Un new deal ecologico non proprio tipo Obama. A convegno il partito democratico

Guglielmo Ragozzino, "il manifesto", 1 febbraio 2009


La parola d'ordine «rottamare il petrolio» aleggiava ieri al convegno del partito democratico «Un new deal ecologico». Ogni tanto l'oratore di turno la ripeteva, con evidente soddisfazione. Per tutti i presenti, tranne uno, il concetto doveva essere chiarissimo e non metteva conto di spiegarlo. Con molta fatica, l'escluso si è dato due interpretazioni possibili, abbastanza contrastanti tra loro. La prima, più facile: meglio risparmiare i quattrini necessari per una seconda rottamazione delle auto, cioè la distruzione, con incentivo pubblico, di quelle più inquinanti, e usare il denaro non speso in un'altra direzione. Per esempio produrre auto con minore consumo petrolifero (o addirittura ibride oppure a gas). La seconda spiegazione, più letterale, era invece: «rottamare il petrolio» significa impegnarsi per un petrolio meno inquinante, intervenendo sulla raffinazione, sulle qualità del greggio importato, sui prodotti derivati. Il passaggio dall'olio combustibile al gas, per far girare le turbine nelle centrali elettriche, è stato un processo concreto di «rottamazione del petrolio».
Ora può darsi che risolvere i dilemmi di quell'unico ascoltatore senza certezze non valga nulla; ma se si immagina che all'interno di un continente, di una nazione, di una maggioranza politica, o anche soltanto di un partito di opposizione, l'opinione sia divisa, e due siano le soluzioni, allora l'interesse di saperlo cresce. Nel Pd, par di capire, il segretario Veltroni intende la parola d'ordine con il primo significato, mentre il ministro ombra Bersani è più orientato sul secondo; anche se questo aspetto non è stato chiarito, data l'assenza di Pierluigi Bersani dalla riunione di ieri degli ecologisti del partito.
Bersani, allora ministro dello sviluppo economico, non era andato alla Conferenza ambientale organizzata dal suo governo nel settembre del 2007 alla Fao. Molti ne ricavarono l'impressione che quella Conferenza fosse inutile. I problemi dell'energia - e dei suoi padroni - erano rimasti fuori della porta.
La relazione è stata letta ieri da Fabrizio Vigni, presidente degli Ecologisti democratici, deputato senese della direzione del partito. Meticolosa e ispirata, la relazione partiva da John Kennedy, antenato di Obama e concludeva con Alex Langer e un proverbio beduino.
«Guidare la nuova rivoluzione industriale. Il carbone e la ferrovia segnarono la prima. Il petrolio e l'auto la seconda. Le energie rinnovabili, le tecnologie pulite, l'economia ecologica, quella che sta dinanzi a noi. Non è una buona, forte, affascinante idea?». Così parlò Vigni. Da metà dicembre è responsabile dell'organizzazione e l'ecologia, in sostanza, è retta da altri. Che abbia svolto lui la relazione deve avere un significato; anche se quello stesso ottuso di prima non è riuscito a coglierlo. E c'era tempo per citare Leonardo, ma non per dire una parola sul nucleare.
Sul nucleare, il partito si esprime in una pagina di un documento ufficiale che dopo averci girato a lungo intorno, arriva al punto: «Nel merito, invece, per rendere credibile l'opzione nucleare è quindi necessario risolvere almeno sei forti criticità, connesse alla sicurezza, all'ambiente, alla partecipazione dell'industria nazionale, all'economicità, alla costruzione del necessario consenso sociale e alla ricerca». Obama non ha menato tanto il can per l'aia: ha detto che per il deposito nazionale per le scorie di Yucca Mountain c'era già stata una spesa altissima e nessuna sicurezza di arrivare a un risultato accettabile. Meglio non buttare altri soldi. Ma Obama, per Walter Veltroni, vale solo nei giorni dispari.
Veltroni, segretario del partito, ha parlato della necessità una «rivoluzione verde», ma non basta dirlo «per trasferire il mondo alle generazioni future». Si deve fare di più «nel settore automobilistico, dell'edilizia», arrivando financo «alla rottamazione del petrolio che è una scelta economica e politica».
Ermete Realacci ha insistito sulla sua vecchia idea dei milioni di posti di lavoro che «con la ricerca e l'innovazione si possono produrre in pochi anni». Non che non sia vero, ma scuola e formazione sembrano indirizzate altrove.
Splendido l'intervento di uno che ci capisce, Edo Ronchi. Un gran lavoro lo aspetta se vuole spostare sui suoi temi il partito Pd.