Avevo trovato sorprendenti le parole dell'onorevole D'Alema convenuto
a San Pietro per la santificazione di monsignor Escrivà de Balaguer.
Parole di elogio non circa le capacità miracolistiche di monsignor
Escrivà, che è poi il motivo che consta nel processo di santificazione
degli esperti vaticani in materia, ma per l'attività mondana del
sacerdote e la sua capacità di "manager" della religione vista da
D'Alema come "la forza della fede di ramificarsi che ha la Chiesa in tutte
le sue espressioni, nei suoi movimenti, nei suoi uomini, nelle sue donne"
(Repubblica, 7 ottobre).
Se D'Alema avesse espresso ammirazione per gli interventi taumaturgici
e a quanto pare inspiegabili dalla medicina del prelato spagnolo (e cioè
che costui abbia guarito dal cancro un malato terminale o bloccato alla
base della nuca di un poveretto un aneurisma diretto al cervello) non ci
saremmo stupiti. Credere o meno ai miracoli riguarda unicamente il privato
cittadino D'Alema, non il D'Alema uomo politico e pubblico. Del resto la
volontà divina , per chi crede in Dio, è misteriosa. E anche
le preferenze che il Padreterno possa accordare eventualmente a un monsignore
Escrivà, collaboratore del dittatore fascista Francisco Franco e
apologeta del massacratore Pinochet, riguarda unicamente il Dio in questione.
Non è un problema di nostra competenza: al massimo un agnostico
potrebbe dire che nessuno è perfetto. D'Alema ha invece espresso
un giudizio politico, elogiando il Balaguer che coniugando religione e
banche, torturatori e sacramenti, Vangelo e società off-shore, ha
saputo riportare i mercanti nel Tempio cacciati da Cristo. Pinochet era
indubbiamente un uomo che andava a messa, ma faceva fucilare in massa senza
estrema unzione. Anche Francisco Franco: in Spagna si stanno ancora cercando
trentamila persone sepolte in fosse comuni fucilate a guerra civile finita
perché fedeli alla repubblica parlamentare che Franco aggredì.
Le operazioni di scavo, cominciate quest'estate nelle Asturie, sono
ancora in corso. Non so se in Italia la notizia sia giunta, ma presumo
che il politico D'Alema lo sappia. Seguo nel mio tempo libero le mosse
del politico D'Alema. Probabilmente ci sarebbero cose più interessanti
da fare, ma a volte ci assumiamo inspiegabilmente compiti ingrati. E anche
faticosi, perché non è facile seguire certe mosse (Ulivismo,
anti-ulivismo, socialdemocrazia, riformismo, liberismo economico, eccetera):
si rischia di perdere il filo. Forse può orientarci una vecchia
frase di Stefan Zweig, che rispondendo allo stupore di un suo amico, scandalizzato
per il comportamento inspiegabile (e poi storicamente disastroso) di certi
politici di parte democratica del suo Paese, rispose: "Ma da quando in
qua, nella prassi politica, i politici preferiscono le ragioni dell'etica
alle ragioni elettorali?".
Come che sia, osservare le dichiarazioni dei politici di fronte a scelte
fondamentali e non aggirabili (la guerra, i diritti, l'economia, i regimi
politici, certe figure storiche) risulta di una qualche utilità
per il cittadino: serve più di un programma elettorale a capire
la mentalità di quel politico, le sue scelte di fondo, il suo sentire,
le sue idee: il suo identikit ideologico è lì. Ricordo l'accorata
esortazione che il personaggio di Nanni Moretti, impersonato nel film "Aprile"
dallo stesso Moretti, rivolge al leader politico D'Alema che sta partecipando
ad un programma televisivo. È diventata quasi una frase corrente:
"D'Alema, di' qualcosa di sinistra!". Appello sincero, forse irritato,
ma comunque speranzoso. Ma, visto col senno di poi, per come sono andate
le cose in Italia, anche "vaste tache", come ebbe a dire De Gaulle al giovane
che manifestava un proposito ottimista ma impossibile. Come chiedere a
un palombaro di parlare da astronauta.