona parte delle nostre energie è ultimamente stata rivolta a faccende private; ma il tempo trascorso ci ha consentito di riflettere anche sulla forma di questa webzine. L’intenzione iniziale, nel 1999, era quella di dare ampio spazio alle news e di limitare le recensioni, lasciando preferibilmente la parola ai diretti interessati, ossia i musicisti stessi. Invece NO WARNING! è scivolata nella spirale delle recensioni, che ai musicisti fanno sempre piacere (se sono positive) ma che rappresentano pur sempre il parere di una sola persona. Si è quindi pensato di recuperare, almeno in parte, lo spirito che aveva animato inizialmente NO WARNING!, privilegiando le news e cominciando a lasciare spazio a qualche stralcio di pubblicazioni diverse messe a confronto per descrivere in maniera concisa e diretta un certo numero, per ora limitato, di releases. Si tratterà di un esperimento, che se si tradurrà in uno strumento promozionale efficace e al tempo stesso ci consentirà di essere più rapidi in termini di tempo, potrà eventualmente costituire un’alternativa all’attuale forma di questo spazio. Nell'attesa riprendiamo il cammino interrotto, c'è parecchio tempo da recuperare.
In questo numero di NO WARNING! :
 
- A Triggering Myth : The Remedy Of Abstraction
- Escape Pod : Losing Control
- Rothko : A Personal Account Of Conflict
- White Willow :  Signal To Noise
- Steve Hackett : Wild Orchids
- Arab Strap : There Is No Ending
- Steve Lawson : Behind Every Word
- Cipher : Elemental Forces
- Discipline : Live 1995 DVD
- On Stage : Tony Levin Band live in Turin, May 3rd 2006
- On Stage : Soft Machine Legacy live in San Giuliano Nuovo, July 6th 2006
- Coming soon : Cipher, Twelfth Night, It Bites, Porcupine Tree, Discipline and more
- News from the World Central
- News from the World


A TRIGGERING MYTH - THE REMEDY OF ABSTRACTION The Laser's Edge LE1044



Della band statunitense A Triggering Myth avevo già avuto modo di ascoltare in passato il debut album Twice Bitten, disco strumentale che non mi aveva appassionato particolarmente a causa della scarsa emotività trasmessa. Il duo Eddy / Drumheller da allora ha realizzato altri lavori, e solo recentemente ha compiuto la scelta di espandere il line-up inglobando il formidabile nucleo composto da Michael Manring, Scott McGill e Vic Stevens oltre al violinista nipponico Akihisa Tsuboy; inutile dire che il salto di qualità è notevole : alle trame magniloquenti del nucleo fondatore si aggiunge l’eclettismo e il funambolismo musicale di elementi dal fenomenale bagaglio tecnico. Il risultato è un album strumentale che fonde magnificamente elementi che richiamano a bands quali Happy The Man, Brand X, Bruford, National Health, Premiata Forneria Marconi, il tutto coagulato in nove tracce scorrevoli eppure caratterizzate da una rigorosa tecnica esecutiva. I magnifici affreschi dalle tinte sgargianti di A Triggering Myth si dipanano lungo pezzi ora di breve, ora di lunga durata, offrendo saggi della migliore tradizione del prog-rock di matrice romantica riletta attraverso un’interpretazione moderna ed avvincente dove anche le spettrali atmosfere degli strumentali di Steve Hackett ritornano a nuova vita (Shakespeare’s Strippers). I pezzi scorrono fluidi, sulle ali di agili tastiere sempre presenti ma mai ossessive, costellati da momenti nei quali gli altri strumenti escono fuori nel mixing per poi rientrare discretamente nelle pieghe più nascoste delle composizioni grazie al perfetto bilanciamento realizzato in fase di produzione. Avrete capito, dati i riferimenti citati in precedenza, che è inutile cercare di snocciolare termini descrittivi per illustrare un lavoro che è invece preferibile infilare nel lettore CD con cadenza giornaliera per appropriarsi di tutte le sue molteplici sfumature, per rinnovare il piacere dell’ascolto di un prog rock di buona fattura ben diverso dalle formule fin troppo semplificate che ne hanno rovinato l’immagine (vedi i vari Jadis, Pendragon e IQ). The Remedy Of Abstraction, pubblicato dalla label The Laser’s Edge, dovrebbe essere facilmente reperibile attraverso i più comuni canali di distribuzione, o altrimenti attraverso il website dell’etichetta.

