Bruno Steri*, Rifonda newsletter n. 53, 16 maggio 2012
Abbiamo letto il programma proposto dal Front de Gauche agli elettori francesi, sintonizzandoci mentalmente sull’auspicabile prospettiva di un programma unitario della sinistra italiana che aspiri ad una dimensione europea e che sia all’altezza di questi tempi difficili. Non perdiamo infatti il vizio di anteporre, logicamente e politicamente, i contenuti alle ipotesi di alleanza, col presupposto (purtroppo nient’affatto scontato nei fatti) che le seconde siano conseguenti ai primi.
Va precisato che un programma (anche un programma elettorale) non può essere inteso come una mera sequela di tesi e dichiarazioni d’intenti ma configura un’architettonica, un sistema di proposizioni entro cui il particolare scaturisce da visioni generali e le proposte di breve periodo si trovano ad essere incastonate in progettualità di più ampio respiro. Ciò è richiesto a maggior ragione in una fase storico-politica che tende a mettere in questione assetti (nazionali e sovranazionali) e istituti della convivenza civile – si pensi al carattere strutturale della crisi o alle incerte sorti della stessa Unione Europea – e a ridurre la polpa della dialettica politica contingente all’osso dei fondamentali. Insomma abbiamo voluto gettare un occhio un po’ più attento alla riflessione e alla proposta della sinistra d’alternativa francese, con il pensiero alle nostrane vicende italiche.
Capitale finanziario e sovranità popolare
Nell’Introduzione, il testo dei compagni francesi (d’ora in avanti ProgrammaFdG)
muove da una constatazione di carattere generale: in Europa e più
in generale nel mondo l’esplodere di ineguaglianze, precarietà e
povertà, così come è documentato da tutte le statistiche
ufficiali, nonché l’incombere sul pianeta di una vera e propria
catastrofe ecologica sono stati determinati in questi ultimi decenni dal
“dominio del capitale finanziario”. E’ appena il caso di ricordare che
l’espressione “capitale finanziario” per un verso descrive genericamente
l’attuale peculiare potere della “finanza” e quindi l’odierna torsione
del sistema capitalistico a seguito della cosiddetta “finanziarizzazione”
dell’economia; per altro verso, più specificatamente, denomina il
fenomeno che già Lenin poneva a contrassegno distintivo dell’era
“imperialista”, caratterizzata dalla fusione di capitale bancario e capitale
industriale (appunto in capitale finanziario). In tale fenomeno il ProgrammaFdG
isola l’azione di un soggetto sociale e politico e individua oggi l’antagonista
di classe.
Il fatto che Stati e governi deleghino poteri e sovranità in
omaggio a compatibilità che sono funzionali a tale dominio (esercitato
prevalentemente da non eletti) rende conto del carattere a-democratico
di quest’ultimo: le politiche neoliberali, con il dramma sociale che ad
esse consegue, sempre di meno si alimentano di istanze egemoniche e sempre
di più precipitano coercitivamente sui popoli, imposte dalla “tirannia
dei mercati finanziari”. La crisi ha fatto compiere a tale processo involutivo
un salto di qualità, evidenziando un impasse storico da cui lo stesso
blocco sociale dominante non riesce ad uscire: “Proprio come la nobiltà
del 1789 non poteva rompere con l’ Ancien Régime, il capitalismo
finanziario è incapace di uscire da un sistema che rimpingua i privilegi”.
E, anzi, esso reagisce rilanciando: dopo aver celebrato nel Trattato costituzionale
europeo (peraltro respinto nel 2005 dal popolo francese) la supremazia
dell’impresa e dei mercati, si vuol andare ancor più lontano, imponendo
l’inclusione nella legge fondamentale dei singoli Stati l’obiettivo del
pareggio di bilancio. Su questo punto specifico, il ProgrammaFdG è
sin dall’inizio molto netto: se gli orientamenti di cui l’indicazione
di tale obiettivo è sintesi emblematica dovessero prevalere, vorrebbe
dire che la sicurezza sociale è sacrificata al “regno del profitto”,
l’interesse generale all’ “avidità insaziabile di alcuni”, l’equilibrio
dell’ecosistema alle “esigenze del breve termine”. Ma, soprattutto, “se
una tale disposizione fosse integrata nella Costituzione francese, vorrebbe
dire che le pretese dei detentori del debito si imporrebbero sui nostri
rappresentanti eletti”.
