Bruno Steri, www.lavorincorsoasinistra.it, 20 novembre 2012
Si fa fatica a scrivere dell’ennesimo eccidio perpetrato da Israele
ai danni del popolo palestinese, di cui gli abitanti del carcere a cielo
aperto di Gaza sono parte. Mancano le parole (peraltro ripetutamente dette
e scritte) per articolare una riflessione, un appello, una proposta. Parlano
le immagini (in particolare, quelle dei bambini straziati) e il numero
dei morti: siamo già a un centinaio, di cui una buona parte civili.
In realtà, che vi sia qualcuno che stia direttamente sul posto
e scriva di ciò che sta succedendo è essenziale. Lo sta facendo
Michele Giorgio, unico giornalista italiano presente fisicamente a Gaza;
come lo aveva fatto Vittorio Arrigoni, al tempo di “Piombo fuso”, l’altra
criminale incursione dell’esercito israeliano a Gaza (in quella circostanza,
i morti furono 1.300). Camminando tra le macerie di quel che rimane di
un edificio governativo nel rione Nasser, il corrispondente de il manifesto
annota: “In questo martoriato lembo di terra l’unica cosa che un palestinese
può fare quando gli israeliani bombardano è pregare”. Non
c’è altro da fare per trovare riparo sotto la pioggia di bombe,
in assenza di rifugi e senza neanche l’avvertimento degli allarme antiaereo.
Sanno bene cosa vuol dire permanere per ore e per giorni in una tale esposizione
al rischio della vita i coraggiosi cooperanti italiani che sono là
accanto ai loro amici palestinesi, quelli con cui hanno condiviso giorno
dopo giorno l’impegno civile e sociale. Ho letto nelle cronache i nomi
di tre di loro e verrebbe voglia di gridarli al mondo. Salvo Maraventano,
Valentina Venditti, Rosa Schiano: nomi di persone che non conosco, ma certo
questi sono oggi italiani di cui esser fieri. Con l’appello che pubblichiamo
qui di seguito, i cooperanti italiani a Gaza hanno sbugiardato l’ineffabile
(tecnico) ministro degli Esteri Giulio Terzi, il quale non ha perso tempo
ad indicare negli esponenti di Hamas i responsabili dell’attuale drammatica
situazione e a giustificare ogni crimine purchè fatto in nome di
una malintesa “sicurezza di Israele”. Così come non aveva perso
tempo la scorsa estate a sollecitare un’Unione Europea a suo dire troppo
esitante e ad auspicare che siano rotti gli indugi e si proceda all’ennesimo
“intervento umanitario” (armato), stavolta contro la Siria. Del resto,
al rappresentante del governo italiano si è autorevolmente aggiunta
la voce della massima carica della Repubblica, il presidente Napolitano,
il quale si è affrettato a esprimere la sua solidarietà a
Bibi Netanyahu. Di questi italiani – di questi, sì – c’è
davvero da vergognarsi. A questi autorevoli signori bisognerebbe ricordare
che non è “politicamente corretto” portare la propria solidarietà
a dei terroristi. Già, terroristi: perché chi decide di far
cadere da un cacciabombardiere o da un drone, ultimo prodotto di un’avanzatissima
tecnologia, una bomba sulla testa di civili inermi non è meno terrorista
di un uomo che si fa esplodere in mezzo alla gente. A proposito di “crimini
contro l’umanità” (di cui troppo spesso e con visuale strabica si
straparla)
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I COOPERANTI ITALIANI A GAZA SMENTISCONO IL MINISTRO TERZI
Siamo al quinto giorno di attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza.
Scriviamo questo comunicato nel mezzo del suono incessante dei bombardamenti,
che proseguono ininterrottamente giorno e notte, tenendoci svegli e nel
terrore assieme a tutta la popolazione di Gaza. Sentiamo sulle nostre teste
il rumore continuo dei droni e dei caccia F16 che sorvolano il cielo della
Striscia. Ogni attacco di questa offensiva militare indiscriminata e sproporzionata
riaccende i terribili ricordi di Piombo Fuso. Al momento le strade di Gaza,
solitamente caotiche e affollatissime, sono surrealmente deserte, la gente
non può far altro che cercare rifugio nelle proprie case. (…)
Il Ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi, ha dichiarato che
l’escalation è iniziata con un’”enorme offensiva partita da Gaza”
a cui Israele avrebbe legittimamente risposto con una reazione “molto dura,
anche se ampiamente anticipata”. Ha inoltre affermato che “è necessaria
e urgente un’azione che riduca le tensioni, dia sicurezza a Israele e restituisca
un minimo di tranquillità alla Striscia di Gaza”.
Non possiamo condividere queste posizioni. Le ostilità sono
cominciate giovedì 8 novembre con l’incursione via terra dell’esercito
israeliano a Est di Khan Younis che ha causato la morte di Hamid Abu Daqqa,
un adolescente di 13 anni che giocava a pallone davanti casa. Quella israeliana
non è una “dura reazione” ma piuttosto un’offensiva indiscriminata
che colpisce principalmente la popolazione civile di Gaza, soggetta da
sempre alle incursioni via terra, mare e aria sul suo territorio.
I bombardamenti di cui siamo testimoni in questi giorni colpiscono
una popolazione imprigionata dal blocco israeliano, illegale secondo il
diritto internazionale umanitario, che da cinque anni impedisce il movimento
delle persone e isola quasi completamente la Striscia di Gaza dal resto
del mondo. Il lancio di circa 400 razzi dalla Striscia di Gaza ha causato
3 vittime tra i civili israeliani. Condanniamo ogni attacco nei confronti
dei civili. Non possiamo accettare che il Governo Italiano parli di piena
sicurezza da un lato e di un “minimo di tranquillità” dall’altro.
Crediamo però che anche la popolazione di Gaza così come
quella israeliana abbia diritto ad una piena sicurezza e alla massima tranquillità.
Ciò può essere possibile solo con la fine dell’assedio e
dell’occupazione, con il pieno rispetto dei diritti umani e della dignità
del popolo palestinese.
Ci appelliamo al governo italiano e alla comunità internazionale affinché si adoperino per mettere fine a questa aggressione illecita contro i civili palestinesi.
I cooperanti italiani presenti a Gaza, 18 Novembre 2012