Come lavorare uno specchio
Un'impresa che da grande soddisfazione e tutto sommato non difficilissima
La differenza dell'obiettivo di un rifrattore, la costruzione dello specchio di un telescopio di tipo Newton può venire intrapresa anche da un dilettante con buone possibilità di successo.
Le doti che si richiedono sono: costanza, pazienza, pulizia e accuratezza.
L'unico punto del lavoro che necessita di abilità è la parabolizzazione, ma questa fase si può tralasciare se si sceglie un diametro non eccedente i 15-16 cm ed un rapporto di apertura di almeno f/9. Una scelta del diametro sui 15 cm ci viene consigliata da una breve riflessione.
Gli specchi fino a 10-12 cm di diametro hanno un prezzo molto contenuto (perché sono sferici e lavorati commercialmente); dall'altra parte, non è consigliabile tentare subito la costruzione di un diametro oltre i 20 cm, perché le difficoltà e i costi crescono velocemente con le dimensioni.
Come primo tentativo, quindi, il neofita dovrebbe orientarsi su un diametro compreso fra i 15 e i 20 cm.
Noi pensiamo che per la prima lavorazione 15 cm rappresenti, in assoluto, il valore più consigliabile: specchi più grandi si possono levigare in seguito dopo la fondamentale esperienza acquisita con il 15 cm. Uno specchio fino ai 17-18 cm, inoltre, non richiede vetro speciale e non si deforma anche se sostenuto in soli tre punti.
Attrezzatura e materiale
Per la lavorazione di uno specchio, occorre disporre di un locale adatto, asciutto e con un lavello, nonché di un "banco di lavoro" piccolo e rotondo, alto circa 90 cm e appesantito alla base per evitare che ondeggi durante il lavoro di levigatura.
Con un diametro di 15 cm come materiale basta il vetro comune, del tipo fornito in lastre spesse circa 2 cm. Uno dei due dischi necessari, l'utensile, viene fissato al banco di lavoro, l'altro, quello che diventerà lo specchio del telescopio, viene fatto sfregare sopra con movimenti regolari di "va e vieni".
Tra i due dischi di vetro viene posto dell'abrasivo che, asportando ad ogni sfregamento piccole particelle di vetro, fa assumere "naturalmente" una forma concava allo specchio superiore e convessa a quello inferiore.
La sbozzatura
La prima fase della lavorazione prende il nome di sbozzatura e serve a dare alla superficie una forma molto vicina a quella sferica; consiste nello scavare lo specchio con un abrasivo a grana grossa, come il carborundum n. 80, del quale basta depositare un cucchiaino da tè con alcune gocce d'acqua sull'utensile. Ma prima di iniziare questa fase conviene molare i bordi dei dischi con un panetto di abrasivo per evitare che, durante la lavorazione, dei bordi taglienti si stacchino e finiscano insieme all'abrasivo tra i due dischi, provocando brutte rigature.
Si inizia con movimenti di va e vieni dello specchio, o meglio, del disco che dovrà diventarlo, sull'utensile, in modo che la corsa sia di 2/3 del diametro e quindi 1/3 da una parte e 1/3 dall'altra; per esempio con uno specchio di 15 cm si hanno 10 cm di corsa e 5 di sporgenza. Ogni volta che si eseguono questi movimenti si deve ruotare intorno all'utensile (due volte al minuto) e dare allo specchio un piccolo spostamento angolare. Queste due rotazioni, che devono continuare anche durante le lavorazioni successive, hanno lo scopo di distribuire uniformemente il lavoro di levigazione, dando forma ad una superficie di rivoluzione.
Per uno specchio di 15 cm a f/9 il lavoro di sgrossatura dura circa un paio d'ore, durante le quali il carborundum deve essere cambiato diverse volte: ogni volta che la poltiglia cui da luogo con la polvere di vetro non "morde" più lo specchio.
Alla fine di questa lavorazione, prima di passare alle fasi successive, conviene misurare la concavità raggiunta.
