Lady Skimmington e Captain Pouch, "Umanità nova", 18 gennaio 2009
Questo corsivo è particolarmente semplice da scrivere. Una notiziola,
forse sfuggita ai più, connessa alla tragedia che sta vivendo il
popolo palestinese, ci da la misura del cancro morale che attanaglia le
nostra società.
La riportiamo per sommi capi, così come ci è pervenuta
e sperando che si tratti di una bufala giornalistica.
Nella sostanza il segretario provinciale romano della Flaica-Cub, Giancarlo
Desideri avrebbe dichiarato la necessità di boicottare tutti i negozi
romani gestiti da ebrei, compilando vere e proprie liste degli esercizi
commerciali di loro proprietà al fine di evitarli. All'obiezione
dell'intervistatore che in quel modo si sarebbe andati alle liste di proscrizione,
come ai tempi delle leggi razziali, Desideri avrebbe risposto: «Lo
sappiamo che avremo tutti contro, ma non possiamo più passare sotto
silenzio quello che succede a Gaza». Alla successiva obiezione che
una cosa è il boicottaggio dei prodotti israeliani un'altra quello
dei commercianti ebrei, avrebbe ancora replicato:
«Lo so, ma abbiamo pensato che non era più il caso di
fare manifestazioni di piazza che lasciano il tempo che trovano. Ci siamo
accorti» avrebbe proseguito «che nessuno sapeva di preciso
quali erano i negozi i cui proprietari hanno rapporti con Tel Aviv, e perciò
abbiamo pensato di mettere giù una lista, perché noi, attraverso
i nostri iscritti, li conosciamo. Però ci sono delle difficoltà,
un primo elenco è già lungo più di tre pagine. E allora
abbiamo pensato che forse è meglio dare le indicazioni riguardo
alle strade: non comprate in quella strada perché la maggior parte
di quei negozi è di proprietà di ebrei. Forse faremo prima
a dire in quali strade si può comprare».
Che il fatto di essere ebrei comporti automaticamente un boicottaggio
nei loro confronti non sembrerebbe aver preoccupato più di tanto
il segretario della Flaica: «È vero, più si generalizza
più si sbaglia, lo so. Ma di fronte a quello che sta succedendo
a Gaza bisogna reagire, quando si tratta di guerra non ci sono regole,
è guerra e basta. Sono cinquant´anni che ci preoccupiamo degli
ebrei perché hanno subito l´Olocausto, ora dobbiamo preoccuparci
dei palestinesi che sono gli ebrei di oggi». E ancora: «Faremo
i volantinaggi davanti ai grandi centri commerciali, nelle strade dello
shopping». Ovviamente con le liste di proscrizione dei negozi di
ebrei nei quali non entrare.
Riconosciamo che è un'eccellente idea! Potrebbe essere estesa
ad libitum. La nostra squadra ha perso il derby? Boicottiamo tutti i bar
gestiti dai tifosi della squadra avversa, siano essi gobbi o bibini. Un
tale con i capelli rossi ci ha pestato un piede? Rifiutiamo di entrare
nei negozi di proprietà di fulvocriniti. Le campane della chiesa
ci svegliano la domenica mattina? Indaghiamo su quali sono gli esercizi
commerciali di proprietà cattolica, o islamica (se ci ha svegliato
il muezzin) e non ci mettiamo più piede. E poi invitiamo tutti parenti,
amici, casigliani a fare come noi e che la pratica si estenda e diventi
di massa...
Quello che sembra sfuggire al Desideri è che la sua idea non
è originale, l'hanno già avuta altri, con le camicie nere
o brune, negli anni '30 in Germania e l'hanno messa in pratica con la tipica
efficienza tedesca: rompendo le vetrine delle botteghe semite, marchiandole
con la scritta Juden raus e consegnando ai loro proprietari a mo' di ricompensa
una graziosa stella gialla e la promessa di una prossima villeggiatura...