di Sergio Onesti, "A rivista anarchica" N. 294, novembre 2003
Il calcio è sempre più in mano ad imprenditori, che non
sono mai stati sinceramente interessati al gioco, ma solo al crudo business.
Secondo le «regole» del liberismo bruto.
Come è noto, l’industria calcio è tra le prime dieci
attività economiche in Italia. Soldi ed interessi sono da capogiro.
Pochi hanno voglia di vederci chiaro per non schifarsi di quello che rimane
uno dei giochi più belli del mondo e nella sinistra parlare di calcio
ha ancora il sapore del perditempo qualunquista. Ma i fatti di quest’estate
sono così significativi politicamente che almeno qualche commento
lo meritano.
Se Roman Abramovich, il Paperon de’ Paperoni russo che ha fatto i soldi
con il petrolio siberiano acquistandolo a prezzi di mercato interno e rivendendolo
all’estero, riesce ad acquistare dal niente il Chelsea in Inghilterra,
saccheggiando in tutta Europa i migliori giocatori sul mercato, tra i quali
Mutu del Parma e Crespo dell’Inter, le squadre italiane, invece, versano
più o meno tutte in stato prefallimentare.
Né Milan né Inter né Roma né Lazio riescono
da tempo a far quadrare i conti ed il pericolo che anche le squadre più
blasonate possano fare la fine della Fiorentina ha fatto correre tutti
ai ripari cercando aiuto nel governo.
È di un anno fa il decreto «spalmadebiti», voluto
proprio dal tanto bistrattato presidente della FIGC Franco Carraro per
consentire a tutte le squadre di mettere a bilancio gli ammortamenti distribuendo
le minusvalenze in dieci anni. Il risultato – fiscalmente parlando – è
quello di trasformare la presunta svalutazione del valore di mercato dei
giocatori (minusvalenze) in un bonus fiscale, mentre – penalmente parlando
– le acrobazie contabili stanno a rappresentare un aggiramento delle norme
sulla contabilità aziendale ovvero il falso in bilancio.
D’altra parte, il presidente Berlusconi non è il vero «patron»
del Milan e non è colui che ha sostanzialmente depenalizzato il
falso in bilancio? Il trucco è di una semplicità elementare:
il Milan – ad esempio –, vincitore quest’anno della Champions League e
che, pertanto, dovrebbe avere un parco giocatori il cui valore si è
ulteriormente incrementato, lo ha invece svalutato da 247 a 40 milioni
di euro, pari al prezzo sul mercato dei soli Nesta, Inzaghi e Gattuso!
Grazie a questa legge, le sole squadre di serie A hanno ricevuto dal governo
un regalo di un miliardo di euro e il Presidente del consiglio Berlusconi
ha regalato al Milan, e cioè a se stesso, non meno di 200 milioni
di euro.
Questo piccolo conflitto di interessi – tra i tanti che può
vantare Berlusconi – si specchia con gli interessi che Carraro ha con il
«Gruppo Capitalia», che è non solo il finanziatore,
ma anche il socio ed il creditore delle società Roma, Lazio, Parma
e Perugia.
Si capisce ora perché i presidenti Sensi della Roma, Baraldi
della Lazio e Gaucci del Perugia, all’atto di sfiduciare Carraro si siano
invece in questi giorni schierati al suo fianco!
I rapporti di Carraro con Berlusconi, abbiamo visto quest’estate, sono
ottimi: troppi sono stati gli affari comuni fatti in passato ed altrettanti
se ne prospettano per il futuro ed ecco che nel gennaio di quest’anno è
intervenuto un nuovo decreto «spalmadebiti», questa volta per
distribuire su cinque anni i debiti relativi ai contributi previdenziali
ENPALS che tutti gli squadroni (Milan compreso), al pari di tante provinciali,
non pagano più da tempo. Ecco cosa significa quando Berlusconi afferma
che si sente molto vicino alla sua squadra e ai tifosi di tutta Italia!
D’altra parte, come si fanno a pagare i debiti quando il 90% dei ricavi
è coperto dagli ingaggi dei giocatori? Ma si sa, il mondo del calcio
è regolato da una legge a parte: i conti in rosso sono permanentemente
sanati da fideiussioni false, iscrizioni a tornei autorizzate dalla Co.Vi.Soc.
(Commissione per la Vigilanza ed il controllo delle Società calcistiche
professionistiche) che, invece di vigilare, concorre nel falso in bilancio;
fuori si fallisce per molto meno, ma se sei presidente di una squadra di
calcio sei famoso ed impunito.