 

Now That My House Has Burned Down, I Have A Beautiful View Of The Moon / The Remedy Of Abstraction / Her Softening Sorrow / Not Even Wrong / Rudyard’s Raging Natural / Shakespeare’s Strippers / The Eisenhour Slumber / When Emily Dickinson Learned To Lunge / The Last Resort



ROTHKO - A PERSONAL ACCOUNT OF CONFLICT Badhand Records badhand002



Nel suo girovagare da un’etichetta all’altra, Rothko riesce ancora una volta a non perdere la bussola e ad aggiungere un altro tassello alla sua ambiziosa opera, meritevole di un’installazione permanente alla Tate Modern dove già hanno trovato posto i quadri del pittore di origine baltica dal quale Mark Beazley ha preso il nome per la sua creatura. E’ l’etichetta Bad Hand Records a pubblicare, come seconda release del suo catalogo, questo singolo contenente tre tracce che segnano un parziale ritorno alle formule del primo periodo di Rothko quando il line up era composto esclusivamente da tre bassisti; con una formazione nuovamente rinnovata Mark Beazley riporta il suo strumento al centro delle composizioni, ma senza per questo dimenticare il lavoro fatto con A Continual Search For Origins e A Place Between. Le forti frasi di basso di Mark diventano il fulcro di un tenue intreccio di layers di matrice ambient-electronica, che creano uno sfondo ovattato per l’espressivo strumento del leader. Peccato che il singolo sia fin troppo breve, e che consenta all’ascoltatore di abituarsi appena alle eteree atmosfere di queste tre tracce prima che il raggio del lettore si arresti; schiacciare il tasto “repeat” può essere una soluzione, ma una bella raccolta che faccia ordine tra i numerosi singoli finora realizzati da Rothko sarebbe alquanto gradita a questo punto della sua carriera. Ovviamente A Personal Account Of Conflict è caldamente consigliato … reperibile attraverso Bad Hand Records


A Personal Account Of Conflict / Sit In Silent Thought / Burn Darkness In The Fires



WHITE WILLOW - SIGNAL TO NOISE The Laser's Edge LE1046



Pregi e difetti del progressive rock … questo disco dei norvegesi White Willow li sintetizza in maniera egregia, ponendo alle nostre orecchie i limiti di un genere che definire progressive suona oramai ironico. In realtà non stiamo trattando di un brutto disco, anzi, penso che se i White Willow fossero usciti fuori all’epoca dei vari IQ, Pallas e Marillion li avrebbero anche potuti surclassare, almeno a livello tecnico; il suo contenuto è una musica spesso solare (alla maniera dei Solstice, per intenderci), fortemente melodica e con occasionali puntate più decise, il fatto è che purtroppo questo Signal To Noise finisce per essere come tutti gli altri albums di progressive rock, nei quali viene a mancare una componente fondamentale : l’innovazione. Maledizione, ma è possibile che oramai nessuno fa nemmeno finta di provarci? Quella che dovrebbe essere la caratteristica fondamentale del genere, ossia la “progressione”, latita da decenni, e non deve stupire se sempre più fans delusi si indirizzano verso il post-rock e altre forme musicali decisamente più vitali. Penso che sarebbe delizioso se una band riuscisse a coniugare, che so, il raffinato pop di Tears For Fears o China Crisis con un jazz rock sperimentale alla Lob e con l’ambient-electronica di Rasal.Asad o Bass Communion; e invece niente, tutto ciò che è riuscito a passare tra le strette maglie della rete distesa a protezione intorno al genere è un quantitativo più o meno generoso di riffs heavy, dettaglio che non manca nemmeno in questo album. Certo siamo lontani dall’irritante semplicità dei Pendragon, i cinquanta minuti di Signal To Noise scorrono via agevolmente tra melodie vocali condotte da una gradevole voce femminile che si imprimono a fuoco nella memoria (Joyride, ad esempio) e passaggi strumentali di decorosa fattura alla quale contribuiscono numerose tastiere da museo della memoria del suono vintage, per la gioia degli appassionati del “ruggito dell’Hammond” e del “sospiro del Mellotron” … ma che volete, io come gusto personale questi suoni preferisco ascoltarli quando metto su Nursery Crime e Close To The Edge, mentre in un disco attuale vorrei sentire tutto ciò che la moderna tecnologia offre al musicista creativo. Non è certo colpa dei White Willow o di qualunque altro gruppo di progressive rock se, come transfugo dal suddetto genere, trovo attualmente maggior interesse in cose più estreme, ma il fatto che nel Classic Rock venga considerato anche il progressive la dice lunga sul livello di standardizzazione raggiunto da un genere che invece per vocazione non avrebbe dovuto diventare Classic. Questo però continua a vendere, ed anche bene, quindi in quest’ottica i White Willow hanno decisamente azzeccato il disco giusto per starvi dentro a pieno titolo. Per coloro che cercano nel progressive rock tutti i suoi caratteri più rassicuranti …

