Mistero
Bin Laden e l'esplosione prima del crollo delle torri
di Tom Bosco - Nexus
magazine
Mentre
scrivo queste righe, i media internazionali si stanno scatenando
contro l’ultimo proclama in video dello “Sceicco del Terrore”,
e quelli nostrani attribuiscono la qualifica di “minacce
all’Italia” alcune delle dichiarazioni in esso contenute. La mia
impressione è che, una volta di più, si voglia mettere in bocca a
Osama Bin Laden delle affermazioni che lui non ha fatto. Come la sua
ammissione di essere il mandante degli attentati su New York e
Washington, che tutti i media gli hanno attribuito quando venne
divulgato il suo primo proclama televisivo: io questa ammissione non
l’ho proprio sentita, e voi? In compenso, ho scoperto che qualcuno
ritiene addirittura che il (i) video in questione sia(no) una
montatura, realizzata in digitale con tecnologie “morphing” o
addirittura (è la tesi prevalente) tramite una controfigura.1
In effetti è un po’ strano vedere un fondamentalista islamico
indossare un giubbotto dell’esercito USA, e tenere il microfono
con la mano destra, quando l’FBI nella sua segnalazione sottolinea
che è mancino. Ancor più strano risulta il confronto tra le
dichiarazioni che gli si ascrivono e quelle da lui rilasciate in
un’intervista, pubblicata il 28 settembre 2001 dal giornale
pakistano di stanza a Karachi, lo Ummat,2
in cui alla domanda “Lei è stato accusato del coinvolgimento
negli attacchi a New York e Washington. Cos’ha da dire al
riguardo?”, Osama Bin Laden risponde: “Ho già detto di non
avere a che fare con gli attacchi a New York e Washington. Come
musulmano, faccio del mio meglio per astenermi dal dire una
menzogna. Non so nulla di questi attacchi, né considero
l’uccisione di donne, bambini ed altri esseri umani innocenti un
atto apprezzabile. L’Islam proibisce decisamente di far male a
donne, bambini ed altri esseri umani innocenti. Un atto del genere
è proibito persino nel corso di una battaglia.”
Dunque,
partendo dal presupposto che quanto sopra sia ricavato da
un’intervista autentica a Osama Bin Laden, che conclusioni
dovremmo trarne?
Ma
passiamo ad altro. Avrete sentito delle proteste dei vigili del
fuoco newyorchesi i quali, pur lavorando come volontari a “ground
zero” nell’opera di scavo e recupero dei corpi ancora sepolti,
molti dei quali appartenenti ai loro compagni, sono stati esautorati
per motivi non del tutto chiari. Inizialmente non avevo fatto caso a
questa notizia, ma poi mi è venuto il sospetto che forse li si
vuole tenere il più lontano possibile da qualcosa che non devono
assolutamente vedere. Cosa mi ha portato a pensare una cosa del
genere? Be’, osservate la foto 1:
![](images/newy1.jpg)
dovrebbe
essere una ripresa satellitare di un palazzo adiacente alle Twin
Towers, poi crollato in seguito agli eventi dell’11 settembre.
Ora, osservate la foto 2:
![](images/newy5.jpg)
nella
ripresa della CNN, si notano perfettamente sulla destra entrambe le
torri ancora in piedi, eppure sulla sinistra si distingue
chiaramente un “fungo” di fumo bianco, come un crollo o
un’esplosione, che corrisponde al punto in cui si trovava il
palazzo in questione, cui evidentemente è successo qualcosa prima
del crollo che ha coinvolto il WTC. Cosa è successo? Nella foto 3
![](images/newy4.jpg)
si
può osservare il punto di ripresa della telecamera della CNN, nelle
foto 4 e 5
![](images/newy2.jpg)
![](images/newy3.jpg)
si
vede quanto resta di quel palazzo, che ha tutta l’aria di essere
stato sventrato da un’esplosione (non sono certo un esperto, ma
questa è l’impressione che ne ricavo). Non trovate anche voi che,
assumendo che l’edificio sia stato davvero interessato da un
crollo o un’esplosione prima delle Twin Towers, questo
fatto sia estremamente strano? Se la versione degli eventi è come
ci è stata presentata in queste settimane, cosa diavolo può essere
accaduto laggiù?