In questo senso, non c’è nessuna soluzione scientificamente
neutra da dover far valere sui diversi punti di vista e la posta è
squisitamente politica. Essa concerne il potere: “Per risolvere la crisi,
occorre riprendere il potere (…). Occorre che siano eletti dirigenti che
non dipendano in alcun modo dall’oligarchia finanziaria: occorre una rivoluzione
dei cittadini (une révolution citoyenne)”. A tal fine, si tratta
di essere consapevoli di un passaggio obbligato: bisogna rompere con i
principi che ci hanno condotto nell’impasse e, quindi, con le politiche
seguite dai governi in questi ultimi decenni. Ciò comporta non glissare
su un delicato discrimine: “Certamente, vi sono state differenze tra la
politica dei governi di destra e quella dei governi di sinistra. Ma, sfortunatamente,
ci sono stati anche dei punti in comune: il confidare nell’attuale costruzione
– liberale – dell’Unione Europea, la volontà di ridurre il ‘costo
del lavoro’, lo smantellamento dei servizi pubblici, il rifiuto di affrontare
banche e mercati finanziari. Dogmi ripetuti da partiti e media dominanti,
applicati ciecamente da governi e istituzioni internazionali”. Noi vi proponiamo
– insiste il ProgrammaFdG – “altre idee, altre istituzioni, altri rappresentanti”.
Per questo, “abbiamo bisogno della sovranità del popolo, la
sola capace di guardare all’interesse generale”; per vincere, abbiamo bisogno
della “mobilitazione delle donne e degli uomini di questo Paese”. All’inumanità
del capitale il Front de Gauche contrappone l’umano: non semplicemente
un’istanza etica, ma “la nostra strategia contro la crisi” (il lavorare,
l’aver cura di sè, l’abitare, la formazione e la cultura).
E’ il titolo stesso del programma: Prima l’umano (“L’humain d’abord”).
Riprendere potere e risorse ai mercati finanziari
La nettezza con cui è trattata la questione del pareggio di bilancio,
significativamente posta nella premessa introduttiva, torna nel corso dell’articolazione
programmatica, in particolare nel secondo capitolo “Riprendere il potere
a banche e mercati finanziari”: “rifiutiamo il dogma della riduzione della
spesa pubblica” (che è al contrario una leva necessaria proprio
nei periodi di crisi economica); e “rifiutiamo la ‘regola aurea’ dell’equilibrio
di bilancio”. L’analogia tra bilancio familiare e bilancio dello Stato,
sapientemente ribadita da una martellante propaganda ufficiale, è
“una menzogna”: il deficit pubblico serve in realtà ad alimentare
la domanda, che al contrario le politiche di austerità deprimono
sciaguratamente. L’indebolimento del bilancio statale e il conseguente
ricatto del debito non sono tanto scaturiti da una spesa pubblica fuori
controllo. La storia di questi anni è del tutto diversa da quella
raccontata dai poteri dominanti: “Nel giro di pochi anni, la finanza ha
conquistato poteri esorbitanti (…). I detentori di capitale possono agire
a loro piacimento su mercati borsistici metodicamente deregolati, hanno
ottenuto una fiscalità a beneficio dei redditi da capitale, il diritto
di sfuggire al grosso dell’imposizione fiscale, la libera circolazione
del capitale finanziario nel mondo. E ora si permettono persino di ‘dare
i voti’ agli Stati, consegnandoli alla minaccia delle incursioni speculative”.
Tutto questo deve finire: occorre “metter le briglie alla finanza”, ma
anche “disintossicare le imprese dalla finanza”. E’ ora di invertire radicalmente
il disastroso percorso che ha condotto alla “deindustrializzazione del
Paese” e alla “destrutturazione del mercato del lavoro”.
Come per ciascun’altra, anche all’interno di questa sezione il ProgrammaFdG
indica un set di proposte, articolato in misure che potrebbero essere attivate
immediatamente (“agire da subito”) e misure che richiederebbero la creazione
di condizioni ad hoc (agire per un cambiamento durevole). Da notare che,
mentre nel primo gruppo sono prevalentemente inclusi provvedimenti di pertinenza
dello Stato nazionale, nel secondo figurano tra l’altro le proposte di
cambiamento a livello europeo. Tornerò su questo: ma possiamo già
qui rilevare l’esigenza di un robusto recupero di iniziativa in ambito
nazionale (senza cioè che si aspetti l’evolvere del contesto continentale,
pur sempre considerato essenziale).