Il caso Cirio con il crollo in borsa delle Cirio Bond non ha forse
evidenziato come Cragnotti abbia acquistato la Lazio con un prestito a
se stesso, chiaramente mai rientrato? Il dissesto finanziario delle grandi
squadre ha così aperto la strada ad un intervento strutturale del
governo a protezione di interessi nazional-calcistici, chiaramente coincidenti
con interessi elettorali. Certo il governo non ha potuto ripianare il buco
della Cirio, ma con il decreto «spalmadebiti» ha salvato dal
fallimento la Lazio a danno delle migliaia di piccoli azionisti Cirio,
facendole risparmiare oltre 200 milioni di euro.
Faccendieri e avventurieri
Il populismo demagogico di Berlusconi ha trovato il mondo del calcio
già in crisi, certamente non per responsabilità governativa,
ma ha avuto buon gioco approfittandosene e, entrando in campo, ha fatto
sua la partita.
Grazie a maxi condoni, non solo fiscali, tutti questi provvedimenti
governativi non solo hanno sanato gli effetti della megalomania di faccendieri
ed affaristi del calcio (Cragnotti), ma anche di avventurieri come Sensi,
Preziosi e Gaucci, ma hanno anche tutelato interessi del partito-azienda
(Milan) o industriali (Juventus-Fiat) il velleitarismo utopista (Inter-Moratti)
ed aprendo la strada allo smantellamento dell’ordinamento sportivo da parte
dello stato con l’ultimo decreto «salvacalcio» dal sapore nazional-popolare
di chi è presidente del Consiglio, ma anche del Milan, di Mediaset
e di tutti i tifosi d’Italia.
Di fronte ad un così massiccio intervento governativo dello
stato italiano a favore delle proprie squadre di calcio, sono insorte tutte
le grandi società europee, accusando l’Italia di concorrenza sleale
(distribuire le svalutazioni presunte dei giocatori sui bilanci dei prossimi
dieci anni anziché sui tre previsti costituisce indubbiamente un
aiuto dello stato membro UE ai danni della libera concorrenza) e di contabilità
fuori controllo. Se ne occuperanno prossimamente la Commissione Europea
per quanto riguarda la concorrenza sleale e la Corte di Giustizia, se l’Italia
sarà deferita, per la contabilità fuori controllo.
Che dire, infine, del vantaggio che il governo ha regalato con il decreto
«spalmadebiti» alle società calcistiche quotate in borsa
a danno di altre società, sempre quotate in borsa, ma che non si
occupano di calcio?
Ancora una volta l’Europa chiede all’Italia di introdurre elementi
per una sana competizione economica prima che sportiva ed a parità
di condizioni. Viene francamente da ridere.
Milan e Juventus per capacità e le altre squadre metropolitane
per velleità intendono la competizione calcistica come mera sopraffazione
economica e politica. Una sconfitta del Milan può avere ripercussioni
elettorali, il campionato deve essere della Juventus perché, diversamente,
come si riesce a dimenticare la cassa integrazione.
Vincere e sempre vincere è l’imperativo di sponsor e mercato
e questa è l’unica legge. Le regole del liberismo bruto imperversano,
altro che par condicio europea e sana sportività! Che dire
della vicenda Chievo – Lazio che ha strozzato l’anno scorso la politica
di Campedelli (valorizzare giovani giocatori come Eriberto e Manfredini
e rivenderli) quando Cragnotti, sull’orlo del fallimento, ha deciso di
non pagare un euro e la FIGC non è intervenuta per paura di inimicarsi
una piazza così importante come Roma!
Il calcio è sempre più in mano ad imprenditori che non
sono mai stati sinceramente interessati al gioco del calcio, ma solo al
crudo business ed utilizzano la vetrina calcistica per acquisire potere,
riciclarsi nel mercato, allacciare relazioni importanti in altri settori,
amministrare cinicamente capitali ed energie umane con la consapevolezza
che tutto gli sarà consentito in nome della demagogia dell’Italia
dei campanili e del tifo trasversale in tutti i partiti e lobby politiche.
Alcuni esempi. Il presidente del Como e del Genoa (Preziosi, titolare
della società Giochi Preziosi) è anche azionista del Modena;
Gaucci è presidente del Perugia, del Catania e della Sambenedettese.
Se domani dallo scontro diretto tra Como e Genoa dipendesse la promozione
o la retrocessione di una delle due, cosa farebbe Preziosi?