Voglio
aggiungere che in Internet continua a divampare la diatriba tra
coloro che ritengono del tutto normale il crollo delle torri colpite
e altri che invece lo ritengono impossibile senza l’aiuto di
cariche esplosive da demolizione, piazzate nei punti chiave degli
edifici. Anche in questo caso, se inizialmente trovavo improbabili
le tesi dei “dietrologi” di turno, anche perché le spiegazioni
degli esperti mi sembravano ragionevoli (vedere www.rense.com), ora
qualche dubbio comincia a venirmi, dopo aver letto l’irriverente
analisi di J. McMichael3
che punta il dito su svariate questioni, prima fra tutte la
temperatura necessaria a fondere le strutture in acciaio e rivetti,
che non avrebbe mai potuto essere conseguita tramite la combustione
del carburante contenuto nei serbatoi degli aerei. Torneremo sulla
faccenda con il maggior numero di dati possibile, sia per una tesi
che per l’altra, dopodiché deciderete voi che cosa pensarne.
Nel
frattempo, state tranquilli! Non preoccupatevi delle testate
nucleari pakistane che potrebbero finire in mani pro-talebani,
perché sembra che una unità delle forze speciali statunitensi si
stia addestrando per un’incursione in Pakistan, volta ad
impossessarsene nel caso che il generale Musharraf dovesse perdere
il potere...4
con sommo piacere di India e Israele (sono le uniche testate
“islamiche” esistenti al mondo, almeno per il momento...).
1.
Carol A. Valentine, http://www.public-action.com/
2. http://www.public-action.com/911/oblintrv.html
3. http://www.public-action.com/911/mcmichael.html
4.
http://www.rense.com/general15/usprep
Quando
la famiglia Bin Laden faceva affari con la famiglia Bush
di Giancarlo Radice -
Corriere della Sera
dal sito http://www.dagospia.com/
In spagnolo, la seconda lingua del Texas, si dice «arbusto».
In inglese si traduce «bush». Ed è proprio formando la
compagnia petrolifera Arbusto Energy che il giovane George
W. Bush, attuale presidente degli Stati Uniti, fa il suo
debutto ufficiale nel mondo degli affari. E’ il 1978. Sono passati
tre anni da quando ha terminato gli studi alla Harvard Business
School. Fra i compagni d’avventura imprenditoriale c’è
anche James Bath, suo vicino di casa, compagno di Air
National Guard e amico intimo. Ma soprattutto Bath è un
collaboratore di lungo corso della Cia e uomo di fiducia in
America della famiglia reale saudita. Nella Arbusto Energy,
non a caso, investono direttamente due fedelissimi della corona di
Riad. I loro nomi: lo sceicco Salem Bin Laden,
fratellastro di quell’Osama Bin Laden che sarebbe
diventato più tardi il principe nero del terrorismo islamico, e Khaled
Bin Mahfuz, uomo chiave dello scandalo Bcci e oggi
ritenuto uno degli alleati chiave di Osama.
Ma quella fra i Bush
e i Bin Laden è una saga che in realtà comincia a prendere
forma molto prima. In Texas lo sceicco Muhammad Bin Laden,
il patriarca, inizia a fare affari fin dai ’60. E nel 1968 muore
in un misterioso incidente aereo. Poi il testimone passa al figlio Salem.
Arriva in Texas nel 1973, costituisce ad Austin la compagnia aerea Bin
Laden Aviation ed entra presto nei circoli che contano,
fra alta finanza e politica locale. L’obiettivo è di stringere i
legami necessari per arrivare a influenzare la politica Usa a favore
degli interessi sauditi. La chiave d’accesso è George Bush,
padre dell’attuale presidente, uomo collegato alla Cia fin
dai tempi della Baia dei Porci nel ’61, poi nominato a capo
della Cia nel ’76, salito alla Casa Bianca nell’81 come
vice di Ronald Reagan e infine, presidente degli Stati Uniti
dall’88 al ’92.