Tra le cose che potrebbero e dovrebbero essere immediatamente concretizzate
sul fronte interno figurano progetti ben conosciuti e ribaditi da Rifondazione
Comunista e la Federazione della Sinistra. In particolare su tre decisivi
versanti: varo di norme che blocchino o riducano in misura consistente
la speculazione (veto sulla vendita di titoli allo scoperto e di prodotti
speculativi ad alto rischio, interdizione degli scambi con i cosiddetti
“paradisi fiscali” con pesanti sanzioni in caso di violazioni, reintroduzione
della separazione tra banche di deposito e banche d’investimento, veto
su impegni bancari fuori bilancio, veto sulle stock options); creazione
di un polo pubblico finanziario e per il credito (servizio pubblico a gestione
democratica e con una missione di interesse generale, finalizzata al sostegno
dell’occupazione e della formazione professionale, della piccola e media
impresa, dell’eco-edilizia e dell’edilizia popolare, di programmi di sviluppo
delle collettività territoriali; costituito attraverso la “messa
in rete” di banche e istituzioni finanziarie già pubbliche - tra
cui l’equivalente francese della Cassa Depositi e Prestiti - e la nazionalizzazione
di banche e compagnie di assicurazione giudicate di rilievo strategico);
una riforma della fiscalità generale che torni a conferire progressività
al prelievo e sia selettiva e redistributrice di reddito (soppressione
degli esoneri fiscali e, per converso, aumento della tassazione sui redditi
finanziari delle imprese e sui redditi da patrimonio; penalizzazioni fiscali
per le imprese che delocalizzano, che incrementano impegni e allocazioni
speculative, che non riversano le provvidenze dell’innovazione tecnologica
sul potenziamento produttivo e la creazione di nuovi posti di lavoro; agevolazioni
e tassi calanti per progettualità produttive che creino lavoro e
tutelino l’ambiente).
Ma una decisiva azione di contrasto alla speculazione e agli orientamenti
neoliberisti dovrebbe soprattutto essere promossa in sede europea: è
questa la dimensione entro cui è ineludibile operare “per un cambiamento
durevole”. Ma è evidente che qui la realizzazione degli ambiziosi
obiettivi proposti non dipende evidentemente solo da quel che avviene in
Francia. Cionondimeno, il ProgrammaFdG è esplicito su quanto è
necessario conseguire: a cominciare da misure che scardinino il libero
corso della speculazione (controllo dei movimenti di capitale alle frontiere
dell’Unione e tassazione delle transazioni finanziarie, sospensione della
valutazione delle agenzie di rating nei confronti dei debiti sovrani di
Paesi oggetto di piani di sostegno) e che, più in generale, siano
capaci di mutare la natura del progetto europeo (modifica dei trattati
europei e della missione della Banca Centrale Europea). Segnatamente, accanto
al rifiuto della costituzionalizzazione dell’equilibrio dei bilanci statuali,
va perseguita l’abrogazione del Patto di Stabilità e Crescita (Maastricht)
e del Patto cosiddetto Europlus, nonché il finanziamento diretto,
“per creazione monetaria”, da parte della Bce e delle Banche centrali nazionali
di un Fondo per lo Sviluppo sociale, ecologico e solidale (sostitutivo
del Fondo di Stabilità Finanziaria, attivato a maggio del 2010,
e del successivo Meccanismo Europeo di Stabilità, in vigore a partire
dal 2013), a disposizione degli Stati membri a tassi equi, finalizzato
all’espansione dell’occupazione e alla qualificazione del servizi pubblici
nazionali, al potenziamento della ricerca e della tutela ambientale.
Un nuovo modo di produrre: pianificazione ecologica e lavoro
Le risorse adunate a livello nazionale e – possibilmente – a livello
continentale devono dunque esser messe a disposizione di un “nuovo modo
di produrre” (vedi il cap. 4 del ProgrammaFdG: “Produrre diversamente”),
anche sulla base di una diversificazione delle “forme di proprietà”.
Che potremmo così riassumere: estensione e potenziamento strategico
della proprietà pubblica (con nazionalizzazione delle grandi leve
economiche), riconduzione della proprietà privata entro le finalità
dell’interesse comune (che, vorrei annotare, è anche uno dei fondamenti
della nostra Costituzione italiana), promozione della proprietà
cooperativa (nel quadro di “un’economia sociale e solidale”). Non a caso
il ProgrammaFdG tiene a sottolineare che tale “pluralismo” intende
squarciare il velo dogmatico dell’orientamento neoliberista, profuso a
piene mani nei vigenti trattati europei, il quale, dietro l’apparente apertura
della formula “concorrenza libera e non falsata”, mira in realtà
a uniformare la produzione di beni e servizi, imponendo urbi et orbi la
logica del profitto privato.