 

Night Surf / Splinters / Ghosts / Joyride / The Lingering / The Dark Road / Chrome Dawn / Dusk City / Ararat


STEVE HACKETT - WILD ORCHIDS Camino CAMCD38



Eccoci al cospetto di un altro musicista che, ormai da troppo tempo, ha deciso di non cambiare proprio niente nel suo modo di realizzare nuovi albums; Steve Hackett è stato a lungo, tra i vari membri ed ex membri dei Genesis, quello che ha fatto la carriera solista più dignitosa, almeno fino al giorno in cui ha deciso di cominciare a sfornare albums, DVD e cofanetti a raffica. I suoi primi albums (da Voyage of the Acolytes a Defector) rimangono tra le cose migliori di certo progressive rock di matrice romantica, peccato che dopo aver ceduto alle tentazioni sudamericane e blues il suo sound si sia mummificato, facendo si che tutti gli ultimi dischi del chitarrista Inglese tendano a somigliarsi l’uno con l’altro. Non fa eccezione questo Wild Orchids, pubblicato ancora da Inside Out (etichetta che pare aver deciso di inflazionare il mercato con prodotti non sempre accuratamente selezionati) e che non aggiunge una virgola a quanto già espresso in dischi non trascendentali come Guitar Noir o To Watch The Storm : gradevole, ben suonato, ma di durata eccessiva ed in definitiva ben noioso. Personalmente preferisco andarmi a riascoltare le geniali intuizioni di pezzi come Clocks, Please Don’t Touch e Tigermoth, ma perfino i sottovalutati Cured e Highly Strungs hanno molto di più da offrire rispetto a questo disco di routine. 

Transylvanian Express / Waters Of The Wild / Set Your Compass / Down Street / A Girl Called Linda / Blue Child / To A Close / Ego And Id / Man In The Long Black Coat / Cedars Of Lebanon / Wolfwork / Why / She Moves In Memories / The Fundamentals Of Brainwashing / Howl / A Dark Night In Toytown / Until The Last Butterfly


ARAB STRAP - THERE IS NO ENDING Chemikal Underground CHEM094CD



Si chiude con un tour, una raccolta e con questo singolo la decennale carriera degli Arab Strap : There Is No Ending (già inclusa nell’album The Last Romance) è ora il primo singolo nella discografia della band, nonché traccia conclusiva dell’album d’addio Ten Years Of Tears. Pubblicato da Chemikal Underground Records, il singolo include un remix di The First Big Weekend oltre a questa gioiosa song condotta da un brillante arpeggio di chitarra, un fragoroso rullante e grossi fiati dal flavour molto sixties, più vicina al Brit-pop che al post-rock nel quale la band veniva inquadrata. Un altro prematuro R.I.P. funesta la scena musicale britannica (come dimenticare, negli ultimi anni, i dolorosi addii di Monsoon Bassoon, Ursa e Macrocosmica?), fortunatamente la vena aurea che in UK produce bands più o meno interessanti non da segni di esaurimento.