Così, fin dai
primi anni ’70, le storie e gli interessi delle due famiglie
s’intrecciano a più riprese. Non solo negli affari comuni in
campo petrolifero e finanziario, ma soprattutto nelle vicende che
hanno scandito la politica Usa e internazionale. Un esempio su
tutti: l’ affaire Bcci, il più grande scandalo
criminal-finanziario del secolo, un magma di connivenze che è
servito a coprire le operazioni in Iran e nell’Iraq di Saddam
Hussein, nel Nicaragua diviso fra Sandinisti e Contras come
nell’Afghanistan dei mujaheddin. Ed è servito ad
alimentare il riciclaggio di uno spaventoso flusso di denaro
proveniente da traffico di droga e armi.
Un ruolo
fondamentale nella liaison Bush-Bin Laden lo svolge
proprio James Bath. All’epoca della Arbusto i suoi
affari gravitano attorno a una serie di piccole compagnie aeree
(ottime clienti della Air America, che si scopre poi essere una
società di copertura della Cia). Ma Bath è anche
molto altro: informatore della Cia, intermediario nella Bcci,
uomo di fiducia in America di Bin Laden, Mahfuz e, in
definitiva, della Corona saudita. E’ lui uno dei grandi
finanziatori di quella Arbusto che più tardi, nell’82, George
W. Bush trasforma in Bush Exploration Oil,
poi fonde con altre compagnie e infine trasforma in Harken Energy,
in una continua girandola di nuovi finanziamenti provenienti da
paesi arabi come da personaggi del giro Bcci o fedelissimi di
casa Bush come James Baker (ex segretario di
Stato Usa).
A George W. Bush
le attività industriali fruttano molto denaro, ruoli di primo piano
nei consigli d’amministrazione e ricchi contratti di consulenza,
anche se le attività, in realtà, vanno malissimo (per due volte la
società arriva alle soglie del fallimento, ma viene sempre salvata
dal consueto circolo di finanziatori). E fioccano le super-commesse.
Come quella dell’89, quando il governo del Bahrein straccia
improvvisamente un contratto con la Amoco e incarica la Harken
di un mega-progetto di estrazione petrolifera off shore , ben
sapendo che la Harken fino a quel momento non ha realizzato
altro che qualche piccola estrazione di greggio di Oklahoma e
Louisiana (mai in mare) e si trova in condizioni finanziarie
disperate.
Solo un anno prima,
nell’88, muore Salem Bin Laden. Anche lui in Texas.
Anche lui precipitando in aereo in circostanze misteriose. Ma le
«strade parallele» fra i Bush, Bath e le famiglie
saudite non si fermano. Attraversano buona parte degli anni ’90,
per poi scomparire progressivamente dai rapporti d’intelligence.
In Afghanistan la guerra anti-sovietica è finita da un
pezzo. La «pecora nera» della famiglia Bin Laden, Osama,
è ormai la mente occulta del terrorismo internazionale. E George
W. Bush comincia la sua marcia verso la Casa Bianca.
Dagospia.com 24 Settembre 2001
Torri
Gemelle affittate per 99 anni
di Marco Magrini (Il
Sole 24 ore)
Articolo estrapolato da IL SOLE 24 ORE
del 16 settembre 2001
Larry Silverstein
(sangue ebreo e passaporto americano) in data 24 Aprile 2001 ha
stipulato quello che lui stesso ha definito "il più grande
affare della mia vita": prendendo in affitto per 99 anni,
alla modica cifra di 4800 miliardi di lire, le Torri Gemelle del
World Trade Center.
Con l'offerta da
2.3 miliardi di dollari, Silverstein ha battuto quella da 2.4
avanzata dalla Vornado Property Trust di Boston che (senza
immaginare quel che sarebbe successo), è andato su tutte le furie,
scatenando una campagna di stampa contro l'imprenditore ebreo.
In questa impresa
Silverstein non era solo: la Westfield Holdings quotata a Wall
Street e controllata da Frank Lowy (il secondo uomo più ricco
dell'Australia) si era aggiudicata gli enormi spazi commerciali del
World Trade Center offrendo altri miliardi di dollari. Ovviamente
non a fronte di una pagamento sull'unghia. I due partner hanno dato
alla Port Authority un deposito di 616 milioni di dollari, più 115
milioni all'anno (per 99 anni) e una percentuale mai resa nota sugli
affitti (a dir poco stellari).
