John Pilger, "il manifesto", 15 aprile 2003
«Ascolta il rumore della libertà» disse l'uomo della
Bbc alzando il telefono sopra la testa prima che il caccia Usa aprisse
il fuoco anche su di lui. E il manager si complimentò con la redazione:
«Questa guerra sembra la Coppa del Mondo»
La liberazione è arrivata finalmente in Iraq, e tutti noi condividiamo
la gioia del paese per essersi finalmente liberato di Saddam Hussein. Ma
chi ha pagato il prezzo di questa «liberazione»? Pochi istanti
prima di venire colpito dal «fuoco amico» di un aereo americano
che ha ucciso 18 persone in Iraq, un produttore di programmi per la Bbc
aveva parlato alla madre sul telefono satellitare. Tenendo il telefono
sopra la testa, in modo che potesse sentire il rumore assordante degli
aerei americani, le disse: «Ascolta, questo è il rumore della
libertà».
E' una scena che ho letto nel grande romanzo contro la guerra Comma
22? Una cosa è certa, l'uomo della Bbc era ferocemente ironico.
Ho i miei dubbi, così come ho dei dubbi sul fatto che chiunque abbia
impaginato quella pagina di giornale fosse mosso da sentimenti contro la
guerra, quando ha scritto il titolo: «Il giovane Omar ha scoperto
il prezzo della guerra». Su queste parole disoneste fa bella mostra
di sè la foto di un marine americano che cerca di confortare Omar,
un ragazzino di 15 anni che ha appena partecipato al massacro di suo padre,
sua madre, le sue due sorelle e un fratello, durante un'invasione ingiustificata
della loro patria che ha violato il diritto più fondamentale dei
popoli civilizzati.
Non c'è un vero epitaffio per loro: nessun titolo veritiero,
come ad esempio «Questo marine americano ha ucciso la famiglia di
questo ragazzo». Non c'è nessuna foto del padre di Omar, della
madre, delle sorelle, i loro corpi nel lago di sangue provocato dal fuoco
delle mitragliatrici. Versioni di questa immagine di propaganda sono comparse
sulla stampa angloamericana fin dall'inizio dell'invasione: teneri cameo
di soldati americani che allungano un braccio per dare conforto, che si
inginocchiano, che si prendono cura degli iracheni liberati. Insieme alla
foto mancante della strage della famiglia di Omar, dove erano le immagini
del villaggio di Furat, dove 80 fra uomini, donne e bambini sono stati
trucidati da un razzo? E che dire dei piccoli con le mani in alto, terrorizzati,
mentre i robocop di Bush costringono le famiglie atterrite a inginocchiarsi
per strada?
«Iniziare una guerra di aggressione», dichiararono i giudici
del processo di Norimberga ai leader nazisti «non è soltanto
un crimine internazionale, è il crimine internazionale supremo,
che si differenzia dagli altri crimini di guerra soltanto per il fatto
di racchiudere in se stesso il male accumulato di tutta la guerra».
Enunciando questo principio fondamentale del diritto internazionale, i
giudici hanno respinto in maniera specifica le argomentazione tedesche
in merito alla «necessità» di attacchi preventivi contro
altri paesi.
Nulla di quello che Bush e Blair, i loro «ragazzi» che
sganciano le bombe a grappolo e la loro corte di mass media fanno adesso
potrà modificare la verità del loro crimine in Iraq. Una
cosa documentata, compresa dalla maggioranza dell'umanità, se non
da quelli che pretendono di parlare per «noi». Come disse Denis
Halliday a proposito del prolungato e inumano embargo angloamericano contro
l'Iraq, «li truciderà nei libri di storia». E' stato
Halliday, allora vice segretario generale delle Nazioni unite, a creare
il programma oil for food per l'Iraq nel 1996, lo stesso Halliday che non
tardò a rendersi conto che le Nazioni unite erano diventate uno
strumento di un «attacco genocida contro una intera società».
Diede le dimissioni in segno di protesta, e così fece il suo successore,
Hans Von Sponeck, che descrisse «la vergognosa e immotivata punizione
di un'intera nazione».
Negli articoli di giornale, si parla della guerra quasi con allegria,
come se fosse «parte di un gioco», come uno dei marines che
hanno distrutto la famiglia di Omar. Un gioco, davvero, dice Roger Mosey,
un alto dirigente dei notiziari della Bbc, che, in una e-mail finita sotto
occhi indiscreti descrive in termini elogiativi la copertura della guerra
da parte della Bbc: «E' straordinario - sembra quasi di essere alla
Coppa del Mondo di calcio, quando si stacca da Umm Qasr per inquadrare
un altro teatro di guerra, da qualche altra parte, passando da una battaglia
a un'altra».