 

There Is No Ending / The First Big Weekend (Fourtet remix)


STEVE LAWSON - BEHIND EVERY WORD Pillow Mountain Records pmr 0016



A volte mi capita di ritornare con la memoria a quella sera di qualche anno fa, quando in uno dei tanti Indian Restaurants di Brick Lane l’amico Dann Chinn mi fornì una copia promozionale di … And Nothing But The Bass, album di esordio del bassista londinese Steve Lawson. Mi rigirai tra le mani la semplice custodia in cartoncino cercando di capire cosa mi sarei dovuto aspettare dall’ascolto del CD, ma non traendone indizi sufficienti a farmi un’idea, come conseguenza mi persi imperdonabilmente il suo concerto della sera seguente al Troubador di Chelsea. Da allora ho avuto modo di assistere alla continua affermazione di Steve come uno dei maggiori talenti mondiali nella ricerca di nuove sonorità, affermazione costantemente testimoniata in questo spazio man mano che il suo curriculum si arricchiva di nuove releases e collaborazioni. Un percorso genuinamente ispirato che è giunto al presente con questo stupendo album Behind Every Word : credetemi, non riesco ad esprimere a fondo il mio rammarico, crescente ad ogni ascolto, per non essere riuscito ad organizzare una data in qualche locale Torinese nell’ambito del tour autunnale che ha toccato diverse città dell’Italia settentrionale. Nella già eccellente discografia di Steve, questo album riesce forse a stagliarsi una spanna sopra gli altri a conferma della definitiva affermazione del simpatico musicista; ispirato da un pensiero dello scrittore Guillermo Arriaga (“Credo realmente che dietro ogni parola c’è l’espressione di un mondo intero”), Behind Every Word viene proposto da Steve Lawson come la colonna sonora dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti, alla quale l’ascoltatore è invitato ad assegnare qualunque significato sia ritenuto adeguato. Musica da meditazione? Potrebbe anche esserlo, ma senza trascurare l’aspetto compositivo che ci dimostra come Steve nel corso di questi anni abbia affinato uno stile unico, caratterizzato dal totale asservimento della tecnologia di cui fa uso al suo estro creativo, tale da consentire alle sue emozioni di condurre il gioco. Può sembrarvi banale, ma spesso succede l’esatto contrario. Behind Every Word è, almeno per ora, il capolavoro di Steve Lawson, uno scrigno nel quale sono racchiusi impagabili tesori, tra i quali spicca (almeno secondo le emozioni che suscita in me) la stupenda Nobody Wins Unless Everybody Wins. Da notare che per la prima volta si segnalano due ospiti in altrettanti episodi dell’album, ossia BJ Cole con la sua pedal steel in Scott Peck e Julie McKee con la sua evocativa voce nella lunga ed eterea One Step. In conclusione, posso affermare che se dietro ogni parola c’è l’espressione di un mondo intero, è altrettanto vero che dietro ogni singola nota di questo album c’è molto più di una semplice parola. Continua così, Steve …

 

Blue Planet / Behind Every Word / This House Is A Happy Home / Jimmy James / Me, Myself And I / Scott Peck / FRHU / Nobody Wins Unless Everybody Wins / FolkSong / One Step / Deeper Still


CIPHER - ELEMENTAL FORCES Burning Shed bshed 0602



Giunti al terzo episodio della saga Cipher, risulta quasi impossibile trovare le parole adatte a commentare il lavoro del duo Travis-Sturt senza correre il rischio di ripetersi : eppure gli stimoli derivanti dall’ascolto di questo Elemental Forces non sono indotti da una semplice ripetizione di quanto espresso in No Ordinary Man e One Who Whispers, perché con questo album i due musicisti Inglesi sono andati ancora oltre. Oltre il lavoro degli stessi Cipher, ma anche oltre la Guerrilla Music, oltre gli Ambitronics : la magia cristallina del nuovo album di Cipher si proietta “oltre tutte le cose”, proprio come recita il titolo dell’opening track Beyond All Things; i layers prodotti dai due musicisti cullano l’ascoltatore aprendo nella sua mente prospettive inedite, oltre le quali è lecito immaginare qualunque cosa. Dove si fermerà la sperimentazione di Cipher? Echi dei loro recenti trascorsi emergono solo in Solid Earth e Spirit Of The Void, dove è possibile rintracciare indizi che riportano a pezzi come The Lodger. Quelle che all’inizio potevano sembrare solo delle installazioni dove la musica fungeva da commento sonoro a vecchie pellicole in bianco e nero hanno preso una dimensione propria, diventando prodotto audio finito; l’aiuto di occasionali ospiti nei primi due albums (Richard Barbieri, Steven Wilson, Daevid Allen) aveva aggiunto sapori particolari ad un menù comunque già definito. Ora, la collaborazione del percussionista Steve Hubback (che figura anche come co-autore di tutte le tracce) spinge la musica di Cipher in altre direzioni, arrivando a conferirle una dimensione mistica in Shiki dove i cimbali e i gongs dell’ospite inducono visioni di monaci tibetani e di vette inviolate avvolte da altissime nubi. Da qui il flauto di Theo si libra in volo (Into The Air) leggero come un aquilone, seguendo correnti discendenti formate da loops, hammer harps e fretless bass, prima di cedere il passo ad un sognante solo di sax a tratti quasi mormorato e quindi all’avvolgente loop conclusivo di flauto. La maestria di Cipher nel descrivere in suoni la “forza degli elementi” trova degna conclusione in The Sea Flows, dove il tappeto percussivo di Hubback evoca l’inarrestabile moto del mare, solcato da solitari viaggiatori quale il sax di Travis ed il basso di Sturt : quale sublime conclusione per un album emozionante e, forse, irripetibile. Realizzato con il contributo finanziario dell’Arts Council of England, Elemental Forces è reperibile via Burning Shed oppure attraverso il website di Theo Travis.

