David Santoro, da "Carta", novembre 2002
Stanchezza. Oggi sembra essere questo il sentimento dominante
nella società basca. I cittadini non sono mai stati così
lontani dalla politica. Fino a qualche anno fa, sarebbe stato impensabile
andarsi a prendere un vinito nel centro storico di Bilbao o di San Sebastián
senza udire commenti sulla situazione politica. Perfino la più grande
provocazione degli ultimi anni da parte del governo di Madrid, la messa
fuori legge di Batasuna, che pure ha provocato un sussulto nell'opinione
pubblica locale, ha suscitato reazioni decisamente moderate. Saggiamente,
i dirigenti del partito nazionalista radicale non hanno fatto appelli alla
resistenza contro la chiusura delle sedi di Batasuna e delle annesse taverne
che fungono da luoghi di incontro. Non solo avrebbero fatto il gioco di
Aznar, avrebbero anche rischiato di vederli cadere nel vuoto. Una recente
manifestazione contro la messa al bando di Batasuna, convocata a Bilbao
da Zutik, movimento di estrema sinistra, Batxarre, analoga organizzazione
navarra, e Aralar, una scissione di Batasuna [vedi Carta n.33], ha raccolto
poche centinaia di persone.
Tra i delusi dalla politica, sono non pochi quelli che negli anni settanta
hanno fatto in tempo a subire la galera di Franco e l'esilio, ed hanno
avuto dell'Eta di allora conoscenza diretta. Per loro, essere baschi equivaleva
ad essere antifranchisti e di sinistra e una delle cause della loro disaffezione
risiede nel fatto che, una volta ottenuta l'autonomia con lo Statuto del
1980, il discorso politico nei Paesi Baschi si è indirizzato sempre
più sul terreno nazionalista e sempre meno su quello sociale.
Inoltre, ad allontanare molti dalla partecipazione è anche la convinzione
che lo scontro in atto abbia carattere fondamentalmente elettoralistico
[nella primavera del 2003 si terranno le amministrative]. Ben pochi ad
esempio credono che il lehendakari Ibarretxe vada fino in fondo quando
minaccia di assumere unilateralmente le competenze che Madrid, in barba
allo statuto, non ha ancora trasferito alla Comunità autonoma, e
di attuare il federalismo fiscale e politico. Lo statuto del 1980 costituisce
infatti la base del potere del Pnv [il Partito nazionalista basco; moderato]
ed appare poco probabile che il partito voglia rischiare uno scontro aperto
con Madrid. Con l'aria che tira, potrebbe trasformarsi per Aznar in un
ottimo pretesto per farla finita con l'autonomia.
Mille pesetas per la pace
Vi sono però anche segni positivi di fermento,
frutto delle esperienze dell'ultimo decennio. Tra la fine degli anni ottanta
e il decennio successivo la crescente spregiudicatezza nell'uso della violenza
da parte dell'Eta è andata di pari passo con la sua delegittimazione
nella società basca. I rapimenti a scopo di autofinanziamento e
come forma di pressione verso gli industriali che non si sottomettevano
alla cosiddetta imposta rivoluzionaria hanno portato ad una seria frattura
nel corpo sociale. Da qui sono nate iniziative dal basso per il dialogo
e la non violenza.
"Nel 1986 il nostro impegno contro la violenza dell'Eta era minoritario
- ricorda Jesús Herrero, uno dei 12 membri della commissione permanente
del coordinamento pacifista Gesto por la paz - oggi per fortuna non è
più così. Ci sorprendiamo ancora della partecipazione che
riscuotono le nostre iniziative in risposta a un attentato. Certo, oggi
la situazione è più difficile, a causa della frattura politica
legata alla messa fuori legge di Batasuna. Sono in molti a rifiutare questo
scontro, tutto mediatico, che blocca il dialogo e non offre soluzioni.
Per questo critichiamo tanto il governo spagnolo quanto quello basco. Noi
lanciamo un appello all'unità delle forze politiche perché
trovino un terreno comune nel rispetto dei diritti umani. Si tratta di
una scelta che è alla base di qualsiasi percorso democratico e viene
ancor prima di qualsiasi piattaforma politica".
