Rossana Rossanda, "Il Manifesto", 5 Aprile 2012
Ecco il primo soggetto politico che toglie senz'altro di mezzo il conflitto
sociale: è quello proposto dal documento di Firenze e Napoli, pubblicato
sul manifesto del 29 marzo e argomentato il giorno dopo da Marco Revelli.
Come Revelli, altri amici e compagni vi hanno rapidamente aderito.
È un "soggetto senza progetto". La sua idea di società,
alquanto mal ridotta dai traffici di Berlusconi e dalla contabilità
di Monti, non va oltre la vasta quanto vaga esigenza di far esprimere in
forme dirette la società civile, la quale è fatta di tutto
fuorché dallo stato, dalle istituzioni e dagli attori della politica.
Da tutti e da ciascuno di noi - padroni e dipendenti, banche e depositari
e speculatori, uomini e donne, ricchi e poveri, nord e sud - in quanto
messi in grado di esprimersi con la scheda sui loro bisogni e le soluzioni
per risolverli. Quindi una democrazia più diffusa, una rete di relazioni
svincolata dal ceto politico, non più solo "rappresentativa" di
qualcuno ma "partecipata" da cittadini che non rilasciano deleghe.
Questo modello non è quello della Costituzione del 1948, che
punta sui partiti come corpi intermedi, mediatori fra cittadini e stato,
luoghi di elaborazione degli interessi diversi di una società complessa.
I partiti - è la premessa del documento - non godono più
di alcuna fiducia degli italiani, chiusi come sono in se stessi e nelle
loro diatribe, mancando di ogni trasparenza anche quando, raramente, non
sono sospettabili di frodi. Essi costituiscono l'impermeabile e impenetrabile
"Palazzo" di pasoliniana memoria, e l'ombra o penombra che vi domina sono
il miglior brodo di coltura per germi di ogni tipo. Metterli sotto pressione
e controllo dal basso è l'operazione di igiene che si impone, nonché
cortocircuitarli quando si può chiamare a un referendum.
Per il "nuovo soggetto" questo - trasparenza e apertura ai cittadini
- è il vero problema del paese. Occorre sfondare le mura di quelli
che non sono più corpi "intermedi" ma corpi "separati", e come tali
non sono in grado né di capire né di comunicare con l'Italia,
per cui si prevede un massiccio voltare loro le spalle con l'astensione.
Il nuovo soggetto promette di essere l'opposto, tutto un'iniziativa di
apertura delle barriere e di messa a confronto degli uni con gli altri,
insomma un partito - non partito ma sostitutivo dei partiti.
Per fare che cosa, oltre che questa operazione di schiarimento delle
acque? Non è detto. Certo ci sono in Italia gigantesche inuguaglianze
di condizioni materiali, di cultura e di status ma l'esprimersi di tutti
sui "beni comuni", le abolirà o ridurrà attraverso la presa
di parola dei più deboli. Non scomodiamo dunque Marx, né
il movimento operaio, né il vecchio concetto di lotta di classe,
e tanto meno l'utopia pericolosa che ha portato ai defunti "socialismi
reali". Non che il capitalismo sia morto, anzi non ha mai così totalmente
dominato il pianeta, ma si tratta - se ho ben capito - di proteggere la
gente dalle sue crisi stabilendo un vasto terreno di beni fuori mercato.
Agganciandosi ai Comuni in quanto - lo dice la parola stessa - essi sono
l'istanza elettiva più vicina al territorio e quindi in grado di
controllarlo ed esserne controllata.
Il "nuovo soggetto politico" non si perde sull'analisi dello stato
e dei poteri forti, politici ed economici. Né nelle teorie sociali
del movimento operaio o, all'opposto, del liberismo: le prime neppure le
nomina, al secondo i beni comuni, terreno di convinzione generale, tagliano
le unghie. In questo senso il documento di Firenze presenta una tranquilla
riedizione della spontaneità, l'universalmente umano bastante a
se stesso, che il '68 aveva portato avanti polemicamente ma adesso, rifiutando
assalti al cielo troppo pericolosi, sarebbe in condizione di attuarsi attraverso
una saggia rete di relazioni e consultazione popolare permanente.
Di avversari il "nuovo soggetto" non ha che la privatizzazione di beni
comuni, contro la quale si batte ma non meno che contro la statalizzazione
o il loro "restar pubblico" nelle forme attuali, di "merce non ancora messa
in vendita". Che sia intrinseco al capitale il trasformare tutto in merce,
umani compresi, non interessa il "nuovo soggetto"; esso sospetta anzi che
questa tesi sia un residuo delle culture politiche del Novecento, inchiodate
sul conflitto capitale-proletariato. Così come non scava troppo
in quello fra uomini e donne, concedendo la parità di valore tra
la razionalità che sarebbe maschile, e l'emozione o la passione
che sarebbero femminili. Alle passioni ed emozioni finora si affidava soltanto
il populismo, ora entrerebbero fra i parametri del politico moderno. Anche
l'ecologia troverebbe vantaggio in questa filosofia: chi può negare
che il pianeta sul quale siamo appollaiati sia un bene comune?
E i beni comuni possono essere molti. Non è più forse
il caso dei pascoli, ma non è bene comune che l'Italia produca automobili,
meglio se elettriche? Basta persuaderne Marchionne e Landini. Che il voto
dell'uno conti da solo nelle relazioni industriali quanto il voto di tutti
i seguaci dell'altro (anzi in ogni caso di più, perché sua
è la proprietà) è un dato di sistema sul quale non
vale la pena di soffermarsi. Così come su alcuni diritti - al posto
di lavoro o alla casa, e alla scuola, alla sanità, alla cultura,
rimasti ottativi anche nella Carta del 1948. Chi non li desidera? Ma non
evochiamo le idee fisse novecentesche. È vero che le vicende e le
trasformazioni della proprietà, per non parlare del mercato, avvengono
così lontano dal nostro sguardo da parere; al documento di Firenze,
testualmente, «astratti».
È evidente che alle spalle del "nuovo soggetto" sta l'esito
delle ultime elezioni parziali, e del referendum sull'acqua, avvenuti perlopiù
fuori dal circuito dei partiti e considerati quindi come uno schiaffo loro
assestato da parte della società civile. Che essi non abbiano scalfito
il muro dei poteri forti, al nuovo soggetto politico non importa: non era
nel suo obiettivo. Né che a Berlusconi sia seguita non già
una spinta di sinistra, ma il liberismo oltranzista del governo Monti.
Colpa della politica - si dice -, come se non fosse l'opinione pubblica
ad avere votato ben tre volte il primo, senza protestare per l'indecente
legge che ne canalizzava e blindava a suo favore il voto anche se non era
di maggioranza. E quindi incapace di liberarsene.
Giusto, ma chi si vorrebbe liberare di Monti? La Fiom, le sinistre
radicali già messe fuori dalle Camere, i nostalgici del marxismo
o almeno di una forte regolazione del capitale, come la sottoscritta. Monti,
un po' feroce ma onestissimo, ci fa fare, con Merkel e Sarkozy, buona figura
all'estero. Che vogliamo di più?