La misura della concavità
Questa, chiamata freccia, è data dalla formula r2/2R, dove r è il raggio del disco e R è il raggio della curvatura della superficie.
Nel caso di uno specchio di 15 cm di diametro a f/9 (raggio di curvatura = 270 cm; il doppio della focale) la freccia è uguale a: 7,52/2x270 = 0,104 cm.
Per misurare questa piccola quantità lo strumento più adatto è lo sferometro, un piccolo "treppiede", con i piedi ai vertici di un triangolo equilatero, che sostiene una vite centrale, con passo molto fine, alla quale è collegata una graduazione.
Lo sferometro, che è costruibile anche artigianalmente, consente di leggere con facilità intervalli di 1/100 di millimetro. In mancanza di uno sferometro, la misura della profondità si può rilevare ponendo sopra lo specchio una barra rigida e sopra di questa si appoggia un buon calibro. La freccia si misura con l'astina posteriore, mentre il calibro è posato (con la pane posteriore) sulla barra. La conoscenza esatta della freccia, e quindi della lunghezza focale, non è comunque determinante, perché se anziché di m 1,35 lo specchio esce con una focale di m 1,3 o m 1,4, le prestazioni rimangono praticamente inalterate; bisognerà solo modificare un po' la lunghezza del tubo destinato ad ospitare le ottiche.
A differenza di un obiettivo rifrattore, infatti, la superficie dello specchio del newtoniano non deve combinare con altre superfici, ma forma l'immagine da sola. Comunque, è bene ricordare, se si desidera apportare delle correzioni in questo senso, che una profondità maggiore si ottiene continuando la sgrossatura, una minore invertendo lo specchio con l'utensile.
Le fasi successive della lavorazione prevedono l'impiego di abrasivi via via più fini; dopo l'80 il 120, quindi il 240, 320, 400 e 600.
Sia gli abrasivi che i dischi di vetro si acquistano presso gli stessi costruttori di materiale ottico oppure ci si può rivolgere direttamente alle ditte che li producono, i cui indirizzi sono presenti negli elenchi telefonici o noti alla più vicina associazione di astrofili.
Gli abrasivi più fini, il cui impiego prende il nome di smerigliatura, hanno lo scopo di rendere la superficie più liscia, asportando la granulazione residua allo scopo di preparare una superficie per la levigatura. Ogni abrasivo dev'essere utilizzato per almeno 20 minuti prima di passare al successivo. Saltare un passaggio non conviene assolutamente, perché il tempo così risparmiato lo si pagherebbe salato con quello molto più lungo che richiederebbe la lavorazione con l'abrasivo più fine. È molto importante, passando da un abrasivo al successivo, lavare bene i dischi in modo che tra di essi non rimanga neppure un granello dell'abrasivo precedente, che provocherebbe delle rigature, con l'obbligo di ripetere il lavoro.
Se, per un qualsiasi motivo, si dovesse interrompere la lavorazione, non si lascino i due dischi a contatto con l'abrasivo in mezzo: si cementerebbero e il loro distacco avverrebbe solo in seguito a forti colpi. Si tolga, invece, l'abrasivo e, fra i dischi, si frapponga un foglio di carta.
Si prosegue con la levigatura, che ha il compito di rendere ancora più liscia la superficie di quello che sarà lo specchio.
Per questa lavorazione, che non è altro che il proseguimento della smerigliatura, si utilizzerà un materiale più morbido del carborundum, che spiana le irregolarità provocate dagli abrasivi precedenti.
La lucidatura
L'ultima fase, la lucidatura, è la più lunga. Molti astrofili autocostruttori alle prime armi, arrivati a questo punto, ritengono d'aver quasi terminato il lavoro; non sanno che il più deve ancora arrivare. Per la lucidatura occorre, innanzitutto, preparare l'apposito utensile. Forse il metodo più semplice consiste nell'usare delle tavolette di pece di 2 o 3 cm di lato e di non più di 1 cm di altezza da fissare sopra l'utensile, dopo averle riscaldate e aver interposto una vernice per farvele aderire. Esse non devono toccarsi; inoltre, il centro dell'utensile non deve corrispondere nè ad uno spazio vuoto, cioè ad un "canale" tra una tavoletta e un'altra nè, preferibilmente, al centro di una tavoletta di pece.
