Herschel

 

 

Il settecento evolse nella società in cui viviamo, ora giunta alle vette postmoderne. Questo vale anche per la scienza, la musica, l'astronomia che, a partire dal 1780 circa, formulò nuovi formidabili programmi. Uno di questi era la meccanica celeste, finalmente distinta dalla meccanica generale; un altro era l'esplorazione delle profondità cosmiche per mezzo di grandi telescopi. 

Quest'ultimo si deve soprattutto all'attività di un musicista inglese di origine tedesca, Friedrich Wilhelm (detto William) Herschel, convertito all'astronomia. Nato ad Hannover il 15 novembre 1738, egli non aveva posseduto alcuna nozione di astronomia fino ai trentacinque anni. Il reggimento del padre era stato trasferito dal continente al Kent, dove William diventò organista e con questo mestiere si guadagnava dignitosamente da vivere. 

Interessatesi dapprima alla matematica, cercò di procurarsi un buon telescopio ma, essendo troppo caro per la sua tasca, cominciò a costruirne di propri. Per otto anni condusse una doppia vita, suonando di giorno e costruendo specchi e montature di sera. Egli voleva dotarsi del massimo potere d'ingrandimento e della massima capacità di scorgere i dettagli deboli, e solo i telescopi riflettori, seguendo lo schema progettato da Newton, potevano essere costruiti in dimensioni tanto grandi da soddisfare questa sua esigenza. Un primo esemplare fu così dotato di un obbiettivo di 48 cm di diametro e 6,3 metri di lunghezza focale. 

L'ultimo avrebbe montato uno specchio di 122 cm, pesante da solo più di una tonnellata, e con una lunghezza focale di 12,2 metri. Erano senza dubbio i più potenti strumenti esistenti all'epoca.

Nel 1776 egli iniziò una sistematica esplorazione degli oggetti visibili al telescopio. Puntato su Marte, rivelò subito che il pianeta ha calotte polari di colore bianco e William interpretò correttamente il fenomeno spiegandolo con la presenza di ghiaccio. 

Pochi anni dopo, nel suo vagabondare tra le costellazioni, scorse un corpo celeste di dimensioni leggermente maggiori delle immagini stellari. Per di più, esso si muoveva come una cometa. Scrisse allora all'astronomo reale di Greenwich, Nevil Maskeline, il quale gli rispose che si sarebbe potuto trattare anche di un nuovo pianeta. Per saperlo occorreva calcolarne l'orbita, ma William aveva bisogno d'aiuto per fare questo, così rese pubbliche le misure di posizione. 

L'astronomo di Pietroburgo Anders Lexell (1740-1784) affrontò i calcoli e trovò che il nuovo corpo celeste orbitava a una distanza doppia di quella del più lontano pianeta fino allora conosciuto, Saturno. Era dunque un nuovo componente principale del Sistema Solare. Fu poi chiamato Urano. 

Più tardi ci si accorse che esso era stato osservato almeno diciassette volte tra il 1690 e il 1781 da astronomi anche di assoluto valore, ma nessuno aveva saputo distinguerlo dalle stelle di campo, non avendo avuto a disposizione un sufficiente potere risolutivo.

Da semplice dilettante, egli giunse di colpo alla fama. Nel dicembre dello stesso 1781, grazie alla scoperta che estendeva i confini del sistema modificando un ordine che risaliva alla preistoria, venne accolto in seno alla Royal Society, consesso degli scienziati inglesi. L'anno seguente venne accolto a corte e poco dopo Giorgio III gli fece costruire una residenza e un Osservatorio a Slough, nel Buckinghamshire. 

Qui egli scoperse sei satelliti di Urano, due satelliti di Saturno (1789), l'inclinazione dell'asse di Marte sul piano orbitale e, assieme alla devota sorella Caroline, numerose comete. 

Un vero e proprio metodo di esplorazione consistente nel contare le stelle che si presentano in diverse zone del cielo nel campo dell'oculare gli permise infine di tracciare un disegno dell'intero sistema stellare, la nostra Galassia, che risultò per la prima volta come un oggetto piatto.

Nel 1820 il programma poteva dirsi lanciato con successo e presto sarebbe stato seguito da un numero crescente di astronomi, ai quali si deve la "geografia" del moderno Universo.

 

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