Il cannocchiale e l'obiettivo acromatico
Il primo strumento degli astronomi soffre di un male congenito ma si può guarirlo
Il cannocchiale astronomico nella sua forma più semplice e costituito da una lente convergente, detta obiettivo, posta all'estremità di un tubo e da un altra lente, pure convergente, di solito molto più piccola, posta coassialmente all'obiettivo all'altra estremità del tubo; a questa seconda lente si pone l'occhio e perciò viene detta oculare.
I raggi luminosi provenienti da un punto lontanissimo (all'infinito, come si dice nel linguaggio dell'ottica) verso il quale il cannocchiale è puntato arrivano all'obiettivo paralleli tra loro e vengono concentrati in un punto dell'asse ottico detto fuoco.
Una stella, otticamente parlando, è un punto luminoso all'infinito: Un obiettivo forma quindi nel suo fuoco un punto luminoso che si dice immagine reale della stella.
Per una corretta visione, l'oculare deve essere disposto col suo fuoco anteriore coincidente col fuoco dell'obiettivo e cioè con l'immagine della stella: in tal modo consente di guardare tale immagine come se fosse un punto all'infinito, esattamente come quando si guarda una stella ad occhio nudo: solo che la stella appare molto più luminosa, tanto più luminosa quanto maggiore è il diametro dell'obiettivo.
La prima funzione del cannocchiale è quella di mostrarci stelle invisibili a occhio nudo.
Supponiamo ora di osservare una coppia di stelle apparentemente vicinissime tra loro. L'obiettivo dà sul piano focale (piano passante per il fuoco e perpendicolare all'asse ottico) un'immagine rovesciata della coppia e l'oculare ci offre una visione ingrandita di quest'immagine reale.
Si dice ingrandimento di un cannocchiale il rapporto tra l'angolo sotto cui le due stelle appaiono viste col cannocchiale e l'angolo che le separa se guardate ad occhio nudo (ammesso che si possano distinguere). L'ingrandimento G è dato dal rapporto fra la lunghezza focale dell'obiettivo e quella dell'oculare: G =fob/foc. L'ingrandimento delle immagini è la seconda funzione del cannocchiale.
Aberrazione cromatica
In realtà l'obiettivo di un buon cannocchiale non è mai una lente semplice perché con questa si otterrebbero immagini difettose. La principale causa dei difetti, per uno strumento destinato all'osservazione visuale, consiste nel fatto che le stelle anziché punti luminosi appaiono come dischetti iridati. Ciò perché una lente devia in misura diversa la luce di colore diverso.
Si sa che il colore dipende dalla lunghezza d'onda della luce: quella di lunghezza d'onda minore (4 decimillesimi di millimetro) appare violetta, quella di lunghezza d'onda maggiore (8 decimillesimi) appare rossa; al crescere della lunghezza d'onda, dal violetto si passa al rosso attraverso i vari colori dell'iride (indaco, azzurro, verde, giallo, arancio) che caratterizzano lo spettro della luce bianca. Una lente semplice devia i raggi luminosi tanto più fortemente quanto minore ne è la lunghezza d'onda: la deviazione è quindi massima per la luce violetta e minima per quella rossa; ne segue che i raggi violetti vengono concentrati in un fuoco più vicino alla lente, quelli rossi in un fuoco più lontano e gli altri colori in fuochi intermedi.
Una stella appare quindi come un dischetto che mostra in cerchi concentrici i colori dell'iride.
Questo fenomeno è detto aberrazione cromatica.
Questa aberrazione, come le altre, non è causata da imperfezioni di fabbricazione: essendo connaturate al funzionamento delle lenti, le aberrazioni sono presenti anche in lenti di curvatura idealmente perfetta.
Il doppietto acromatico
Per rimediare all'inconveniente si usa al posto di una lente semplice un obiettivo costituito da due lenti accoppiate: una convergente di vetro leggero detto crown, l'altra divergente di vetro pesante detto flint. Scegliendo opportunamente le curvature delle quattro superfici (sempre sferiche) si riesce non ad eliminare ma a ridurre l'aberrazione cromatica a valori accettabili. Un obiettivo siffatto si chiama doppietto acromatico visuale. La precisazione "visuale" indica che il doppietto è progettato in modo che la piccola aberrazione cromatica residua sia minima per il verde-giallo, colori per i quali l'occhio ha la massima sensibilità.
Per uso fotografico astronomico esistono doppietti che hanno la minima aberrazione residua nel violetto e si chiamano doppietti astro grafici.
L'eliminazione completa dell'aberrazione cromatica si ha però solo utilizzando come obiettivo uno specchio anziché un sistema di lenti.
Nel doppietto acromatico restano altre aberrazioni: l'astigmatismo, la curvatura di campo e la distorsione, le quali però si presentano solo nelle immagini molto fuori asse e non hanno importanza nel cannocchiale astronomico (in un binocolo, che ha grande campo, invece si!).
Possono essere molto nocive in un telescopio fotografico: per questo gli obiettivi per fotografie a grande campo sono costituiti da tre o più lenti.
Anche l'oculare dev'essere opportunamente corretto dalle aberrazioni: anche un buon oculare è quindi costituito da due o più lenti. Però è l'obiettivo che fissa la classe di un cannocchiale, sia per il diametro, che stabilisce l'ingrandimento massimo utile e la magnitudine più debole raggiungibile, sia per la sua focale, che stabilisce le dimensioni dello strumento.