Al cuore di questo “nuovo modo di produrre” ci sono l’ “eco-sviluppo”
e la riduzione del tempo di lavoro: “Rifiutiamo il modello di economia
che ci viene assegnato da una divisione internazionale del lavoro pilotata
dalla finanza. Vogliamo ristabilire il potenziale industriale della Francia:
perché l’urgenza ecologica implica la rilocalizzazione dell’economia
e l’urgenza sociale impone di combattere la disoccupazione operaia”. In
tale prospettiva vanno collocate – sotto l’egida di un Polo pubblico dell’industria
e della transizione ecologica dell’agricoltura, insediato territorialmente
– le proposte per una ridefinizione delle “filiere manifatturiere prioritarie”
(con contestuale inversione della deriva di chiusure aziendali ed esternalizzazioni),
per una politica agricola che promuova una “produzione di qualità”
e senza Ogm , per una gestione del territorio che favorisca la creazione
di società cooperative “d’interesse collettivo” e “forme decentralizzate
di proprietà sociale”, per una riduzione dei tempi di trasporto
delle merci incentivata da un’apposita tassazione chilometrica (“circuiti
corti di distribuzione”). Grazie anche all’attivazione di un nuovo “Indicatore
di progresso umano” (che includa a pieno titolo, quali criteri di valutazione,
la giustizia sociale e il rispetto dell’ambiente), si tratta in definitiva
di “ri-orientare radicalmente i nostri modi di produzione, scambio e consumo”.
In tale contesto, l’urgente attenzione da prestare all’equilibrio ambientale
del pianeta entra in rotta di collisione con l’irrazionalità della
logica capitalistica di ricerca del massimo profitto. L’allarme per l’incipiente
“catastrofe ecologica”, documentata dai dati inoppugnabili sul riscaldamento
climatico, la distruzione della biodiversità, il progressivo esaurimento
delle risorse naturali impongono la messa in atto di una vera e propria
“pianificazione ecologica”: è questo il titolo della terza sezione
del programma, che non a caso vede il ricorso ad una nozione (“pianificazione”)
tornata a far capolino all’interno della letteratura ambientalista internazionale.
Così, con la creazione di un polo nazionale 100% pubblico dell’energia,
il ProgrammaFdG chiama la collettività a sovrintendere ad uno sviluppo
ambientalmente equilibrato: stop alle politiche di deregolamentazione dell’energia,
piano di transizione ecologica che reintroduca il controllo pubblico dell’energia,
piano di finanziamento per la sobrietà e l’efficacia energetica
e per la diversificazione delle fonti energetiche (con nuovo impulso all’uso
delle fonti rinnovabili), controllo pubblico della gestione dell’acqua.
Ma, soprattutto, il Front de Gauche propone l’attivazione immediata di
un grande e capillare dibattito nazionale sulla politica energetica, avente
come obiettivo finale l’indizione di un referendum sull’uso del nucleare
civile (che serva a tematizzare tutte le possibilità, ivi compresa
in particolare l’uscita dal nucleare stesso, sulla base di un’indicazione
di fondo: ridurre il consumo energetico, senza abbassare il tenore di vita
delle classi popolari). Anche su questo, l’impegno interno dovrà
esser raddoppiato con un’azione parallela che miri alla “creazione di un
analogo polo pubblico a livello europeo”.
La prima ricchezza della Francia è il lavoro umano
Come detto, il pilastro portante che sostiene il “nuovo modo di produzione”
è il lavoro: “la prima ricchezza della Francia non è la finanza
ma il lavoro umano”. In questo nostro resoconto abbiamo seguito un filo
logico che connette le tematiche del lavoro alla sequenza ‘Istanze generali/Reperimento
delle risorse/Modello sociale e produttivo’: ciò non toglie il fatto
che alle specifiche tematiche del lavoro il ProgrammaFdG dedichi comprensibilmente
il primo capitolo, titolato significativamente “Distribuire le ricchezze
e abolire l’insicurezza sociale”. A tale sezione, giustamente posta in
preminenza nella configurazione tematica prescelta, appartengono anche
la problematica previdenziale e le proposte in tema di beni comuni e erogazione
di servizi pubblici, secondo lo schema prevalente: salario diretto, salario
indiretto, salario differito.
Si muove dalla constatazione di un’avvenuta “accumulazione di ricchezza,
senza precedenti e concentrata in poche mani”, per poi tematizzare una
secca inversione delle politiche del lavoro. L’idea generale è quella
della riproposizione di “una logica del pieno impiego”, a partire dalla
riduzione del tempo di lavoro e dall’abolizione della precarietà,
da una rivalutazione globale delle retribuzioni e delle pensioni, tutelate
altresì da un dispositivo di indicizzazione in relazione all’aumento
del costo della vita. E’ innanzitutto auspicata la fissazione di uno scarto
salariale massimo da 1 a 20 (come proposta dalla Confederazione europea
dei sindacati): così che la parte alta della “scala salariale” non
possa aumentare senza che contemporaneamente aumenti la parte in basso.
