"Umanità nova", 18 aprile 2010 (tratto da "El libertario, http://www.nodo50.org/ellibertario)
Per chi vive fuori dal paese, ma accettando la versione ufficiale senza
conoscere la situazione venezuelana, si sconcerta e sorprende di fronte
alla crescita del malessere collettivo e delle lotte popolari (2893 manifestazioni
di piazza dall’ottobre del 2008 al settembre del 2009; 1763 nello stesso
periodo dal 2007 al 2008), presentiamo alcune motivazioni per comprendere
effettivamente le cause del conflitto sociale in Venezuela.
La maggior parte delle cifre di seguito presentate possono essere verificate
(con ampia indicazione delle fonti originali) nel Report PROVEA 2008/2009,
all’indirizzo www.derechos.org.ve. Gli altri dati inclusi sono stati estratti
dalla stampa e sono rintracciabili attraverso internet.
I. – Si evidenzia il fallimento dell’attuale politica agro alimentare,
segnalando che le importazioni del settore sono salite da 1.626 milioni
di dollari nel 1999 a 7.477 nel 2008. Solo nell’ultimo anno per garantire
l’approvvigionamento di alimenti a prezzo agevolato, il Governo ha dovuto
acquistare dall’estero il 57,9% di tutti i prodotti necessari. Così
si è passati da un modello di importazione alimentaria che, negli
anni novanta, costava per singola persona 75 dollari all’anno, ai 267 dollari
dell’epoca attuale. Il problema però non risiede solamente nell’accresciuta
dipendenza dall’estero per le derrate alimentari, ma anche nell’inflazione
del settore, giunta nel 2008 al 46,7% e nel 2009 arrivata sopra il 36%.
Questa escalation dei prezzi non viene compensata in alcun modo dai limitati
aumenti al minimo salariale e nemmeno dalla distribuzione di alimenti a
prezzo popolare attuati attraverso il progetto MERCAL, progetto tra l’altro,
già adesso in schietta agonia a causa della corruzione e della mancanza
di forniture. Come conseguenza diretta di una strategia governativa che
si è appoggiata sulla capacità di acquisto dello Stato e
non sullo sviluppo della produzione, (senza differenziarsi va riconosciuto,
da quella che è diventata ormai la regola storica del rentismo/assistenzialismo
frutto delle entrate petrolifere), la recente svalutazione colpirà
in maniera dura e diretta il nostro consumo alimentare. In Venezuela si
lotta perché non siano i gradini più bassi della società
quelli che pagano il costo degli errori, la mancanza di lungimiranza e
la corruzione del potere.
II. – Da quando questo Governo è salito al potere, nonostante
il fatto di poter contare su introiti nazionali maggiori che in qualsiasi
altro periodo della storia nazionale, la situazione di povertà ed
esclusione che persiste per ampi settori della società venezuelana
ha aggravato la violenza urbana. Se nel 1998 abbiamo avuto una stima nazionale
di 4.550 omicidi, il saldo per l’anno 2008 è stato di 14.568 morti.
Se il fenomeno viene visto da un’altra prospettiva si può affermare
che la popolazione venezuelana è cresciuta in questo decennio del
19,1%, mentre il tasso di omicidi è salito al 320,1%.
È noto che mentre sia la boliborghesia (la nuova burocrazia
creatasi con l’avvento di Chavez, lett. borghesia bolivariana), sia le
vacche grasse del governo e del PSUV, il partito socialista unito venezuelano,
si appoggiano, per essere protetti, a numerosi guardaspalle (pagati con
contributi pubblici), tutti gli altri cittadini siano costretti a rinchiudersi
nelle loro case per evitare di essere vittime dei delinquenti o ancora
peggio della stessa polizia. Su questo ultimo aspetto esistono delle cifre
davvero tenebrose: nel 2008 ci sono stati 205 omicidi attribuibili a evidenti
violazioni del diritto alla vita da parte dei corpi repressivi dello Stato
(in 2/3 dei casi si tratta di vere e proprie esecuzioni), mentre sotto
la sospettosa etichetta di “resistenza all’autorità” si sono contate
1.820 morti.
