"Crescita Politica", Newsletter dell'Unione dei Comunisti Anarchici d'Italia, N. 34, 6 novembre 2011
Nella città che celebra a primavera la festa del grillo, in vista
delle elezioni che potrebbero svolgersi in quella stagione, il sindaco
di Firenze si è messo a fare il grillo parlante, facendosi interprete
della voglia generalizzata di liberarsi dei vari Veltroni e D’Alema e non
solo di loro, perché nella sinistra parlamentare cominci a circolare
un po’ di aria nuova e il candidato da contrapporre all’attuale premier
sia credibile e capace di raccogliere il consenso necessario.
L’idea è giusta e l’esigenza sentita, tanto che cominciava a
profilarsi una soluzione che vedeva una scelta tra Bersani e Vendola. Tutto
sembrava giocarsi sulla capacità dei due candidati in pectore di
costruire un accordo con il centro e qualsiasi delle due soluzioni avrebbe
comunque prodotto uno schieramento spostato a sinistra, reso accettabile
dalle drammatiche condizioni finanziarie del paese.
E allora ecco la soluzione. Parte una campagna mediatica per accreditare
il sindaco fiorentino come possibile candidato sul quale far convergere
i voti degli elettori di destra sconcertati dalle performance berlusconiane
e gioco forza quelle della sinistra. A rassicurare, l’investitura ricevuta
ad Arcore dal sindaco fiorentino in una udienza, si disse, fatta per perorare
la richiesta di una legge speciale per Firenze.
Di questa legge neanche l’ombra – ovviamente – ma da allora comincia
a crescere un circolo mediatico di sostegno che ha dispiegato le sue forze
nella kermesse svoltasi alla stazione Leopolda alla quale hanno partecipato
personaggi che ricoprono ruoli significativi nel centro destra e addirittura
in Mediaset. A tirare la
volata personaggi come Chiamparino, consumato ex sindaco di lungo corso,
candidato a sfuggire alla rottamazione in virtù delle birrette e
delle pizze consumate con Marchionne, pronto a coprire sul versante dei
rapporti con l’imprenditoria d’assalto tutta l’operazione che si qualifica
per i contenuti che dichiara
I cento punti del rottamatore
Il sindaco fiorentino proviene dai ranghi dell’Azione Cattolica e con
modi ruspanti si è imposto nelle primarie fiorentine, riuscendo
a catalizzare i voti di una base sconcertata dalla reggenza di un sindaco
opaco quale è stato Domenici, quello che lo ha preceduto. Renzi
si è distinto al suo esordio politico per una critica
all’articolo 3 della Costituzione e al principio di uguaglianza in
quanto per lui l’egualitarismo si identifica con la mortificazione dell’iniziativa
e dell’eccellenza di molti.
Pragmatico e nemico delle ideologie, vuole essere un personaggio postmoderno
e traduce il liberismo che impregna tanta parte del suo partito in un populismo
d’accatto che utilizza la manipolazione pubblicitaria per collocare sul
mercato un prodotto generico, all’occorrenza riempibile di contenuti, a
posizioni di potere
acquisite.
Se si scorrono i suoi cosiddetti cento punti si può agevolmente
constatare come nei primi 17 punti si recepiscano una serie di slogan sulla
moralizzazione e la riduzione dei costi della politica con un disegno chiaro
di indebolimento del tessuto partecipativo dei cittadini e rafforzamento
della delega verso i cosiddetti esperti. Il
tema 2 dei punti emersi alla Leopolda riguarda il rilancio della crescita
economica da attuarsi attraverso provvedimenti tipici del liberismo. Di
particolare significato l’abolizione dell’IRAP – tassa dalla quale dipende
il finanziamento del sistema sanitario - senza indicare altre modalità
per reperire le risorse sostitutive necessarie; la privatizzazione dei
servizi pubblici locali, ribaltando la tendenza sostenuta dai referendum
contro la privatizzazione dei beni comuni; l’apertura del mercato delle
assicurazioni contro malattie e infortuni alle aziende private. In buona
sostanza l’apertura al mercato del settore dei servizi per potenziare il
profitto accentuando la terziarizzazione del tessuto economico del paese
con la scusa dell’efficienza e della managerialità. Inoltre l’efficienza
dei servizi dovrebbe essere garantita dalla concorrenza tra le diverse
strutture anche pubbliche adoperando il mercato come strumento regolatore.
I punti dal 39 al 44 sono dedicati alla sanità che andrebbe
riorganizzata e razionalizzata lasciando uno spazio maggiore ai privati
attraverso l’esternalizzazione dei servizi in linea con l’ampliamento dello
spazio economico di profitto a vantaggio del privato (magari confessionale,
vista la significativa presenza di strutture
sanitarie e di assistenza gestite dagli enti ecclesiastici).