In tale direzione vanno le misure inserite nel set “Agire subito”: reintroduzione
delle 35 ore a parità di salario, diritto a pensione a 60 anni a
tasso pieno, Smic (salario minimo interprofessionale, sotto il quale nessun
salariato può andare) a 1700 euro lordi mensili per 35 ore (dal
1 gennaio2012, il valore dello Smic è attestato su 1398,37 euro
lordi mensili), instaurazione per tutte le imprese di un salario massimo,
assoluta parità retributiva di uomini e donne, sistema stabile di
formazione professionale per tutte e tutti, stabilizzazione immediata degli
800 mila precari della funzione pubblica, reddito massimo annuale a 360
mila euro.
A tali provvedimenti vanno aggiunti quelli indicati nella sottosezione
“Abolire la precarietà”: in primo luogo, va ristabilita “l’autorizzazione
amministrativa del licenziamento”, interdicendo i licenziamenti speculativi
(licenciements boursiers) e vietando la distribuzione dei dividendi per
le imprese che licenziano; in caso di delocalizzazione, instaurando il
diritto dei salariati a recuperare la loro impresa nella forma cooperativa.
In secondo luogo, il contratto a tempo pieno e indeterminato è riaffermato
come norma generale del contratto di lavoro; il lavoro a tempo determinato
dovrà essere rigidamente delimitato a poche e precise fisionomie
d’impiego, nonché sottoposto a un tetto massimo di utilizzo: 5%
delle unità lavorative per le grandi imprese e 10% per le piccole
e medie imprese (salvo deroga giustificata). Inoltre, per impedire una
perpetuazione all’infinito del precariato, occorre prevedere un diritto
di passaggio automatico dal tempo parziale al tempo pieno, la fissazione
a 6 mesi della durata massima degli stages lavorativi, con una remunerazione
equivalente alla metà dello Smic sin dal primo mese di stage.
Sul piano dei diritti essenziali (e delle provvidenze in tema di salario
indiretto), oltre al mantenimento di tariffe sociali per garantire l’accesso
di tutte e tutti all’acqua e all’energia, il ProgrammaFdG prevede, nell’ambito
del diritto alla casa, il varo immediato di un Piano di emergenza nazionale
per l’edilizia pubblica popolare (200 mila alloggi), scadenzato sulla durata
di cinque anni, e con una quota specifica destinata ad alloggi per giovani
e studenti; il blocco dei fitti e un piano per lo smobilizzo degli alloggi
sfitti; un tetto massimo per il canone d’affitto fissato al 20% del reddito
familiare; la costituzione di un’Agenzia fondiaria nazionale per una gestione
pubblica dei suoli. In tema di diritto alla salute, la sottosezione “Salute,
nostro bene comune!”, rilancia l’impegno per il potenziamento di un sistema
sanitario fondato sulla gratuità delle cure essenziali e la prossimità
dei presidi: prevedendo quindi il rimborso integrale delle spese sanitarie;
il blocco della chiusura o dello smantellamento di ospedali, centri di
cura e di assistenza alla maternità; la “messa in rete” delle strutture
ospedaliere e dei presidi territoriali sulla base del principio della prossimità,
al fine della riduzione dei tempi di attesa e di una presenza equilibrata
della sanità pubblica, proporzionale alla densità abitativa;
la creazione di un Polo pubblico farmaceutico che contribuisca alla produzione
e all’offerta di farmaci, ne controlli sicurezza e prezzi anche sulla base
di concreti poteri di sanzione, rilanci in materia la ricerca pubblica.
In definitiva, il Front de Gauche propone un generale rilancio del
servizio pubblico. Sanità, educazione, protezione sociale, ricerca,
energia, acqua, trasporti, telecomunicazioni, credito, casa, poste, sicurezza,
giustizia: tutto questo è patrimonio della collettività,
sono “i nostri beni comuni” , sottratti dal “popolo dei beni comuni” all’insidia
del profitto privato. Per questo, devono essere finanziati da una fiscalità
giusta, protetti dalla liberalizzazione dei mercati e dalla messa in concorrenza,
affidati a una gestione pubblica efficiente e partecipata dai cittadini,
supportati da un’adeguata informazione e cultura civica.