 

Beyond All Things / Solid Earth / Spirit Of The Void / Shiki / Into The Air / The Sea Flows



DISCIPLINE - LIVE 1995 Strung Out Records SOR6805



Ristampa di una VHS pubblicata nel 1995, questo DVD degli statunitensi Discipline costituisce un prodotto ideale per i fans del progressive rock nella sua vena visivamente più teatrale : chi ama i live set spogli e immersi nell’ombra, dove lo spettacolo è prerogativa esclusiva di un istrionico front-man, magari con make up (ricordiamo il noto Recital For The Script dei Marillion) troverà in questo Live 1995 quanto di più adatto a lui. Certo, rispetto alla band Britannica i Discipline si differenziano per l’elevata caratura tecnica che ci è stato possibile apprezzare già negli ottimi studio albums Push & Profit e Unfolded Like Staircase, e le due ore e mezza di live performances qui incluse ce lo dimostrano ampiamente. L’intenso set eseguito dalla formazione guidata dal cantante e polistrumentista Matthew Parmenter si snoda lungo articolate composizioni che, dalle morbide atmosfere dall’iniziale Diminished, ci conducono alla stupenda ballad conclusiva Homegrown passando per i saliscendi emozionali di Canto iv, gli intricati riffs di Blueprint e attraverso le spire avvolgenti di Carmilla, forse il pezzo più bello scritto dalla band. L’ampio spettro di stili affrontati dai Discipline viene rivelato in maniera più netta nell’ora abbondante di materiale extra proveniente da vari periodi nella storia della band, e che spazia dalle tentazioni psichedeliche di Interlude a Piddle-a-dink, interludio per due chitarre elettriche, svariando per gli influssi alla ELP di Piddle Diddle Iddle, le tentazioni pop di Still Night e Man In Transition (stemperate in quest’ultima con breaks melodici di buona fattura), lo sfacciato rock’n’roll di Faces Of The Petty ed il buon funky di Mickey Mouse Man. Eyeballs Story farà piangere I nostalgici del Peter Gabriel narratore, quello di storielle come Britannia e The Girl In The Green Trousers Suit, mentre Into The Dream (qui in una rara versione live) denota tutta l’abilità della band in fase di composizione, che assembla una lunga pièce-de-resistance che coniuga i VDGG di A Plague Of Lighthouse Keepers con i Genesis di Nursery Crime e Foxtrot, aggiungendovi più di un tocco personale. Sia la qualità audio che quella video si giovano della trasposizione in digitale, facendo di questa ristampa un oggetto decisamente desiderabile; il DVD è reperibile, come anche gli albums dei Discipline, attraverso Strung Out Records.