Solo gli uffici
delle Torri Gemelle ammontano a 984.000 metri quadrati, quasi
interamente locati fra i 40 e i 50 dollari annui a piede quadrato;
più o meno, un milione di lire per metro quadrato all'anno.
Quanto basta per
dire che, detratti gli oneri finanziari e le ingenti spese di
gestione, il signor Silverstein aveva di che ripagare il quasi
secolare contratto firmato con la Port Authority.
Del resto anche se
il portafoglio immobiliare della Silverstein Properties s'è di un
tratto dimezzato, l'imprenditore ha la sua brava rete di sicurezza.
Gira voce che il complesso immobiliare fosse assicurato per 4
miliardi di dollari (circa 8300 miliardi di lire).
Ma c'è di più.
Nell'intesa firmata ad aprile, è scritto a chiare lettere che il
contratto perde di validità in un caso preciso: un attacco
terroristico.
Inutile dire che ci
vorranno mesi e stuoli di avvocati, prima di definire i risarcimenti
delle compagnie assicurative - destinati a mettere in ginocchio
soprattutto le società di riassicurazione - e anche per la rottura
del contratto con la Port Authority, con il conseguente rimborso
nelle capienti tasche di Silverstein e della Westfield.
Per Silverstein
comincia oggi un'altra avventura. Al momento, la Silverstein
Properties è al lavoro in una impresa monumentale: trovare un nuovo
ufficio per le 480 imprese di 28 paesi che popolavano le Torri
Gemelle.
La crisi della New
Economy stava finalmente allentando i prezzi stellari degli uffici
di New York, e in particolare nel cosiddetto "Financial
District": -3.4% da inizio anno. Oggi che un milione e mezzo di
metri quadrati sono andati in fumo, l'improvvisa scarsità di spazio
nell'angusta isola di Manhattan spingerà inevitabilmente gli
affitti alle stelle.
Dopodiché, Larry
Silverstein avrà buon gioco nell'affrontare la ricostruzione.
Quei 4 miliardi di
dollari che si stima le assicurazioni dovranno sborsare, non bastano
a ricostruire fedelmente il complesso, il cui valore è valutati in
6.5 miliardi di dollari.
"Ma non è detto che le future torri debbano essere così
alte - ha già dichiarato Silverstein, - l'importante è
andare avanti".
Articolo
estrapolato dall' inserto da IL SOLE 24 ORE 16 settembre 2001
Il
signore della City
di Orsola Casagrande -
Londra
Il signore della
City
Molte delle sue fortune Osama Bin Laden le ha
costruite a Londra. E il governo Blair ha corso il rischio di finire
nel "libro nero" Usa dei paesi che appoggiavano il
terrorismo
di Orsola Casagrande - Londra
Intervenendo
ad un dibattito organizzato dal comitato inglese contro la guerra,
Mehmet, un profugo afghano, ha ricordato che "nell'assurdità
violenta e drammatica di questa guerra condotta da Usa e Gran
Bretagna contro il mio paese, c'è una cosa che rende ancora più
tragico quello che sta succedendo: Bin Laden è un prodotto del
vostro mondo, di quel mondo occidentale e civilizzato che oggi spara
missili contro la popolazione inerme e ridotta alla fame
dell'Afghanistan".
Ha ragione Mehmet, si è detto e scritto ormai tante volte. Ma la
memoria dei "potenti", come si sa, è corta. Cortissima
quella di Tony Blair, alleato di ferro del presidente americano
George W. Bush, che promette di "distruggere il terrorismo in
maniera permanente e totale" e che lancia la sua "fatwa"
civile e occidentale contro Bin Laden e il regime dei Taleban che lo
proteggono, "un governo retrogrado, che non rispetta i diritti
umani e che tratta le donne senza alcun rispetto e in maniera
violenta e repressiva". Anche con i soldi inglesi.