Questi sono personaggi che fanno partita a sé, che si disinteressano
delle squadre e delle rispettive tifoserie, mirando solo all’affare, che
può essere non solo economico, ma anche politico, se si pensa che
il caso Catania è entrato nella stanza dei bottoni, ha determinato
una discesa in campo del presidente del consiglio Berlusconi, ma anche
del vicepresidente Fini, per sostenere il suo capogruppo La Russa e fare
occupare ad AN nuove poltrone nel CONI e nella FIGC. Il tutto senza alcuno
scrupolo morale e senza rispetto nemmeno per il tifo: nel campionato 2001-2002
il Venezia di Zamparini è retrocesso in B; quel presidente ha ceduto
ad altri la squadra lagunare acquistando poi il Palermo (concorrente del
Venezia nel torneo di B) e vendendo a se stesso i migliori giocatori del
Venezia che quest’anno hanno giocato quindi a Palermo! Senza parole.
Il caso Catania e l’assolutismo totalitario dello stato
Riassumiamo brevemente il tormentone dell’estate.
Nello scorso campionato di B, il Catania si è piazzato quart’ultimo
e quindi retrocesso. Il suo presidente, Gaucci, non si è perso d’animo:
prima ha scelto la via della giustizia sportiva, poi di quella amministrativa,
fino a chiedere ed ottenere l’esclusione del Napoli dal campionato per
far posto alla squadra etnea.
L’affare si è ingarbugliato ulteriormente con lo scandalo delle
fideiussioni emesse da società fantasma per coprire i buchi a bilancio
di Roma, Napoli, Spal e Cosenza e così è stato invocato l’intervento
del governo che, con un colpo di spugna, ha cancellato il verdetto del
campo, i responsi della giustizia sportiva e di quella amministrativa proclamando:
«Il calcio sono io».
È qui solo il caso di dire che, anche in materia di giustizia
sportiva, l’assolutismo governativo ha cercato di dare un’altra spallata
totalitaria e demagogica a tutti i privilegi giurisdizionali interni agli
ordinamenti autonomi dello stato: da quello sportivo a quello, ancor più
importante, che garantisce la giurisdizione domestica del C.S.M. in materia
di sanzioni a carico dei magistrati.
Il risultato di questo nuovo trionfo – questa volta sportivo – da parte
del governo italiano è stato quello di riscrivere calendario e squadre
partecipanti al torneo di serie B: dentro il Catania, ma ripescate anche
Genoa e Salernitana (23 punti dalla quintultima), fuori il Cosenza per
inadempienze gestionali (più o meno simili a quelle della Roma)
e catapultata dalla serie C1 anche la Fiorentina per meriti sportivi (
e perché no la Pro Vercelli?).
Chi riscrive la nuova serie B? Il sig. Franco Carraro, vecchio socialista
ed amico di Berlusconi dai tempi di Craxi, e chi pacifica i presidenti
ribelli? Il presidente della Lega, Adriano Galliani, amministratore delegato
del Milan e fido di Berlusconi, messo lì da sua emittenza e, per
l’appunto, chiamato «l’antennista» perché incaricato
di dirimere la querelle diritti TV?
Come è evidente, il «TAR West» di quest’estate è
stato il modo per far entrare politica partitica e business avventuriero
e faccendiere in una materia dove da tempo doveva vigere il principio secondo
il quale l’ordinamento sportivo nazionale è dotato di autonomia,
autarchia ed autodichia e dove il controllo – vigilanza sull’attività
di tale ordinamento da parte del Governo non deve sfociare in una sorta
di tutela totalitaria dell’esecutivo, come è avvenuto con il decreto
legge del 19 agosto dove è stata, tra l’altro, sancita una competenza
esclusiva del TAR Lazio su tutta la materia di giustizia sportiva, che
concentra ulteriormente i poteri giurisdizionali amministrativi, annullando
di fatto il privilegio di foro di cui è titolare l’ordinamento sportivo
con buona pace della clausola compromissoria di cui si parlerà di
seguito.
Solo il ricatto
Lega e Superlega ovvero il fallimento della solidarietà tra differenti
livelli di attività sportiva.
Come è ovvio, anche la materia sportiva è oggetto di
regolamentazione a livello europeo. Orbene, il Consiglio Europeo di Nizza
nel 2000 si era concluso con la seguente dichiarazione: «Le federazioni
sportive giocano un ruolo centrale nella solidarietà necessaria
tra i differenti livelli di attività sportiva. Esse devono restare
l’elemento chiave di una forma di organizzazione che assicura la coesione
sportiva e la democrazia partecipativa».
I fatti di quest’estate dimostrano che il valore della solidarietà
– se mai è esistito nel calcio italiano – ha perso il suo significato.