Uguaglianza e libertà
In sintonia con il progetto di giustizia sociale sin qui delineato,
va costruita “l’uguaglianza dei cittadini”. Essa è sì proclamata
dalla Repubblica, ma nei fatti è ancora un progetto da realizzare:
contro le discriminazioni e gli attentati alla libertà che ancora
perdurano, il ProgrammaFdG (capitolo 5) affida al “regime politico repubblicano”
il compito di costituire “la sovranità della comunità politica,
la libertà nel rispetto dell’interesse generale”. A cominciare dall’applicazione
integrale del principio di laicità, inteso come “principio vivente,
portatore di diritti inalienabili da garantire a ogni membro della società,
che esso sia francese o straniero”. Ciò concerne la libertà
di coscienza e di culto, “la neutralità dello Stato al riguardo
di tutte le convinzioni filosofiche, religiose o politiche”: così
che non possa accadere che una di queste sia messa all’indice proprio con
il pretesto stesso della laicità (“come fa regolarmente il Fronte
Nazionale a proposito della religione musulmana”). Nel contempo, è
precisamente il rispetto dello spazio pubblico e della suddetta “neutralità
dello Stato” ad esigere di porre un veto al finanziamento pubblico di religioni
e organismi confessionali. In merito, viene ancora sottolineato l’impegno
a difendere questi stessi principi di libertà e laicità nell’ambito
delle istituzioni europee e, in loro nome, a contrastare l’intrusione nella
politica internazionale di orientamenti pericolosi come la teoria dello
‘scontro di civiltà’ (“che divide il mondo in funzione dell’appartenenza
religiosa”).
Sulla scena dell’eguaglianza è posta in primo piano “l’uguaglianza
donne-uomini”, alla luce di un obiettivo secco: “Sbarazzarsi del patriarcato”.
Con riferimento al versante istituzionale interno, a promuovere tale istanza,
si propone la creazione di un Ministero per i Diritti delle donne e l’uguaglianza,
dipendente direttamente dal Primo Ministro, “dotato di mezzi e appoggiato
da delegati interministeriali”. Primi obiettivi: una legge-quadro per la
lotta contro le violenze fatte alle donne e una legge per la lotta contro
il sessismo, contro l’onnipresenza della pornografia e la strumentalizzazione
dei corpi a fini mercantili. Sul piano europeo, si propone l’immediata
attuazione della “clausola dell’europea più favorita”, sostenuta
dalle associazioni femministe, attraverso cui armonizzare verso l’alto
i diritti delle donne europee adottando a livello comunitario le leggi
nazionali più progressiste: “la legge olandese sulla contraccezione
e i diritti dei (delle) omosessuali, quella francese sullo stupro, quella
belga sulla parità, quella svedese sull’aborto e il congedo parentale,
quella danese sull’educazione sessuale e così via”.
In coerenza con tale impostazione generale è di seguito affrontato
il tema dell’immigrazione, assai delicato per la Francia anche perchè
ossessivamente agitato dalle destre: contro tutte le mitologie securitarie,
viene in proposito ribadito che “l’immigrazione non è affatto un
problema” e che “è ora di finirla con l’odio nei confronti degli
stranieri”. Non si tratta semplicemente di un imperativo etico, ma della
presa d’atto di un dato dell’oggettività: i flussi migratori non
sono un’anomalia da temere ma una realtà che riguarda tutti i Paesi
del mondo globalizzato e che in quanto tale va valorizzata guardando al
futuro. All’immaginario xenofobo, miope e regressivo, vanno dunque contrapposte
concezioni e politiche dell’accoglienza che respingano qualsiasi modello
di società ghettizzata, nella consapevolezza che “la tesi dell’immigrazione
zero è un mito che divide e indebolisce il nostro Paese”. In tal
senso, il ProgrammaFdG assume l’impegno di una revisione in termini progressivi
del Codice di entrata e soggiorno degli stranieri: “ristabiliremo il diritto
alla riunificazione familiare (…), regolarizzeremo i sans papiers, depenalizzeremo
il soggiorno irregolare, chiuderemo i centri di permanenza coatta, ristabiliremo
il diritto al soggiorno per motivi medici, garantiremo lo scrupoloso rispetto
del diritto d’asilo”.
Gli ultimi capitoli del ProgrammaFdG sono dedicati all’assetto istituzionale
statuale e territoriale, agli istituti formativi e culturali (due materie
di grande rilievo ma discusse prevalentemente in relazione al contesto
interno), alle scelte da attuarsi in sede internazionale (trattate piuttosto
sinteticamente, ancorchè non senza spunti importanti). Ad essi conviene
qui accennare limitandoci a segnalare quel che può avere per noi
uno specifico interesse. Quanto al primo tema, va sottolineata l’opzione
antipresidenzialista e a difesa del regime parlamentare (“Contro il presidenzialismo,
difenderemo il regime parlamentare: vogliamo ristabilire la primazia dell’Assemblea
nazionale sull’esecutivo. I poteri esorbitanti del presidente della Repubblica
devono essere soppressi”) nonché la scelta proporzionalista (“La
proporzionale dovrà essere ristabilita per tutte le elezioni”) e
l’impegno per il rafforzamento della democrazia partecipativa (“La democrazia
partecipativa dovrà essere inscritta nella Costituzione”).
