Giovanni Russo Spena, www.controlacrisi.org, 25 novembre 2012
Marcello Musto, giovane ed autorevolissimo docente di Teoria Politica alla York University di Toronto, è autore di un testo che ritengo fondamentale per ogni studioso di Marx e per ogni militante anticapitalista: "Ripensare Marx e i marxismi” (Carocci editore). Un testo che andrebbe adottato in tutti i più seri corsi di formazione. Musto, anche dall’immenso lavoro in corso di Mega2, trae la convinzione che la ”ricerca su Marx presenti ancora tanti sentieri inesplorati”. Il lavoro di Musto ci insegna molto anche perché ripercorre il tormentato e ponderoso processo acquisitivo di Marx, le sue note a margine dei libri che leggeva; i suoi appunti, che sono l’accumulo progressivo della sua teoria critica. Un percorso che si dipana tra i Manoscritti del ’44, la successiva Ideologia Tedesca, sino al grande lavoro dei Grundisse e, poi, al Capitale, dove la concezione teorica prende forma compiuta. Il pensiero di Marx, infatti, è un pensiero intrinsecamente antidogmatico. La sfida anche teorica (ci dice con forza Musto, con significativa passione militante) sarà vinta quando lo studio di Marx, sconfiggendo l’inerte accademismo, incontrerà l’impegno politico, rendendolo più consapevole e determinato. Non a caso Musto ci parla, diffusamente, dell’attualità del ”Manifesto del Partito Comunista” e si interroga: esso è un classico del passato o opera anticipatrice della odierna realtà della globalizzazione del capitale? Pochissimi altri scritti possono vantare analoga vitalità e crescente diffusione, in tutti i continenti. ”Se la perpetua giovinezza di uno scritto consiste nella sua capacità di saper invecchiare, ovvero di essere sempre capace di stimolare nuovi pensieri, si può allora affermare che il Manifesto possiede senz’altro questa virtù”. Potremmo dire “da Marx a Marx”, riconnettendo la teoria alla pratica sociale e politica. Di fronte ad una”teoria borghese” e ad un capitale capace di metamorfosi continua, Musto ci ammonisce:”non dobbiamo essere ripetitori ma ricostruttori”. Certo, noi siamo figli di una rivoluzione sconfitta; ma il ritorno a Marx si pone all’interno di una potenziale messa a tema della trasformazione anticapitalista dentro l’orizzonte della crisi organica del capitale. Non nel senso, ovviamente, che la rottura rivoluzionaria sia alle porte; ma nel senso che hanno fallito modelli e immaginario collettivo del capitale che, soprattutto dopo l’89, sembravano immodificabili. "La storia è finita” si scrisse. No, pur se in forme tortuose e confuse, la storia non è finita.Musto ci dice, in definitiva, che il Marx non dell’accademia ma della rivoluzione presuppone la costruzione della soggettività rivoluzionaria. Critica sociale e ricostruzione della ”cassetta degli attrezzi” sono dialetticamente connesse. Innanzitutto perché il ”pensiero unico” dominante ha sconvolto dalle fondamenta anche la concezione socialdemocratica trasformando il Pd in una forza liberaldemocratica centrista (penso,per ultimo, all’accettazione del Fiscal Compact e al voto acritico che ha introdotto il pareggio di bilancio in Costituzione, cioè l’abbandono perfino di ogni possibile, mite Keynesismo). In secondo luogo, l’analisi ci porta a rilevare la pervasività assoluta del dominio del capitale, dal comando assoluto di Marchionne alla contraddizione capitale/vita che emerge, ad esempio, all’Ilva di Taranto o nel lavoro semischiavistico dei migranti, ricattati sui diritti di cittadinanza. La violenza dei processi di valorizzazione del capitale investe processi del lavoro, mercato del lavoro, vita stessa delle persone. La precarietà diventa vera e propria mutazione antropologica. La esegesi dei testi di Marx va fatta vivere nell’analisi critica del capitalismo contemporaneo, nelle contraddizioni di classe, di genere, di specie. Diventa, allora, centrale il tema della costruzione della soggettività. Pasquale Voza, Guido Liguori ce lo ricordano nel Dizionario Gramsciano: in un contesto (come l’attuale) di”rivoluzione passiva”, la costruzione della soggettività passa attraverso i processi (conflittuali, di rivolta, teorici) di ”antirivoluzione passiva”; come critica dell’economia politica e disegno di una nuova relazione sociale ed umana. Anche su questi temi fondamentali Musto acutamente ci interroga…