 

Live 1995 : Diminished / Canto iv (Limbo) / Carmilla / The Possession / Blueprint / The Nursery Year / Circuitry / When The Walls Are Down / Homegrown

DVD Extras : Interlude (1988) / Piddle-a-dink (1988) / Piddle Diddle Iddle (1988) / Man And The Locust part 1 (1992) / Still Night (1992) / Faces Of The Petty (1992) / Mickey Mouse Man (1992) / Man In Transition (1992) / When She Dreams She Dreams In Color – coda (1997) / Eyeballs Story (1997) / Into The Dream (1998)



TONY LEVIN BAND - Torino, Noise Club 3 Maggio 2006



Occasione da non perdere, quella presentatasi il 3 Maggio scorso al Noise (nuova denominazione e gestione del glorioso Barrumba, della serie “tutto è bene ciò che finisce bene”) dove ha fatto tappa la Tony Levin Band nel corso del suo Resonator Tour. Non è molto numeroso il pubblico accorso nel rinnovato locale dove finalmente è fatto divieto di fumare (e dove, particolare non trascurabile, ha fatto la sua comparsa al bancone del bar l’ottima London Pride), così intorno alle 22:00 in un’atmosfera decisamente tranquilla lo spettacolo può cominciare : Tony Levin ed il fratello Pete, Jesse Gress e Jerry Marotta si sistemano in semicerchio intorno ad un microfono e, mentre Larry Fast assiste divertito in disparte, intonano il divertissement vocale The Tony Levin Band Barber Shop, appositamente adattata da The King Crimson Barber Shop. Si comincia quindi a fare sul serio con Pieces Of The Sun, seguita da una serie di estratti dal nuovo album Resonator tra le quali spicca una nuova versione di Utopia corredata di parti vocali. Il line-up si conferma solido e ben affiatato, ed affronta con la massima scioltezza il variegato repertorio offerto al comunicativo pubblico della serata; il chitarrista Jesse Gress, ex collaboratore di Todd Rundgren, rivela un efficace stile che è un ideale connubio tra quelli di Rory Gallagher e di Adrian Belew, in grado di assecondare le varie sfaccettature del repertorio di Tony Levin. Nel set, diviso in due parti da un breve intervallo, oltre a pezzi eccellenti come Ooze, Apollo, Phobos e Crisis Of Faith (incredibile l'armonia vocale a 12 voci riprodotta dalla strumentazione di Larry Fast) trovano posto anche alcuni episodi rappresentativi della sua lunga e onorata carriera come collaboratore di lusso (Back In NYC, magnificamente cantata da Jerry Marotta) e come membro di altre bands (la zeppeliniana Black Dog dal repertorio di covers di Spin 1ne 2wo, e le riuscitissime Sleepless e Elephant Talk a tributo alla lunga militanza in King Crimson). I richiestissimi encores hanno visto l’esecuzione di On The Air, di Fragile As A Song e di una deliziosa versione vocale di Don’t Give Up, al termine della quale la band è uscita di scena lasciando il pubblico a scandire ancora a lungo il ritornello. Al termine dello spettacolo i cinque musicisti si sono a lungo soffermati con il pubblico, posando per numerosi scatti e firmando autografi nonostante li attendesse l’oneroso compito di smontare e riporre la strumentazione in vista della data successiva. Un incoraggiante inizio per il ramo italiano di questo tour ...


THE SOFT MACHINE LEGACY - San Giuliano Nuovo, Fraschettando Festival 6 Luglio 2006