In secondo luogo, per ciò che concerne la formazione e la cultura,
il ProgrammaFdG punta innanzitutto a evidenziare il carattere pubblico
della missione educativa, in contrasto con quanto raccomandato dalla strategia
di Lisbona (“Combatteremo la messa in concorrenza delle strutture educative
e rivedremo tutte le misure che, sotto l’apparenza dell’autonomia, mirano
a istituire un mercato dell’educazione. Affermiamo la necessità
di una politica nazionale dell’educazione in una logica di servizio pubblico,
per una vera gratuità e parità di accesso ai saperi. Agiremo
perché la produzione di conoscenze e la formazione siano liberate
dalla logica del mercato e della rendita finanziaria”). In questo contesto
si riafferma l’obbligo scolastico per tutte e tutti (“da 3 a 18 anni”),
si propone di lanciare “un piano di lotta contro le ineguaglianze sociali
nella scuola”, e ci si impegna – in relazione all’insegnamento superiore
e alla ricerca – a potenziare uniformemente il servizio pubblico abbandonando
“i ‘frastagliamenti’, strumento di discriminazione, così come le
‘iniziative d’eccellenza’”.
Infine, in relazione alle politiche “per la pace e la cooperazione
tra i popoli” - accanto alla conferma dell’impegno per una democratizzazione
dell’Onu e per un processo di denuclearizzazione e disarmo multilaterale
- va registrata la presenza di altri tre obiettivi programmatici ‘pesanti’:
ritiro delle truppe francesi dall’Afghanistan, ritiro della Francia dalla
Nato, riconoscimento dello Stato di Palestina da parte della Francia e
dell’Unione Europea.
Alcune considerazioni conclusive
Come emerge da questa nostra rapida trattazione, il ProgrammaFdG è
molto chiaro e netto – potremmo dire radicale - sui punti sensibili che
caratterizzano gli sviluppi dell’ immediato futuro, nazionale ed europeo;
e, nel complesso, prospetta un’inversione di marcia appunto radicale rispetto
agli orientamenti prevalenti a destra ma anche nel centrosinistra. E, tuttavia,
non vi sarebbe nulla di strano nel definirlo un misurato programma socialdemocratico,
ispirato a formule tradizionali come quella che reclama ‘pace, diritti,
lavoro, redistribuzione della ricchezza’. Il fatto è che, con i
tempi che corrono e a fronte dell’involuzione pluridecennale delle società
e delle democrazie liberali d’Occidente, anche un’impostazione riformista
viene ad acquistare il senso e a richiedere il coraggio di un passaggio
quasi-rivoluzionario. Tale paradossale contrasto è espresso emblematicamente
nell’espressione “rivoluzione dei cittadini”, imperiosamente richiesta
dalla sempre più marcata collisione tra capitalismo, nella sua odierna
versione neoliberista, e istituti democratici.
Questa constatazione acquista una particolare pregnanza se si considera
il pericoloso impasse in cui versa il contesto europeo. Si è visto
che i provvedimenti proposti dal Front de Gauche configurano un drastico
rimaneggiamento del progetto europeo e, sul piano interno, prescrivono
una radicale opposizione agli orientamenti sin qui ossessivamente seguiti
in sede Ue. Ciò viene senza mezze misure dichiarato, senza che tuttavia
vi sia il minimo dubbio circa la necessità di confermare la prospettiva
europea, la quale resta per le compagne e i compagni francesi urgente ed
essenziale.
Si tratta certamente di una strada assai stretta, politicamente difficile
e tuttavia inderogabile. A guardar bene, è il medesimo difficile
cammino ribadito dalla sinistra più consapevole nel Paese oggi più
a rischio di implosione: e cioè da Syriza in Grecia. Anche qui,
in una congiuntura assolutamente eccezionale, l’opposizione più
dura nei confronti delle politiche-capestro sciaguratamente imposte da
Bruxelles (e Berlino) si accompagna alla dichiarazione di una mai dismessa
volontà di appartenenza al consesso europeo. Ciò significa
una cosa molto semplice: non è vero che appartenere all’Europa debba
significare adeguarsi ai diktat liberisti (della Commissione europea, della
Bce, del Fondo monetario) e accettare supinamente le politiche di austerità.
