R-Coronae Borealis

E' il prototipo di una classe di stelle variabili molto rare

La variabilità di R Coronae Borealis fu scoperta nel 1795, ad opera dell'astrofilo inglese Edward Pigott. La scoperta non fu facile, anche perché la stella non è tra le più brillanti della costellazione, cosa testimoniata dal fatto che non ha un suo nome proprio. Dopo l'accertamento della variabilità, le fu dato il nome di R Coronae Borealis, abbreviato in R CrB. Successivamente sono state scoperte altre stelle con le stesse caratteristiche, che vengono dette variabili del tipo R CrB.

Queste variabili sono molto rare: se ne contano a malapena una quarantina ed alcune sono ancora in "attesa" di una classificazione definitiva, nel senso che probabilmente non appartengono a questa classe, e vi sono state inserite solo temporaneamente.

Prima di parlare delle variabili R CrB in generale, presentiamo brevemente le caratteristiche particolari del loro prototipo.

La magnitudine al massimo di luce di R Coronae Borealis è circa +6, ossia è necessaria una notte senza Luna ed un occhio allenato per riuscire a trovarla tra le stelle più deboli della Corona Boreale, graziosa costellazione ben visibile accanto al più grande asterisma di Bootes.

In circa un mese poi, e del rutto senza preavviso, la luce di R CrB inizia a diminuire, fino a raggiungere valori tipici attorno alla magnitudine + 14, divenendo quindi invisibile anche per i piccoli te lescopi. La durata delle fasi di massimo e di minimo è estremamente variabile, anche se generalmente le fasi di minimo sono più brevi di quelle di massimo: ad esempio, gli 11 anni tra il 1923 ed il 1934 furono tutti di massimo, senza alcuna interruzione.

Invece, tra il 1959 ed il 1966 la stella rimase per la maggior parte del tempo a bassi valori di luminosità.

Proprio per questa loro impredicibilità, le variabili del tipo R CrB fanno parte della famiglia delle variabili irregolari.

C'è comunque un elemento fondamentale che contraddistingue la curva di luce delle R CrB: mentre alle fasi di massimo è praticamente costante, al minimo presenta notevoli irregolarità, come se qualcosa di disomogeneo ed oscuro si ponesse di tanto in tanto tra l'osservatore e la stella! Gli spettri delle stelle R CrB sono in genere di tipo F, corrispondente ad un colore giallastro della loro luce. Inoltre, dalla misura della larghezza delle righe spettrali (che in generale risultano tanto più sottili quanto più l'atmosfera stellare è rarefatta) si è appurato che le R CrB sono stelle giganti, con raggi dalle 30 alle 40 volte quello solare, ma con massa circa uguale a quella del Sole.

Anche un elemento indiretto si è aggiunto a confermare che le stelle R CrB sono giganti: è il fatto che 5 di esse si trovano nella Grande Nube di Magellano, una piccola galassia irregolare satellite della Via Lattea, E' evidente che le sue stelle si trovano praticamente tutte alla stessa distanza dal Sole, e poiché la distanza della Grande Nube è nota, dalla magnitudine apparente risulta che le R CrB hanno una magnitudine assoluta di -4/-5, sono cioè circa 10 mila volte più luminose del Sole!

Facendo i calcoli esatti, si trovano confermati i valori dei raggi ottenuti per via spettrale. Dalle grandi luminosità ottenute, risulta che la debole R CrB si trova a più di 3200 anni luce da noi.

Cosa sono le R CrB?

Poiché le variabili R CrB sono molto luminose, la loro estrema rarità non dipende da effetti di selezione osservativa; ovvero, di R CrB se ne vedono pochissime perché sono veramente poche. Ma un basso numero di oggetti in astronomia in genere significa una cosa ben precisa: tempi di vita estremamente brevi. La fase di variabile R CrB deve quindi durare poco, ed inoltre deve produrre le variazioni di luce che abbiamo descritto. Un modello totalmente soddisfacente non esiste, anche se viene ritenuta plausibile una spiegazione a "nubi di carbone": le stelle R CrB sarebbero stelle che si trovano in una fase molto avanzata della loro vita, quando sia l'idrogeno che l'elio nel centro sono già stati bruciati. In uno "sbuffo" finale, della durata di appena qualche migliaio di anni, la stella brucerebbe, con un gran rimescolamento della sua atmosfera, un po' dell'idrogeno residuo, trasformandolo in carbonio e rilasciandolo nello spazio. Questo, giunto sufficientemente lontano dalla stella, si condenserebbe in vere e proprie nubi di '"nerofumo", che oscurerebbero casualmente varie parti della stella, producendo le caratteristiche, impredicibili, curve di luce. Ma l'estrema rarità di queste stelle rende ancora difficile una risposta definitiva circa la loro reale natura.

 

 

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