La memoria corta di Blair fa sì che nessuno o quasi parli più di
quanto stretti fossero i legami di Bin Laden con il Regno unito e
non solo negli anni '80, quando cioè Whitehall e Washington
pompavano miliardi nelle casse dei "guerrieri musulmani"
impegnati a combattere i sovietici in Afghanistan. Nel 1994 Osama
Bin Laden arrivò indisturbato a Londra, visse a Wembley per qualche
mese, il tempo per mettere in piedi un ufficio nella capitale noto
con il nome di "Advisory and Reformation Committee". Il
portavoce del comitato, impegnato a lanciare fatwa e a inneggiare
alla jihad via fax dal suo appartamento a Dollis Hill, era il
"rispettabile" uomo d'affari saudita Khalid al-Fawwaz.
Da Londra al-Fawwaz, amico di molti giornalisti e personalità,
organizzava viaggi e interviste nella base di Bin Laden in
Afghanistan e nel frattempo faceva propaganda soprattutto contro il
regime saudita. Ad un certo punto i legami di Bin Laden con la Gran
Bretagna erano diventati talmente forti (e imbarazzanti) che il
governo americano si trovò di fronte alla richiesta di inserire
anche il Regno unito nella lista nera dei paesi che sponsorizzavano
il terrorismo. Non solo: molti dei stati arabi oggi considerati
possibili obiettivi da Blair e Bush, avevano apertamente accusato la
Gran Bretagna di offrire ospitalità a estremisti musulmani
ricercatissimi.
Negli anni '80, quando il nemico da combattere era l'Unione
sovietica, i corpi speciali di sua maestà, le Sas, offrivano (in
Scozia) addestramento ai "guerrieri musulmani" che
ricordano con una certa gratitudine la tappa inglese, prima di
andare ad arruolarsi nell'esercito di Bin Laden. Almeno duemila
persone l'anno (negli anni '80 e '90), la maggior parte sostenitori
della Jihad, fecero di Londra la loro base per chiamare a raccolta i
fratelli musulmani e prepararli alla guerra santa: avevano scelto
l'Inghilterra per le "tradizioni di democrazia e
giustizia". Ma oltre a predicare e addestrarsi, raccoglievano
fondi e riciclavano denaro sporco destinato alle organizzazioni come
quella di Bin Laden.
Oggi il governo Blair ha messo al bando praticamente tutte le
organizzazioni mediorientali e non solo quelle: la nuova legge
antiterrorismo infatti è tra le più repressive e onnicomprensive
(il concetto di terrorismo è estremamente ampio e quindi
applicabile anche a tre amici con materiale ritenuto sovversivo)
d'Europa.
Non è un caso dunque che di fronte alle accuse del parlamento
francese - la Gran Bretagna continua ad essere un paradiso per il
riciclaggio di denaro sporco da parte delle organizzazioni
terroristiche - il premier Tony Blair abbia reagito in maniera molto
poco diplomatica liquidando il rapporto come "offensivo, male
informato, pieno di errori e quindi totalmente inesatto". Ma
nelle 400 pagine redatte dal socialista Arnaud Montebourg si spiega
in dettaglio come la City abbia permesso l'espansione del
riciclaggio, grazie al suo severo codice di confidenzialità.
Nonostante la dura reazione di Blair, il rapporto ha trovato
conferme nell'indagine che da mesi la Bbc News Online sta
conducendo. Anche i giornalisti britannici sono arrivati alla
conclusione che il sistema messo in atto dal governo per combattere
il riciclaggio di denaro sporco è totalmente inadeguato.
Dubai,
mistero Bin Laden
di Anais Ginori - Repubblica 1 novembre
2001
Lo sceicco ricoverato nell'ospedale
americano a luglio per insufficienza renale. La clinica smentisce,
no comment del medico
ANAIS GINORI repubblica del 1 novembre 2001
OSAMA Bin Laden è
stato curato da un medico americano, in un ospedale americano a
Dubai. Quattro mesi fa, lo sceicco saudita è stato ricoverato nella
città degli Emirati Arabi per «un'infezione renale con
complicazioni al fegato». Secondo il quotidiano Le Figaro, Bin
Laden è arrivato a Dubai il 4 luglio e ha soggiornato fino al 14
luglio in una delle suite "vip" dell'ospedale americano,
un riservato e moderno edificio di vetro e marmi, inaugurato nel
‘95 vicino a Maktum Bridge. Il nemico pubblico numero uno degli
Usa si è affidato al dipartimento di urologia del dottor Terry
Callaway, specialista di calcoli renali e problemi di infertilità
maschile. Durante la sua degenza - ricostruisce il giornale francese
- il miliardario saudita ha ricevuto le visite di parenti e amici e
ha anche avuto un incontro con l'agente locale della Cia a Dubai.
