VINCENZO CALACE


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Nativo di Trani (24-11-1895), il Calace ancora ragazzo si trasferì a Bisceglie con la famiglia. Allo scoppio della guerra mondiale, fu al fronte come ufficiale di artiglieria: tornato dal fronte, si laureava in ingegneria e insegnò matematica nel Ginnasio locale. Poco dopo il giovane, ardente mazziniano e seguace di Salvemini, si trasferisce per lavoro a Milano, dove diventa, con Salvemini, Parri, E. Rossi, Bauer e Pertini, tra i membri più attivi del movimento antifascista Giustizia e Libertà che si proponeva, tra l'altro, l'eliminazione fisica di Mussolini e degli altri capi dei Regime. Nel 1930, per delazione di una spia, viene arrestato con altri e al cosiddetto processo degli intellettuali Calace è degradato e condannato a 10 anni di carcere, tra il plauso dei fascisti biscegliesi per la condanna di un "degenere figlio di Puglia". Tappe del suo calvario sono Imperia, Pallanza, Lucca, Roma. Si aggiunsero altri patimenti: la morte della moglie, una malattia agli occhi che gli menoma la vista, il confino a Ponza e Ventotenne, dove contrae una malattia polmonare da cui non guarirà più. Caduto il Regime, Calace può tornare a Bisceglie e qui organizza con Pàstina, Papalia, Fiore, Cifarelli e altri il Partito d'Azione, d'ispirazione mazziniana. Dopo l'8 settembre 1943 l'"uomo di ferro ", come membro del CLN, sostiene a Bari, contro l'opinione dello stesso Togliatti, l'opposizione a qualsiasi compromesso col Governo Badoglio, ma non è ascoltato. Quindi si rifiuta di entrare nel Governo Parri e rivolge le cure al Sud, dove appresta nuovi strumenti economici, come l'Ente Irrigazione. Entra poi nella Cassa del Mezzogiorno, dove fu funzionario . Ma i tredici anni trascorsi tra carcere e confino gli hanno ormai minato il fisico, invecchiandolo precocemente. Dal 1957 entra in clinica a Roma e poi a Molfetta, e qui muore l' 11 novembre 1965, tra il compianto dei compagni di fede sparsi in tutta l'Italia. Mentre la figura del martire era rievocata al Congresso del PSI e il Governo si univa al lutto dei famigliari, il Comune di Bisceglie negava alla salma il lutto cittadino, aderendo solo alla commemorazione che si tenne poco dopo nel cinema Garibaldi. Calace impersonò, più che l'uomo politico, l'idealista puro e intransigente, assetato di giustizia e fedele agli interessi del popolo. Documento di questo programma di vita restano le sue Lettere dal carcere, inedite. "Bada - scrisse un giorno al nipotino Felice - oltre che bravo, tu devi essere buono. La bontà vale assai più della bravura. Fa' pure i tuoi compiti! è ottima cosa, ma ricordati che io preferisco che tu sbagli una divisione piuttosto che sapere che hai fatto versare una lacrima di pena alla tua mamma, o al tuo babbo, o alla sorellina o a qualunque altra creatura di Dio... Con ciò non voglio affatto dire che devi farti menare per il naso dai cattivi. E' anzi atto di suprema bontà dire e dare ai cattivi quel che si meritano". Precetti sublimi, nel dilagante amoralismo e opportunismo dei tempi. Nel 1965 i socialisti locali intitolavano a Calace la Sezione del PSI.