Parla di morti ammazzati. E' quello che fanno gli americani, e nessuno
lo dirà. Portano in questo attacco unilaterale contro gente debole
e per lo più inerme, la stessa crudeltà razzista e omicida
di cui sono stato testimone in Vietnam, dove avevano un intero programma
di distruzione dal nome Operazione Phoenix. E' una caratteristiche
di tutte le loro «guerre all'estero», è un qualcosa
che attraversa la loro stessa società, così dolorosamente
divisa. Scegliete quello che volete di questa guerra. Lo scorso fine settimana,
una colonna dei loro carri armati è entrata eroicamente a Badgad
e poi ne è uscita. Strada facendo, hanno ammazzato la gente. Hanno
fatto saltare in aria le gambe e le braccia di una donna, le teste dei
bambini, donne e bambini i cui corpi hanno riempito gli ospedali della
città fino a farli scoppiare - ospedali già privi di farmaci
e di antidolorifici, perché l'America aveva deciso bloccare l'invio
di 5,4 miliardi di dollari di aiuti umanitari, già approvati dal
Consiglio di sicurezza e pagati dall'Iraq. E' questo, il «rumore
della libertà».
Un pilota di elicottero britannico a quanto pare è venuto alle
mani con un americano che per un pelo non l'aveva abbattuto. «Ma
non lo sai che gli iracheni non hanno un cazzo, per aria?» gli ha
urlato. La sua rabbia era comprensibile, ma ha pensato un attimo alla ironia
più generale delle sue parole? Ne dubito. In questa invasione, i
britannici sono stati di gran lunga i più abili nel mentire. Da
ogni punto di vista, la resistenza irachena alla formidabile macchina di
guerra supertecnologica angloamericana è stata incredibile. Armati
soltanto di antiquati blindati e mortai, di piccole armi e ricorrendo a
disperate imboscate di guerriglia, hanno seminato il panico fra gli americani,
e hanno spinto i militari britannici a ricorrere a una delle loro specialità
- il tono di falsa condiscendenza.
Gli iracheni che combattono sono «terroristi», «teppisti»,
«sacche di lealisti del Partito baathista», «kamikaze»
e «fedayin». Non sono persone reali. Sono dei reietti della
società, che tengono in ostaggio tutta la popolazione. Questo vocabolario
disonorevole è imitato pappagallescamente dalla maggior parte dei
giornalisti al seguito ("embedded") e da tutti quelli che giocano
alla guerra a casa loro.
Tim Llewellyn, l'ex corrispondente della Bbc dal Medio Oriente, ci
ha fatto notare la verità questa settimana - immagini sulla tv satellitare
di soldati britannici che entrano nella casa di una famiglia a Bassora
distruggendo ogni cosa, poi puntano le loro armi contro una donna e maltrattano,
incappucciano e ammanettano una serie di ragazzi, uno dei quali è
inquadrato mentre trema dalla paura. «La Gran Bretagna sta "liberando"
Bassora, prendendo prigionieri politici, e se è così, in
base a quale tipo di informazioni, dato che da molto tempo non siamo più
a conoscenza di questo territorio e dei suoi abitanti... Come minimo, queste
brutte immagini ricorderanno agli arabi e ai musulmani in tutto il mondo
che noi anglosassoni abbiamo due pesi e due misure - noi possiamo mostrare
i loro prigionieri in tutta una serie di posizioni umilianti, ma voi non
azzardatevi a far vedere i nostri».
Roger Mosey, uno dei responsabili di quello che noi britannici vediamo
e ascoltiamo nei programmi della Bbc, di dice che Umm Qasr è «come
la Coppa del Mondo». Ci sono 40mila persone a Umm Qasr, i profughi
disperati si riversano nella città e gli ospedali traboccano. Tutta
questa sofferenza è dovuta esclusivamente alla invasione della «coalizione»
e all'assedio britannico, che ha costretto le Nazioni unite ad evacuare
il suo personale per gli aiuti umanitari. E i britannici asseriscono di
controllare la città e danno grande rilievo al loro impegno umanitario,
certamente in consonanza con le «priorità morali» del
loro primo ministro.
Cafod, l'agenzia cattolica di soccorso che ha inviato un'équipe
a Umm Qasr, sostiene che la quota standard umanitaria di acqua in situazioni
di emergenza è di 20 litri a persona al giorno. Riferiscono che
gli ospedali sono completamente senza acqua, e la gente è costretta
a bere acqua contaminata. Secondo l'Organizzazione Mondiale per la Sanità,
un milione e mezzo di persone nell'Iraq del sud è senza acqua, e
le epidemie sono inevitabili. Non è proprio come la Coppa del Mondo,
caro Mosey. E cosa stanno facendo i «nostri ragazzi», per alleviare
tutta questa sofferenza? Dopo tutto, ci hanno assicurato che stanno liberando
l'Iraq, anche se questo vuol dire sparare con missili Milan tenuti a spalla
contro una città abitata soltanto da civili e sganciare bombe a
grappolo. La corruzione morale e intellettuale dilaga ovunque fino a quel
robot che è Geoffrey Hoon, il ministro della difesa britannico,
che la settimana scorsa ha affermato che una madre irachena il cui figlio
è stato ucciso da una bomba a grappolo «un giorno» ringrazierà
la Gran Bretagna per quel che ha fatto.