In questo contesto di violenza incontrollata, ogni giorno vanno a lutto
sempre più famiglie venezuelane. Questa situazione però,
non disturba per nulla il governo che, mentre concentra i suoi sforzi nella
perpetuazione al potere e nel convincere dell’infallibilità del
“Mio Presidente-Comandante”, attribuisce impudicamente questo clima a “sensazioni
di insicurezza creata dai mezzi di comunicazione dell’opposizione.”.
III. – Nonostante chi ha governato il Venezuela negli ultimi 11 anni
abbia avanzato tanti soldi e altrettanta parlantina di amore per il proprio
popolo, il fallimento nel risolvere il principale problema sociale, quello
del diritto alla casa, è stato fuori dal comune. Nel lasso di tempo
che corre dal 1999 al 2008 si sono costruite in totale 300.939 nuove abitazioni
(comprendendo pubblico e privato), cifra assolutamente insufficiente, dal
momento che lo stesso Stato stima un attuale deficit abitativo che si attesta
attorno ai 3 milioni di unità. Sarebbe necessario costruire 300
mila abitazione ogni anno per colmarlo. Bisogna sottolineare però
che i capi della “bella rivoluzione” sono stati diligenti nel risolvere
le proprie esigenze abitative personali e a provarlo ci sono le “ town
house” e le “pent house” di quelli che sfruttano in urbanizzazioni di lusso
le città venezuelane. Con un esempio simile anche nelle alture delle
città, non deve sorprendere la gran cifra di denunce di corruzione
e incapacità fra la media e piccola borghesia che invece dovrebbe
risolvere le domande della collettività per un tetto degno e di
proprietà dove vivere. Questa situazione ha generato una crescente
flusso di malcontento popolare: fra l’ottobre del 2007 e il settembre del
2008 ci sono state 457 manifestazioni indette su questa tematica, cifra
che è passata a 588 proteste collettive da ottobre del 2008 al settembre
del 2009. La risposta del supposto “Governo popolare e rivoluzionario”
è stata la criminalizzazione di queste azioni, fino all’incarcerazione
o alle misure giudiziarie (58 detenuti nell’ultimo periodo dei quali 23
sono stati obbligati alla presentazione in tribunale) o ancor più
grave alla repressione armata (67 feriti e un assassinato per mano dei
corpi repressivi).
IV. – Il carosello di nuovi capetti, carichi di nuovi abbondanti investimenti
e annunci di programmi magniloquenti, sfila ripetutamente di fronte ai
nostri occhi, nonostante la situazione della sanità pubblica permanga
in un palese stallo, se sottoposta a qualsiasi analisi mediamente completa,
e nonostante l’impegno degli enti pubblici nel negare informazioni che
sarebbero invece obbligati a divulgare, o nel pretendere di screditare
chiunque esca dalla propaganda contenuti nei libretti officiali. La realtà
è dura, per darne un esempio, si pensi che il Governo per mezzo
del ministro Ministro T. El Aissami, il 16.12.08 ha minacciato di “prendere
a calci in quanto faziosi e bugiardi” i realizzatori di un reportage che
documentava la crisi profonda sofferta dalla tanto pubblicizzata Mision
Barrio Adentro, per poi dover riconoscere, nel 20.09.09 per bocca del Presidente,
che 2.000 moduli di questo programma (su un totale di 3478) mancavano effettivamente
di personale medico. Questo senza azzardarsi a menzionare altre gravissime
situazioni, come la denuncia del fatto che solo il 4% di quanto investito
nell’equipaggiamento delle missioni, è provvisto di un supporto
adeguato di fatturazioni. Le soluzioni promesse per risolvere la situazione
attuale sono poi di questa risma se non ancora più allarmanti. Per
esempio il delegare il monopolio della contrattazione delle assicurazioni
HCM, per più di 2 milioni di lavoratori pubblici, ad un’impresa
il cui capo è il tristemente celebre Orlando Castro. Davanti ad
annunci di questo tipo l’unica opzione è chiara: ”O si protesta
o ci si abbassa!”