Al contrario, è il dogma dell’attuale establishment - e gli interessi
di classe da esso protetti - a imporre il ricatto dell’equazione ‘progetto
europeo=dramma sociale’. Una strada alternativa esiste, è l’unica
che possa traguardare una prospettiva di dimensione continentale (ancorchè
all’insegna di “un’altra Europa”) e occorre far di tutto affinchè
sia percorsa. Per questo, occorre a quel livello operare per capovolgere
i rapporti di forza.
Il Front de Gauche prova a farlo - nel suo Paese, nella sinistra europea,
nel Gue - a partire dai suoi contenuti programmatici. Ciò può
avvenire grazie a due opportunità decisive, concretizzatesi nell’ambito
dello stesso panorama politico transalpino. La prima è data dall’aver
costruito risolutamente una risposta all’ “esigenza di reinventare la sinistra”,
poggiando sulla chiarezza dei contenuti e sul protagonismo popolare: “Creando
il Front de Gauche, i militanti dei partiti e delle formazioni che lo compongono
– ce ne sono ormai sei (Gauche Unitaire, Parti comuniste Français,
Parti de Gauche, Convergences et Alternative, Fédération
pour une Alternative sociale et écologique, République et
Socialisme) – hanno scosso le loro abitudini e si sono uniti per mettersi
all’altezza di questo momento eccezionale”. Penso che Il ProgrammaFdG sia
lì a testimoniare la scelta di classe e la conseguente idea di un’altra
società, profondamente diversa dal capitalismo vigente, quali elementi
distintivi del profilo identitario e programmatico assunto dal suddetto
raggruppamento politico.
La seconda opportunità è stata offerta dal prevalere
di un candidato socialista alla massima carica della Repubblica francese
che, nel suo programma, promette tra l’altro di: opporsi “in Europa a quei
nostri dirigenti che si sono rassegnati all’austerità e sono stati
incapaci di dominare la finanza”, di “riorientare l’Europa rinegoziando
il trattato d’austerità” (o Fiscal compact), di costituire in Francia
“una banca pubblica di investimento per lo sviluppo delle nostre imprese”,
di “modulare l’imposta sulle società a seconda che il beneficio
sia reinvestito oppure distribuito agli azionisti”, di “mettere le banche
al servizio dell’economia” separando “le attività di credito da
quelle legate alla speculazione”, di “riformare la fiscalità, tassando
le remunerazioni indecenti del 75% oltre il milione di euro l’anno e ristabilendo
l’imposta sulla ricchezza”, di promuovere “una nuova riforma previdenziale,
dando a coloro che avranno contribuito per la totalità dei loro
anni di servizio il diritto di andare in pensione a 60 anni”, di “lottare
contro le discriminazioni e il razzismo”, di “portare alta la voce della
Francia nel mondo, rompendo in Africa con pratiche d’altri tempi, sviluppando
relazioni con la riva Sud del Mediterraneo e agendo per la pace in Medio
Oriente, ritirando le nostre truppe dall’Afghanistan entro il 2012” (citazioni
riprese dal programma di François Holland). Certo, non è
il programma del Front de Gauche; e non sempre le promesse elettorali si
traducono in fatti concreti, una volta poste alla prova del governo e delle
presumibili mediazioni che il suo esercizio comporta. Cionondimeno, le
suddette opzioni programmatiche sono comprensibilmente bastate per consentire
al Front de Gauche di far arrivare a Hollande l’appoggio elettorale al
secondo turno delle presidenziali e fornire in questo modo un contributo
determinante per il suo successo. Sarà ora compito del Front de
Gauche medesimo di vigilare e provare ad ancorare a sinistra l’azione dell’attuale
premier.
Chiudo notando che ad oggi nessuna delle due opportunità si
è ancora profilata nel nostro Paese. La sinistra di alternativa
(comunista, di sinistra, di movimento) non riesce a trovare il bandolo
dell’unità (e gli appelli in tal senso, senza un serio approfondimento
programmatico proposto e condiviso, temo che siano destinati a lasciare
il tempo che trovano). Per altro verso, un Partito Democratico senz’anima
e, nonostante la parziale tenuta elettorale, in evidente crisi di identità
appoggia un governo di destra, la cui filosofia appare non a caso agli
antipodi di quella appena richiamata e contenuta negli obiettivi programmatici
del socialista François Hollande. Nel frattempo, il 2013 si avvicina:
e forse non siamo ancora fuori tempo massimo.
*responsabile Ufficio di Programma PRC_FDS