Dopo due punti dedicati alla ricerca per la quale si auspicano una
quota del PIL pari all’1 % annuo e soprattutto l’intervento dei privati,
l’adunanza fiorentina ha dedicato la sua attenzione alla giustizia alla
quale sono dedicati i punti dal 47 al 53 con interventi di razionalizzazione
organizzativa più che di sostanza.
L’attenzione si sposta poi al terzo tema “Green, digital, cultura e
territorio: le nuove leve dello sviluppo” dedicando a questi argomenti
ben 19 punti nei quali si fanno delle dichiarazioni di intenti estremamente
vaghe e generiche, mai indicando come attuarle e con quali risorse e puntando
sull’effetto annuncio, lasciando
immaginare un progetto che non c'è.
Questa tecnica di comunicazione viene utilizzata nei punti dal 74 all’86
che dovrebbero avere l’obiettivo di “dare un futuro a tutti”, un futuro
inconsistente, fatto di deindustrializzazione, di vaghezza estrema nell’indicazione
delle risorse alle quali attingere e sui modi per reperirle.
Infine l’ultimo tema è dedicato prosaicamente a quello che dovrebbe
essere il progetto: la costruzione di una “società solida e solidale”.
Si tratta di 13 punti incentrati sull’introduzione del quoziente familiare
e di provvedimenti di rafforzamento della famiglia, ma segnati dalla scelta
di utilizzare le risorse pubbliche per incentivare il volontariato e il
terzo settore e promuovere la sussidiarietà orizzontale di fronte
a uno stato sociale che arretra e riduce le prestazioni e i servizi.
Insomma un progetto di società che ha al centro il superamento
dell’Art. 3 della Costituzione e in particolare quel principio di uguaglianza
che lo ispira come lo stesso Renzi ebbe a dichiarare al momento della sua
candidatura a sindaco di Firenze. Per lui l’egualitarismo è un’idea
vecchia, ottocentesca, frutto delle ideologie che lui aborrisce. Meglio
ricorrere a un sano principio di concorrenza e di competizione, fare appello
alla meritocrazia in modo che il mercato possa selezionare i più
forti, perché è la tendenza stessa all’uguaglianza che appiattisce
la società e ne impedisce la crescita.
Buttiamola in video
Delle chiacchiere della Leopolda non si sarebbe accorto nessuno se non
ci fosse stato un circuito mediatico trasversale predisposto a dargli spazio
e visibilità. Prova ne sia che l’iniziativa degli ex soci Civati
e Serracchiani ben più partecipata soprattutto da iscritti ai DS,
svoltasi una settimana prima a Bologna, ha avuto uno spazio mediatico risicato
ed è scomparsa tra le notizie senza lasciare spazio. Invece, a iniziativa
ormai terminata, quella della Leopolda è stata “richiamata” con
apparizioni televisive nelle trasmissioni più seguite in modo da
divenire nell’immaginario collettivo l’evento tale da produrre l’effetto
annuncio che gli organizzatori cercavano.
Non bisogna meravigliarsi perché gli organizzatori dell’evento
sono tutti esperti di comunicazione televisiva marca Mediaset e aziende
collegate e uno di essi Giorgio Gori (quello che ha portato in Italia il
“grande fratello” e “l’isola dei famosi”) sta alla base della redazione
dei cento punti. Da qui a capire che siamo di fronte alla riedizione in
salsa renziana del berlusconismo ci vuol poco. Ma c’è di più.
Nel salone della Leopolda, utilizzando uno sfondo preso a prestito da una
scuola o un
salotto di casa sul palco appariva un solo protagonista che passeggiando
e tenendo il microfono ben stretto sembrava fornire risposte rassicuranti
a tutti, così ovvie da essere vuote, così di buon senso da
sembrare delle grandi novità, ma capaci di sembrare affascinanti
rispetto al linguaggio criptato della politica, o alla metafore
dello scamiciato Bersani. Benché dal palco Renzi dicesse che
un politico si dimostra capace non se dice di saper fare tutto ma per la
sua capacità di circondarsi di collaboratori validi, l’uomo era
solo e se le persone capaci sono quelli che hanno preparato l’evento della
Leopolda si tratta di berlusconismo in salsa renziana.
Per la verità una sinistra presenza aleggiava comunque nella
sala: quella di Marchionne al quale Renzi guarda come al vero guru del
suo agire politico. Consapevole del fatto che candidandosi anzi tempo ci
si brucia, il sindaco fiorentino manda avanti e sponsorizza Chiamparino
che non a caso è il compagno di merende di
Marchionne.
Come ricorda Luca Telese “Renzi si presenta come la quintessenza del
nuovo, ma è anche il più antico dei giovani politici italiani.
Nel 1994, nel movimento dei giovani Popolari c’erano due leader locali:
il responsabile dei giovani di Firenze (il nostro Matteo) e quello dei
giovani siciliani (Angelino Alfano). Il nuovissimo in Italia ha radici
antiche (e sempre democristiane)”.