Dopo un abbondante lavaggio con acqua e una compressione della pece, ottenuta con un peso di circa 5 kg per diverse ore, si pennella sulla pece l'ossido per lucidatura (ossidi di cerio e di cesio, per i quali si prepara una sospensione in acqua nelle proporzioni di un cucchiaio per bicchiere) e si inizia l'operazione con gli stessi movimenti indicati nella parte precedente.
L'intenso lavoro richiede circa 8-10 ore, durante le quali è necessario di tanto in tanto (quando si nota un'aumentata aderenza delle superfici) aggiungere altro ossido, possibilmente senza fermare del tutto i movimenti. Affinchè la pece non sia ne troppo morbida ne troppo dura, la temperatura del locale dovrebbe essere compresa fra i 15 e i 19 gradi.
Alla fine della lucidatura si ottiene, o si dovrebbe ottenere, uno specchio sferico.
Come sappiamo, questa forma non fornisce immagini perfette di oggetti posti all'infinito, ma se il rapporto d'apertura e il diametro sono sufficientemente contenuti, l'aberrazione sferica risultante non altera in modo sensibile la figura di diffrazione.
Per un diametro di 15 cm ciò avviene quando la focale raggiunge 126 cm, un valore molto vicino a f/8. Questo significa che uno specchio sferico di 15 cm di diametro a f/9 funziona altrettanto bene di un parabolico. Se, quindi, non ci si sente in grado di intraprendere il difficile lavoro di parabolizzazione, si può lasciare lo specchio sferico, senza timore di perdere molto in qualità.
La parabolizzazione
Se, al contrario, lo specchio ha un diametro maggiore o un rapporto d'apertura più spinto, come f/7 o f/5, allora è indispensabile procedere alla parabolizzazione, che non è un'operazione semplice. Si raggiunge con movimenti a zig-zag vicino ai bordi per circa una decina di minuti, se gli spostamenti avvengono alla velocità di uno al secondo. Cioè, rispetto alle lavorazioni precedenti, oltre al movimento di va e vieni, si deve fare contemporaneamente anche uno spostamento in senso perpendicolare in modo di ottenere un moto a zig-zag, e inoltre si allunga la corsa da 2/3 a 4/5 il diametro dello specchio. Tra lo specchio e l'utensile si frappone il materiale per la lucidatura.
Parabolizzare uno specchio sferico significa scavare di più al centro.
Se lo specchio risulta più lucido ai bordi vi si rimedia allungando le passate; viceversa nel caso che risulti maggiormente lucidato al centro. Normalmente queste correzioni sono sufficienti; in caso contrario bisogna prendere misure più drastiche. Si ritaglia via la pece dai bordi nel primo caso e dal centro nel secondo. Alla parte di pece lasciata o tagliata via si da la forma di una stella.
Dopo la lucidatura lo specchio dovrebbe essere terminato; se la lavorazione è stata accurata o meno lo si potrà controllare tramite i vari test esistenti per saggiare le qualità delle ottiche astronomiche come quelli noti sotto il nome di reticolo di Ronchi o lama di Foucault.
È difficile che un dilettante al primo tentativo lavori perfettamente uno specchio, sia pure sferico, ma con molta pazienza e un susseguirsi di ritocchi, la cosa diventa possibile.
A questo punto il nostro specchio può essere ricoperto da uno strato sottilissimo di alluminio, operazione che bisogna fare effettuare presso un laboratorio ottico che possieda una campana sotto vuoto.
Lo specchietto secondario piano è più conveniente acquistarlo che costruirlo, dato il suo basso costo.
Francamente, sotto il profilo puramente economico, neppure la costruzione del primario è vantaggiosa, ma esso può costituire un interessante passatempo, oltre che un modo sicuro per acquisire pratica nella lavorazione di parti ottiche.