Marco Trotta, http://www.ilfattoquotidiano.it/, 12 dicembre 2012
Le argomentazioni di Maurizio Cecconi sulla qualità del voto
attraverso le Parlamentarie del Movimento 5 Stelle sono interessanti soprattutto
per un motivo: espongono una serie di riflessioni che spesso sento sostenere
da persone convintamente di sinistra, magari anche radicale, o solo più
in generale progressiste per giustificare il loro sostegno al movimento
di Grillo. Argomentazioni che sono state adeguatamente decostruite l’altra
sera a Bologna durante la presentazione del libro “Un Grillo qualunque”
(è disponibile anche la registrazione audio). Le riprendo qui
1) Intanto sul metodo. Le parlamentarie sono state più democratiche
di altri processi? Credo che sia lecito esprimere qualche dubbio. E ce
ne sono di più importanti di quelli espressi da Michael Shalby sulla
partecipazione di chi non era connesso. Emiliano Luzzi ne ha scritto a
proposito del modo in cui sono stati scelti i candidati. Le venti domande
di Valentino Tavolazzi rimangono tutt’ora senza risposta. Eppure esistono
modi trasparenti per trovarne almeno qualcuna pubblicando nomi, dati e
codici informatici. Cosa che non è stata fatta. E non è la
prima volta
2) Dice, poi, Cecconi, ben vengano le parlamentantarie, anche fatte
in questo modo, se possono portare delle categorie non rappresentate in
parlamento. Obiezione di principio: si può disgiungere metodi ed
obiettivi? Ovvero si può ottenere un risultato migliore con un processo
elettivo con notevoli limiti? Io penso di no, è da sempre foriero
di pessime stagioni politiche. Obiezione di merito: ma il tema è
portare in parlamento altri interessi in forma di corporazioni o rappresentanti
che hanno un dialogo con i territori che dovrebbero rappresentare, raccogliendo
proposte dai cittadini ai quali rispondere in maniera autonoma? Ovviamente
il secondo.
Eppure anche nella vicenda Salsi-Favia-Grillo dimostra che l’autonomia
degli eletti in quel movimento è costantemente minacciata da decisioni
calate dall’alto che stabiliscono chi è dentro o è fuori,
chi esprime posizioni accettabili grazie a un “non statuto” senza garanzie
per chi non la pensa come il leader. Leader che è proprietario unico
del simbolo. Mentre, invece, a proposito di temi: i video circolati in
rete sembrano più candidature per un casting televisivo o una posizione
in azienda col televoto. E neanche aperto a tutti. Fabio Chiusi li ha raccolti
grazie alle segnalazioni dalla rete visto che nessuno degli organizzatori
delle parlamentarie ha strutturato la consultazione per farla conoscere
ad una cittadinanza più larga del circuito ristretto di chi li poteva
votare. Inoltre al di là delle note di colore su congiuntivi, librerie
e camini alle spalle di candidate e candidati sul quale si è cimentato
qualche commentatore da prima pagina, poco o nulla si sa dell’impegno di
queste persone, sul loro curriculum pubblico, di quali altre esperienze
in movimenti politici o sociali hanno fatto parte.
Non ci sono link o altro materiale nelle descrizioni, latitano domande
e risposte sotto i video stessi né erano previsti incontri di approfondimento,
assemblea o gruppi di appoggio perché come già successo nella
vicenda Tavolazzi “non vogliamo qualcuno che si interponga tra candidati
ed elettori”. Del resto i video, come le performance di Grillo dal palco,
sono modalità di comunicazione che per definizione non ammettono
contraddittorio.
Ma soprattutto non si sa che programma e proposte andranno a portare
in Parlamento. Il sito dove si prometteva di scrivere il programma elettorale
insieme ai cittadini non è mai partito. Alle persone che mi dicono
che voteranno il M5S alle prossime elezioni, contribuendo al 20% pronosticato
dai sondaggi, chiedo: ma oltre a sapere sulla fiducia autocertificata da
loro o dallo staff di Grilo che sono incensurate , sai come la pensano
del Fiscal Compact? Cosa vogliono fare della legge Fornero che ha abolito,
tra gli altri l’articolo 18? Cosa pensano delle missioni all’estero, delle
spese militari? Cosa pensano del sistema sanitario nazionale? Della scuola
pubblica?
3) Controbiezione: il programma sarà quello dei temi portati
avanti con le amministrazioni locali. Ma a parte il fatto che amministrazioni
locali e governo nazionale seguono logiche diverse, l’unico esempio di
un certo livello è Parma, che sta provando una opposizione legale
all’inceneritore, probabilmente già persa senza altre chance. Mentre
invece sono sempre più evidenti prese di posizione che dovrebbero
far riflettere in tempi di populismi aggressivi montanti.
Come per esempio Francesco Perra, del Movimento 5 Stelle sardo che
sui matrimoni gay disse “A quel punto potremo anche sposarci in tre o col
proprio animale” (anche se altri esponenti si sono dissociati). O il Movimento
5 Stelle di Pontedera che argomentando la sua non adesione ad un manifestazione
contro le provocazioni razziste di Forza Nuova, ha scritto che pur riconoscendo
“la stupidità e l’arroganza” dei neofascisti, erano contro i buonismi
che non riconoscono che per i senegalesi “vivere in tanti tutti insieme
è non solo normale, ma segno di accoglienza e solidarietà
reciproca.” mentre l’integrazione dei cinesi sarebbe “rilevare a suon di
denaro contante le nostre attività, ma figuriamoci se qualche cinese
viene a spendere una lira sul corso il sabato”. Del resto non sembra meno
“superficiale” lo sgomento che Federica Salsi ha manifestato in questi
giorni per la bocciatura di un ordine del giorno al quartiere Navile sostenuto
da Pdl e M5S che esprimeva solidarietà a Casapound dove si
parla di anarco-insurrezionalisti e terrorismo quando perfino la
magistratura ha fatto cadere questa aggravante. Invece il M5S dovrebbe
spiegare perché i leader di Casapound e Forza Nuova ritengono le
loro idee così vicine a quelle di Grillo.
Insomma un voto al Movimento 5 stelle con queste premesse rischia di
essere una protesta fine a se stessa, se non addirittura pericolosa. Ne
abbiamo visti altri di leader massimi, salvatori della patria ed unti dal
signore, catalizzatori ogni volta della rabbia o della mancanza di alternative.
O, più semplicemente, dall’idea equivoca che il proprio impegno
pubblico si esaurisca nel voto dato sulla scorta delle simpatie verso questo
o quel leader, interprete unico “per conto dei cittadini” di slogan ripetuti
come mantra liberatori, di promesse nel nome di un cambiamento che a seconda
del “brand” viene definito radicale o riformista. Ma del quale non si conosce
né la natura né si potrà chiedere conto dopo. I movimenti
per i beni comuni, chi sta raccogliendo firme per ripristinare l’articolo
18, chi sta mettendo in discussione il debito ed il fiscal compact, gli
studenti mobilitati contro la riforma Apre-Gelmini-Profumo, lo hanno già
capito. E non aspetteranno il prossimo voto per le politiche per
dire la loro.