V. – Se qualcosa lascia a nudo la farsa di 11 anni di proclamata rivoluzione
è il flusso di problemi che affliggono la classe lavoratrice. Si
confondono le cifre o si applicano meccanismi irregolari di contrattazione
temporale (ad esempio, attraverso le Missioni, nelle cooperative o nelle
“imprese socialiste”) e mentre gli analisti economici più influenti
indicavano che sul finire del 2009 il tasso di disoccupazione reale si
aggirava attorno al 12% della popolazione economicamente attiva, le cifre
ufficiali ne riconoscevano solamente l’8%. Fra quelli che lavorano, il
44,9% lo fa nel settore informale dell’economia, il nero, con tutti gli
svantaggi che ne conseguono. Si aggiunga che a partire dal 2009, l’entrate
dello stipendio cominciarono a risultare insufficienti per soddisfare le
necessità di consumo, anche nell’essenziale (il cosiddetto paniere
base) e questo poteva essere riconosciuto tanto nelle statistiche ufficiali
quanto nella vita quotidiana. La caduta si è fatta ancora più
acuta nel gennaio del 2010 con la macro svalutazione che ha anche avuto
il ruolo di concludere la favola dei lavoratori del Venezuela con i salari
più alti di tutta l’America Latina. Come non mai sotto il mandato
di questo governo, questi e molti altri problemi hanno portato alla moltiplicazione
delle espressioni di malcontento dei lavoratori. Fra l’ottobre del 2008
e il settembre del 2009 si sono registrate 983 azioni di protesta operaia,
le quali, circa l’80%, sono state attuate da lavoratori del servizio pubblico.
La risposta ufficiale è stata la calunnia e la criminalizzazione,
arrivando sino alla repressione violenta contro 43 manifestazioni, con
il risultato di più di un centinaio di feriti e l’assassinio di
due manifestanti nel gennaio del 2009 nello stato Anzoátegui e senza
dimenticare i 33 lavoratori e sindacalisti vittime di misure giudiziarie
solo per aver partecipato a queste proteste.
VI. – Secondo l’Osservatorio Venezuelano delle Prigioni, la violenza
dentro le carceri del paese è arrivata a 366 morti e 635 feriti
nell’anno 2009, dati che, dopo 11 anni di gestione di questo governo, si
sommano a 4030 morti e 12036 feriti, nella maggioranza per colpa di armi
da fuoco. Queste cifre rendono chiaro perché le prigioni della rivoluzione
bolivariana si sono guadagnate il triste merito di esser considerate fra
le più sanguinarie del mondo. Questa brutalità omicida è
possibile all’interno delle carceri grazie alle organizzazioni di trafficanti
di armi, e di altre “mercanzie”, integrate da agenti della Guardia Nacional
Bolivariana ed ora dalla cosiddetta Direzione Nazionale dei Servizi Penitenziari
del Ministro del Potere Popolare per le Relazioni interiori e della Giustizia.
Questo sporco business è diventato florido contando sull’indifferenza,
l’incapacità e la complicità dei 17 Direttori dei Servizi
che si sono alternati agli incarichi dal 1999. Come esempio dell’infamia
di questi burocrati, risulta l’attuale occupante della Direzione, la quale,
nel gennaio 2010, di fronte al massacro della Planta di Caracas, prigione
dove morirono 10 detenuti e 19 furono feriti, con cinica mancanza di vergogna
ha attribuito la causa di questi avvenimenti al fatto che nelle carceri
come nelle famiglie, esistono problemi fra i membri, spiegando i litigi
come un semplice riflesso della vita familiare e concludendo accusando
i parenti e i visitatori dei detenuti di essere i responsabili dell’introduzione
di armi. Nel caso interessasse, questa funzionaria con un master in criminologia,
i capelli tinti e il Blackberry al seguito si chiama Consuelo Cerrada.