Vi è qualcosa di particolarmente disgustoso in questa propaganda
che viene da funzionari britannici esperti di pr, e che non sanno un bel
nulla dell'Iraq e del suo popolo. Descrivono la liberazione dal «tiranno
più crudele del mondo» come se qualsiasi cosa fosse migliore
che non «vivere sotto Saddam», perfino morire di dissenteria
o perché si è stati colpiti da una bomba a grappolo.
La scomoda verità è che, secondo l'Unicef, i baathisti
hanno costruito i servizi sanitari più moderni di tutto il Medio
oriente. Nessuna contesta il carattere totalitario del regime, ma Saddam
Hussein era stato attento a utilizzare il reddito del petrolio per costruire
una società laica moderna e un ceto medio forte e prospero. L'Iraq
era l'unico paese arabo con un sistema di erogazione di acqua potabile
sul 90% del territorio, e con la scuola gratuita. Tutto questo è
stato distrutto dall'embargo angloamericano, e l'invasione attuale dà
il colpo di grazia. Allorchè è stato imposto l'embargo, nel
1990, il servizio civile iracheno aveva organizzato un sistema di distribuzione
alimentare che la Fao aveva definito «un modello di efficienza -
indubbiamente aveva salvato l'Iraq dalla carestia». Anche quello
è stato distrutto, quando è iniziata l'invasione.
Un colonnello britannico si lamenta con il suo gregge di giornalisti
al seguito che « è difficile fornire aiuti in un'area che
è ancora una zona di battaglia attiva». La logica delle sue
parole mi sfugge. Se l'Iraq non fosse una zona di battaglia, se britannici
e americani non sfidassero il diritto internazionale e i desideri della
massima parte degli esseri umani, non ci sarebbe nessuna difficoltà
a fornire gli aiuti. In Iraq, il 42 per cento della popolazione sono bambini,
molti già colpiti. La loro sofferenza dovrebbe essere incisa sulle
medaglie che Blair e Hoon appunteranno quanto prima sul petto dei «nostri
ragazzi».
Anche gli ufficiali britannici hanno difficoltà a spiegare perché
le loro truppe abbiano dovuto mettere tute protettive per coprire i morti
e i feriti nei veicoli colpiti dal «fuoco amico» americano.
Il fatto è che gli americani utilizzano missili e proiettili anticarro
rivestiti di uranio. Quando ero nell'Iraq del sud, i medici hanno calcolato
un incremento del settecento per cento dei casi di cancro nelle zone in
cui americani e britannici avevano utilizzato l'uranio impoverito ai tempi
di Desert Storm. Durante l'embargo successivo, a differenza del Kuwait,
l'Iraq si era visto rifiutare le apparecchiature necessarie per decontaminare
i campi di battaglia. Gli ospedali di Bassora, attualmente in mano ai britannici
liberatori, hanno le corsie traboccanti di bambini colpiti da cancro di
una varietà che sembrava scomparsa, fino al 1991. Non hanno antidolorifici.
Si ritengono fortunati se possono somministrare l'aspirina.
George Bush ha dichiarato: «Non ci si potrà difendere
sostenendo: mi limitavo a eseguire gli ordini». Ha perfettamente
ragione. I giudici del processo di Norimberga non hanno lasciato adito
ad alcun dubbio sul diritto dei soldati comuni di seguire la loro coscienza,
in una guerra di aggressione illegittima. Due soldati britannici hanno
avuto il coraggio di dichiararsi obiettori di coscienza. Si trovano a dover
affrontare la Corte marziale e il carcere, e la loro vicenda è passata
praticamente sotto silenzio su tutti i mass media.
Tam Dalyell, quarantunenne, deputato del Partito laburista alla Camera
dei Comuni, ha dichiarato che il suo leader di partito e primo ministro
è un criminale di guerra che dovrebbe essere deferito alla Corte
dell'Aia. Non si tratta di una affermazione gratuita, in base a prove incontestabili
Blair è un criminale di guerra, e tutti coloro che sono stati in
qualche modo complici e correi dovrebbero essere denunciati alla Corte
Penale internazionale. Non soltanto hanno lanciato una sciarada di pretesti
che nessuno prende sul serio, ma hanno portato il terrorismo e la morte
in Iraq. In tutto il mondo un corpus sempre crescente di pareri
legali concorda nel dire che la nuova Corte ha il dovere, come ha scritto
Eric Herring della Bristol University, di indagare «non soltanto
sul conto del regime, ma anche sui bombardamenti dell'Onu e sulle sanzioni
che hanno violato su vasta scala i diritti umani dell'Iraq». Si aggiunga
a tutto ciò l'attuale guerra pirata, il cui effetto per ora invisibile
potrà essere quello più grave per noi occidentali: saldare
il nazionalismo arabo con l'islam militante. Il vento seminato da Blair
e da Bush comincia a far vedere la tempesta.