Il direttore dell'ospedale, Bernard Koval, al telefono smentisce:
«E' un errore, Bin Laden non è mai stato un nostro paziente». Da
Parigi, la redazione di Le Figaro, supportata da verifiche di Radio
France International, conferma. «E' stato un dirigente
amministrativo a farci vedere le cartelle con le date e i motivi del
ricovero» spiega Frederic Fritcher, responsabile dei servizi
internazionali. «Abbiamo parlato anche noi con Bernard Koval -
aggiunge Fritcher - ma non ci ha chiesto di pubblicare nessuna
smentita».
Il 4 luglio Bin Laden arrivava da Quetta, in Pakistan, forse insieme
al suo medico personale, l'egiziano Ayman Al Zawahiri. Il medico
americano Callaway non ha voluto replicare al quotidiano, ha scelto
un fermo «no comment». Silenzio anche a Washington e a Langley,
nel quartiere generale della Cia. La notizia potrebbe mettere in
grave imbarazzo i responsabili dell'intelligence americana, già
sotto accusa per la passata collaborazione con lo sceicco saudita e
per non essere mai riusciti a catturarlo dopo le stragi in Kenya e
Tanzania del ‘98. A luglio, Bin Laden era formalmente considerato
il terrorista più ricercato del mondo, con una taglia di oltre 10
miliardi di lire.
Il viaggio a Dubai di Bin Laden è stato ricostruito grazie a
informazioni riservate e a una serie di coincidenze. Il ricovero
nell'ospedale americano è avvenuto dopo gravi crisi renali, già
documentate da molti giornali internazionali nella primavera scorsa.
Il responsabile locale della Cia, un uomo noto negli ambienti delle
spie mediorientali, è stato visto salire al piano dell'ospedale
dove era ricoverato lo sceicco. Il misterioso 007 si sarebbe poi
vantato con gli amici di aver incontrato Bin Laden e il 15 luglio,
all'indomani della partenza dell'illustre paziente, sarebbe andato
via dagli Emirati arabi. Altra coincidenza: proprio a Dubai, è
stato arrestato a fine luglio Djamal Beghal, un francoalgerino che
stava partendo per l'Europa dall'Afghanistan. Non è chiaro se
Beghal, che ha partecipato a campi di addestramento militare di Al
Qaeda, ha incontrato in quell'occasione Bin Laden. «C'era un
progetto per attaccare l'ambasciata americana a Parigi» ha
dichiarato Beghal, estradato nella capitale francese dopo l'11
settembre su richiesta dei giudici antiterrorismo.
Non è la prima volta che Bin Laden è costretto a cure mediche. Da
tempo la Cia sostiene che lo sceicco non sta bene, si muove con
difficoltà e ha bisogno di un trapianto renale. Il biografo Yosef
Bodansky, aggiunge dettagli: dal '99 Bin Laden patisce una grave
insufficienza renale. I primi problemi ai reni sarebbero stati
causati da un tentativo di avvelenamento di Siddi Ahmed, un
emissario della Cia assoldato per quasi 1 miliardo con il compito di
uccidere il terrorista rifugiato in Afghanistan. Da allora, la
malattia si sarebbe complicata, con danni anche al fegato. Già a
marzo Asiaweek scriveva che Bin Laden era in fin di vita e che
cercava di farsi un trapianto. In aprile, il settimanale arabo Al
Wassat raccontava di un medico iracheno chiamato d'urgenza a
Kandahar per sottoporlo a dialisi.
Le poche persone che hanno incontrato lo sceicco in Afghanistan nei
mesi scorsi hanno sempre parlato di un uomo stanco e provato. «Bin
Laden è vivo e sta bene» ripetono invece gli uomini di Al Qaeda.
Dopo il viaggio a Dubai, scrive Le Figaro, Bin Laden avrebbe
acquistato un sofisticato macchinario portatile per la dialisi.
Secondo la Cia, Bin Laden oggi è vivo nel suo nascondiglio segreto
soltanto grazie a questa macchina.