Crisi economica e società dello spettacolo
Per una volta la felice battuta di Bersani, che ha sostanzialmente dato
dell’asino a Renzi, ha ridimensionato l’evento, ma a farlo passare in ombra
sono le drammatiche condizioni del paese Come si può pensare di
continuare a proporre l’uomo salvifico – travestito da candidato della
sinistra – per riproporre ancora
una volta a questo paese non solo il format berlusconiano nell’uso
della comunicazione ma i contenuti di una politica economica di stampo
liberista, fatta di ulteriori attacchi al mondo del lavoro, di crescente
terziarizzazione del paese, di totale diffusione della precarizzazione,
di sostanziale immobilismo dei fondamentali dell’economia, illudendosi
che basti sostituire il “puparo” perché tutto cambi ma nulla cambi
?
Eppure su questa scommessa non si giocano solo i destini di questo
paese e forse dell’intera Europa, ma le prospettive di potere e di ricchezza
di un’accolita di personaggi, di un circo mediatico che non vuole rinunciare
al potere acquisito e che, camaleonticamente, cerca un nuovo specchietto
per le allodole per attirare
un paese disorientato e allo sbando.
Ad ostacolare questo progetto non è il PD, ingessato e dilaniato
al tempo stesso dalle eterne faide tra i “ragazzi del Botteghino” - intendendo
con ciò riferirsi a Veltroni, D’Alema e soci, formatisi nelle stanze
di Via delle Botteghe Oscure - ma la durezza della fase economica che richiede
un effettivo cambiamento di passo e
una decisa scelta a favore dell’intervento pubblico in economia, che
spazzi via il ciarpame liberista che ammorba l’aria e restituisca al lavoro
dignità e centralità nella vita politica e sociale.
Si tratta di una scelta di campo che ancora la sinistra parlamentare
non riesce a fare e perciò occorre che i fermenti e gli stimoli
che vengono dalla società si rafforzino e crescano e che si producano
lotte capaci di sviluppare consapevolezza non solo attraverso la concretezza
degli obiettivi, ma soprattutto mediante l’utilizzo di una metodologia
di partecipazione e di coinvolgimento che si caratterizzi per una crescita
collettiva della consapevolezza di coloro che alle lotte partecipano. Si
tratta di una strada difficile e faticosa, che a volte non dà risultati
immediati, ma che è la sola capace di produrre livelli di acquisizione
di coscienza dai quali non si arretra.
Non si tratta solo di lotte per difendere il lavoro, che vanno certamente
fatte, non è solo un problema di maggior salario o almeno di un
salario dignitoso e di lotta contro il lavoro precario e/o nero, ma si
tratta di impegnarsi in lotte per la difesa e la gestione collettiva dei
“beni comuni”, quei beni strategici come l’aria,
l’acqua, le risorse energetiche, il patrimonio storico artistico, la
ricerca e la cultura. La lotta su questo versante ha caratteristiche molto
concrete e si articola nella difesa della gestione pubblica di questi beni
che va sostenuta e affermata anche con iniziative di lotta specifiche per
contrastare i tentativi di privatizzazione delle attività di gestione
di questi beni e il progetto di farne occasione di profitto.
E’ tempo di capire che la lotta per l’autonomia del sociale per una
gestione diretta della propria vita e dei propri interessi passa per la
socializzazione dei beni di interesse pubblico. Si tratta di comprendere
che in questa fase è in corso un tentativo del capitale di ripetere
ciò che avvenne all’inizio della prima rivoluzione industriale,
quando i proprietari terrieri delle terre viciniori inclusero le terre
comuni destinate alla collettività nelle loro proprietà,
sottraendo alle popolazioni la possibilità di sostenersi. Il capitalismo
di rapina – allora come oggi – è alla ricerca di nuovi campi dai
quali trarre profitto e questo progetto, che ha carattere e dimensioni
planetarie, va contrastato in tutto il mondo come ha ben compreso il movimento
Occupy Wall Street.
Per la prima volta da tanto tempo non siamo soli e un nuovo mondo sembra
possibile.
Il piccolo sindaco
Per quanto riguarda il piccolo sindaco ricordiamo che alla festa del
grillo si regalavano le gabbiette ai bambini con il grillo dentro. La funzione
era di ripulire i campi dai grilli considerati nocivi per l’agricoltura.
Ora la legge vieta di catturare i grilli e la festa ha perso di senso:
nelle gabbiette si mette l’immagine di un grillo.
Rilanciamola: quest’anno si potrebbe utilizzarne la foto del sindaco
e metterla in gabbietta, per difendere il paese da quel che potrebbe accadergli
nella malaugurata ipotesi che fosse lui il nuovo premier.