Il telefono squilla mentre stiamo percorrendo in auto l’autostrada Torino-Piacenza all’altezza di Asti, accosto sulla corsia di emergenza e rispondo alla chiamata : “Ciao Luigi, sono Theo. Volevo dirti due cose : la prima è che qui sta piovendo, la seconda è che il concerto è all’aperto! Sarà utile che ti porti un ombrello …”. Fortunatamente nel baule dell’auto ci sono un paio di ombrelli, ringrazio Theo Travis per la cortesia e gli do l’arrivederci a più tardi. Quando, meno di un’ora dopo, raggiungiamo il piccolissimo centro in provincia di Alessandria, mi rendo immediatamente conto che la situazione non è allegra : il palco coperto allestito nella piazza del paesino è già pronto, ma l’intensa precipitazione piovosa sconsiglia nel modo più assoluto di dare corrente agli impianti audio e luci. Da parte dell’organizzazione trapela un certo ottimismo nella possibilità che il tempo si rimetta al bello, ma ben presto si ripiega sull’allestimento di un set acustico all’interno di un circolo attiguo; nel frattempo i quattro membri dei Soft Machine Legacy rimangono in albergo ad Alessandria. Quando l’allestimento indoor della strumentazione è ormai a buon punto, qualche autorità locale proibisce lo spettacolo al coperto per motivi di sicurezza, ma gli organizzatori non si perdono d’animo e allestiscono nuovamente il tutto nell’ampio cortile interno del circolo, dotato per fortuna di una robusta tettoia in legno. Purtroppo il fondo del cortile è un battuto polveroso, fattore che non influenza le brevi performances dei due giovani supporting acts, ma che più tardi creerà qualche problema al quartetto Britannico. Quando infatti i Soft Machine Legacy giungono sul posto, Theo Travis e John Etheridge si trovano a dover sistemare i loro effetti a pedale nello spesso strato di polvere, inconveniente che viene parzialmente superato con l’ausilio di numerosi sacchi di plastica stesi in terra per riparare le delicate attrezzature. Comprensibilmente trapelava un certo disagio da parte della formazione Canterburiana, che infine riesce a dare inizio al proprio set con Ash, un pezzo di Etheridge che instaura immediatamente la magia del jazz rock di derivazione canterburiana. Si prosegue con Seven For Lee, composizione dello scomparso Elton Dean, e 1212, un pezzo di Hopper che viene presentato da Etheridge in qualità di “capo dei capi”. La calda accoglienza del non numeroso pubblico sembra a questo punto aver rinfrancato i Soft Machine dopo le difficoltà ambientali iniziali, e la band prosegue il suo set in scioltezza. Tocca ad Hugh Hopper, a questo punto, presentare una ballad scritta da Etheridge dal titolo Strange Comforts, sulla quale il sax di Travis si libra con tutto il lirismo di cui è capace. Da un periodo più remoto della storia del gruppo viene tratta As If, un pezzo scritto da Mike Ratledge, alla quale segue una sperimentale pièce di Hopper, Kings And Queens, tra i cui ipnotici layers hanno buon gioco il flauto e gli ambitronics di Theo Travis. La morbida Two Down ospita al suo interno un bel solo di batteria da parte di John Marshall, sul quale in seguito si inserisce anche la chitarra di Etheridge. Il set (non molto lungo, circa un’ora e un quarto di durata) si chiude con Big Cheese, un altro pezzo di Etheridge, ma nonostante l’ora tarda c’è posto per almeno in ancore : si tratta del grande classico a firma Hugh Hopper che tutti si attendevano, ossia Facelift. Non sono molti gli spettatori rimasti fino alla fine, ma i presenti si possono godere il lusso di assistere ad una esecuzione superlativa di un pezzo che definire storico non è esagerato. Si è fatto tardi, i quattro musicisti Britannici il mattino seguente devono prendere il volo che li riporta in patria; giusto il tempo per due chiacchiere con il sempre disponibile Theo (soddisfatto della serata nonostante la non ottimale sistemazione del “palco”) e la compagnia si scioglie. Tutti coloro che desiderano apprezzare le raffinate atmosfere dei Soft Machine Legacy nella comodità del proprio ambiente domestico possono procurarsi il DVD The Paris Concert, registrato dalla formazione precedente comprendente Elton Dean ai fiati.


News from the World Central

- Una bella recensione del fondamentale Red dei King Crimson è reperibile sul sito della pregiata webzine Onda Rock al seguente link : http://www.ondarock.it/pietremiliari/red.html
- Il 23 Giugno scorso Theo Travis è stato ospite dei DGM Studio in Broad Chalke, Salisbury, per un giorno di sessions di registrazione dedicate al progetto di The Vicar intitolato Songbook Volume 1 previsto per la primavera del 2007. Theo ha contribuito con saxes, flauti e recorder in 5 tracce, sotto la supervisione di David Singleton. La giornata si è conclusa con una visita agli studi, nel corso della quale a Theo sono stati mostrati i nastri multitraccia originali di In The Court Of The Crimson King ed uno dei mellotron impiegati nelle registrazioni di quell'album. Raccontandoci brevemente di questa giornata, al termine del concerto dei Soft Machine Legacy in quel di San Giuliano Nuovo lo scorso 6 Luglio, Theo ha sventato un nostro inatteso tentativo di scoprire l'identità di The Vicar : Theo ne ha parlato come di una non meglio identificata "entità spirituale" ...
- Durante una session nella sua casa di Marbella con il musicista Tam White, un infarto ha stroncato la vita di Boz Burrell
 
 

