Quel rito visto in tv

Stefano Rodotà, "la Repubblica", 22 marzo 2010


Caro direttore, questo non è il commento di un collaboratore, ma la lettera di un cittadino che domenica, davanti alla tv, ha assistito attonito al consumarsi di un rito totalitario, per quanto sgangherato. Che altro era, infatti, quell' aizzare la folla contro sinistra, magistrati, immigrati, chiedendo un sì o un no urlati ad ogni domanda? Infinite immagini mi sono tornate alla memoria, prima tra tutte quella dell' esilarante dialogo tra l' imperatore e la folla immortalato dal "Nerone" di Ettore Petrolini. Ma quel pomeriggio evoca pure i tre slogan del Partito che George Orwell indica nel suo 1984. Li ricordate? "La guerra è pace". Sul palco campeggiava la parola "amore", contraddetta, però, dal disprezzo per l' altro, per qualsiasi altro, al quale non si può concedere quartiere, come appunto accade nella guerra. Il bene contro il male. "La libertà è schiavitù". Che immagine mortificante, per un partito che si è voluto chiamare Popolo della libertà, quei candidati alla presidenza di regioni obbligati a fare promesse insensate e a cimentarsi in un coretto recitando un pubblico giuramento! Persone libere, si spera, erano lì agli ordini di un maestro di cerimonie che le comandavaa bacchetta. L' imbarazzo di qualcuna era visibile, ma non poteva riscattare dalla mortificazione la dignità di quelli che pur dovrebbero governare nelle regioni. E, soprattutto, "l' ignoranzaè forza". Ho ascoltato parole insensate. Ho appreso che Berlusconi ci ha salvati da un' Europa che voleva imporci la pedofilia e la "famiglia trasversale". Ho sentito affermazioni e promesse alle quali nessuna persona sensata può dare il minimo credito. Si sono materializzate ossessioni, non programmi di governo, con l' annuncio dell' assalto finale al vertice della Repubblica. So bene che fatti e personaggi della storia possono presentarsi due volte, «la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa», secondo l' illuminante notazione di Karl Marx in apertura del suo Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte. Ma non usiamo questa citazione come una rassicurazione. Anche una farsa può essere distruttiva.