Il momento di maggior mobilitazione e speranza si raggiunse nel 1999, dopo
l'annuncio di una tregua da parte di Eta. Che però durò poco
più di un anno. Per le forze che vivono dello scontro, la pacificazione
equivale al suicidio, ecco quindi la rottura della tregua e la violenta
campagna antibasca del Pp, partito di Aznar. "Il Partido Popular calunnia
e offende tutti i baschi con le sue menzogne, il Psoe [socialista, all'opposizione],
che sulla questione è pappa e ciccia con Aznar, cerca solo di mantenersi
a galla e non perdere voti. Izquierda unida, che pure ha una maggiore apertura,
non può assumere un profilo eccessivamente filo-basco per non perdere
consensi nel resto del paese...": così fotografa la situazione un
elettore di sinistra non nazionalista.
È proprio la sensazione di essere in un circolo vizioso e senza
leader politici con una chiara volontà di voltar pagina che allontana
dalla politica i cittadini. Per cambiare l'agenda della politica, nel 1992
è sorto Elkarri, movimento non violento per il dialogo e la convivenza.
Tra le iniziative il lancio di una piattaforma per la pacificazione basata
su quattro punti: rifiuto di ogni forma di violenza e rispetto dei diritti
umani; ricerca del dialogo come metodo; impegno a raggiungere un accordo
senza atti unilaterali e senza l'esclusione di nessuna delle parti; rispetto
della volontà dei cittadini liberamente espressa.
La responsabile organizzativa di Elkarri in Guipuzkoa, Aitzibar Blanco
offre una lettura più ottimista della società basca: "La
sensazione di paralisi è provocata dalla doppia strategia degli
attentati da parte dell'Eta e della messa al bando di Batasuna da parte
del governo di Madrid. In realtà, la gente vuole ancora partecipare,
ma in altro modo. Quando abbiamo chiesto di sostenere la conferenza di
pace con una firma e 1000 pesetas [circa 6 euro], hanno risposto in 52
mila, e alle marce organizzate da un giorno all'altro nelle diverse province
basche hanno partecipato tra le tre e le cinquemila persone".
Un'altra iniziativa inusuale è stato l'incontro tra Lourdes Zabalza,
sorella di Mikel, ucciso dalla Guardia Civil, Gorka Landauru, scampato
a un attentato dell'Eta, e Maria Carmen Hernández, vedova di Jesús
Maria Pedrosa, assessore del Psoe che non ha avuto altrettanta fortuna.
Quelle conversazioni sono state raccolte in un libro, "Claves para hacer
las paces".
Il processo della conferenza di pace è iniziato il primo ottobre
del 2001 e si concluderà il 26 ottobre di quest'anno. "Ci siamo
rivolti al mondo sociale e politico, a tutte le organizzazioni, ai sindacati
e ai partiti. Solo il Pp e la sua versione navarra, l'Unp, hanno rifiutato
di partecipare. Con l'Eta, evidentemente, non abbiamo avuto contatti. Il
risultato della conferenza sarà un impegno al dialogo sottoscritto
dai partecipanti e aperto a tutti coloro che vogliono aderirvi". Dal 7
al 9 ottobre si è tra l'altro svolto a Bilbao un incontro a sostegno
della pacificazione, con quattro esperti internazionali: Andrea Bartoli,
direttore del Centro internazionale per la risoluzione dei conflitti dell'Università
della Columbia di New York; William D. Weisberg, membro del Programma di
analisi e risoluzione dei conflitti internazionali dell'Università
di Harvard; Harri Barnes, già responsabile del Programma di risoluzione
dei conflitti del Centro Carter; Alec Reid, sacerdote redentorista del
monastero di Clonard, presso Belfast, figura chiave della mediazione nel
processo di pace irlandese.
Il Forum sociale basco
Prossimo appuntamento per la società civile in Euskadi la costituzione,
il 19 ottobre prossimo, del Forum sociale basco. Sono invitati tutti coloro
che si riconoscono nella Carta di Porto Alegre e che vedono in Euskal Herria
[cioè la Comunità autonoma più la Navarra e le province
basche francesi] la patria basca. In attesa di conoscere numero e volto
dei partecipanti al forum di Firenze, si sa già che la Lega basca
per i diritti e la liberazione dei popoli organizzerà un workshop
sull'autodeterminazione. È inoltre assicurata la partecipazione
di organizzazioni e sindacati baschi ai seminari sul sindacalismo antiliberista
e la politica fiscale.