News from the World

- Theo Travis sta componendo il materiale per il suo prossimo album, attualmente previsto per i primi mesi del 2007
-Steve Lawson e Theo Travis hanno registrato diverse date dei loro periodici gigs nei teatri del Southbank, con la possibilità di trarne un live album. I due musicisti londinesi non hanno però ancora deciso quando iniziare il lavoro di selezione ed editing 

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It Bites nuovamente insieme per registrare un nuovo album e per andare in tour. Il line-up è composto da John Beck alle tastiere, Bob Dalton al drum kit, Dick Nolan al basso, con l'addizione del chitarrista/cantante John Mitchell (già membro di Arena e Kino) che sostituisce l'indisponibile membro originale Francis Dunnery :  con la sua attuale sistemazione permanente negli Stati Uniti, un programma per le session di composizione e registrazione era impossibile da coordinare. Così i restanti membri della band hanno offerto il posto a John Mitchell, con cui John Beck e Bob Dalton hanno lavorato nella band Kino, nel cui live set hanno trovato spesso posto i classici Plastic Dreamer e Kiss Like Judas. John Mitchell ha inoltre fatto parte degli Arena per 10 anni, ed ha suonato dal vivo e in studio con John Wetton. La band ha già iniziato a scrivere il materiale per un nuovo album, le cui registrazioni inizieranno negli ultimi mesi dell'anno. Ci saranno alcuni live shows prima dell'uscita dell'album, quindi un tour accompagnerà la release prevista per il 2007. Un nuovo website è intanto funzionante online
- Stefano Panunzi sta lavorando al prossimo disco, affidandosi alla sezione ritmica composta da Giampaolo Rao alla batteria e Fabio Fraschini al basso (ambedue già in Timelines) e a nuove collaborazioni, tra le quali sono confermate quelle di Markus Reuter, Renée e Sunao Inami, mentre sono in predicato anche quelle di Richard Barbieri e Eraldo Bernocchi 
- Una ristampa in doppio vinile dell'album ambient di Theo Travis "Slow Life" verrà pubblicata alla fine dell'anno su etichetta Tonefloat, ed includerà delle outtakes ed un remix di 18 minuti ad opera di Bass Communion
- Il drummer canterburiano Pip Pyle è morto a Parigi nelle prime ore del 28 Agosto 2006. Pip è stato un membro fondatore di Hatfield And The North, nonchè componente di numerose altre bands. I suoi figli hanno voluto decorare la bara con stickers tipo quelli che adornavano i cases della sua batteria, ed allo scopo hanno chiesto ai fans in possesso di stickers di Hatfield and the North, National Health, Gong, Chicken Shack, L'Equipe Out, Soft Heap, Bash!, Musicians' Union e 'Keep Music Live' di fornirli per il funerale. Pip Pyle era dotato di uno spiccato sense of humour ed avrà sicuramente gradito l'idea che la gente potesse sorridere al suo funerale. Per leggere i messaggi di condoglianze si può consultare il guest book del web site www.pippyle.com.
 - Elemental (DiN25) è il nuovo album di Ian Boddy, uscito il 9 Ottobre su etichetta DiN
- Onda Rock ha il piacere di annunciare la nascita della sua nuova "creatura" Onda Jazz: http://www.ondarock.it/jazz/
La sezione, a cura di Mattia Paneroni, si propone di raccogliere informazioni su storia, musicisti e capitoli discografici meritevoli d'interesse in ambito jazz (dagli albori ai giorni nostri). La struttura dinamica ne permetterà il continuo aggiornamento. Onda Jazz conterrà schede, biografie, recensioni di pietre miliari, ma anche di album non riconosciuti come tali, commenti e quant'altro. Una sorta di vademecum virtuale per fornire un'idea di cosa sia il jazz, consultabile tanto dal neofita quanto dall'appassionato. La grafica rinnovata che troverete nella sezione, a cura di Edoardo M. Cappuccio, è un antipasto del restyling dell'intero sito Onda Rock, in programma nei prossimi mesi
- E' l'8 agosto la data di uscita del nuovo album dei Radiohead : l'annuncio arriva dal sito Amazon, che aprira' nei prossimi giorni la prevendita. La band e' attualmente al lavoro in studio per gli ultimi ritocchi al successore di Hail To The Thief, uscito nel 2003

 


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