Non è solo la lontananza politica fra la Lega di A e B e le Leghe
C e dilettanti: è rottura del patto di solidarietà tra le
stesse squadre di serie A e quelle di B e tra squadre che contano (Milan,
Juventus, Inter, Roma e Lazio) e le cd. provinciali.
Quando il campionato di serie B ha deciso di scioperare, per rappresaglia,
le squadre di A hanno minacciato di non versare più in Lega i contributi
di mutualità pari a 100 milioni di euro: nessuno sforzo per risolvere
insieme i problemi, solo il ricatto.
È stata la rottura di questo patto di solidarietà, che
dovrebbe unire idealmente tutte le squadre che partecipano a vari livelli
al gioco del calcio, che ha messo in discussione il fragile ordinamento
interno tutelato dal vincolo di non adire l’Autorità Giudiziaria
contenuto nella clausola compromissoria di cui all’art. 24 dello Statuto
FIGC, che, per l’appunto, vincola le società ad accettare la piena
e definitiva efficacia di tutti i provvedimenti generali e di tutte le
decisioni particolari adottate dalla Federazione.
Quando le regole possono essere derogate solo se ti chiami Juventus
(doping), Roma (fideiussioni), Inter (passaporti falsi) o Milan (bilanci
alla Berlusconi e pagamenti in nero), ma non per le società di provincia,
ci si rende conto come la solidarietà all’interno della Federazione
sia solo un’ipocrisia.
Ma c’è di più: quando il peso politico (apparentamenti
fra squadre e personaggi politici, vedi Berlusconi e Milan, ma anche La
Russa e Catania e che dire del Perugia con Gheddafi jr.) ed il peso economico
degli squadroni consentono solo a questi ultimi, sotto tutela politica,
di non presentare bilanci in regola, spuntando nel contempo contratti TV
stratosferici, c’è la prova della rottura del patto di solidarietà
che prevede che la sopravvivenza di una squadra sia un bene per tutte le
altre. L’idea di lega e di federazione sta appunto a significare la ricerca
della valorizzazione del gioco del calcio nel suo insieme e non la valorizzazione
di una sua componente. C’è da dire, però, che Federazione,
lega, solidarietà e valorizzazione dell’insieme sono parole troppo
ricche di significato ideologico per avere ancora un significato nell’attuale
mondo del calcio.
Diritti TV
La serrata della serie B si è conclusa e, dietro tante chiacchiere,
il vero problema si è rivelato essere quello dei diritti TV. Tramontata
l’era della schedina totocalcio, sono gli introiti derivanti dai diritti
TV a garantire liquidità al calcio e sopravvivenza al toreo cadetto.
Da qui le invettive dei Presidenti contro Sky, il network di Murdoch, che
quest’anno farà la parte del leone nelle televisioni degli italiani.
Il governo Berlusconi ed il ministro Gasparri, che passeranno alla storia
per aver regalato il monopolio dei diritti TV a Mediaset, assistono soddisfatti
al naufragio di PMT Gioco Calcio, la piattaforma pay TV di Campedelli
e Matarrese, che consegna a Sky sostanzialmente il monopolio assoluto della
TV a pagamento, con buona pace dell’antitrust.
Quel santerellino fascista di Gasparri si è difeso dicendo:
«che cosa ci posso fare io se non c’è concorrenza? L’antitrust
per intervenire ha bisogno di una pluralità di soggetti, qui c’è
solo Murdoch». Tutto vero, l’assolutismo totalitario procede anche
in questo campo.
PMT noleggerà le attrezzature tecniche di Sky – dal satellite
al decoder – e trasmetterà – sempre tramite Sky – le partite delle
squadre che non hanno accettato il ricatto di Sky.
Chi non si piega al potere assoluto di Murdoch è destinato a
scomparire dai video dei propri tifosi e ciò in attesa della Superlega
europea che spazzerà le velleità anche dei club non di prima
grandezza.
Non esisterà più un campionato di serie A con Juventus
ed Empoli, ma un campionato europeo dove le grandi squadre si incontreranno
fra loro (Manchester e Real Madrid, Barcellona e Bayern, Milan e Chelsea
etc.).
Alcuni numeri: il budget complessivo dei diritti TV della serie B è
di 25 milioni di euro (Cagliari e Napoli si cono accaparrate già
rispettivamente 4,5 e 6 milioni di euro), oggi da dividersi in 24 squadre,
quando la Juventus ha un contratto di 54 milioni di euro, Milan ed Inter
di 49 milioni di euro e così via fino alle più piccole Reggina
(7 milioni), Lecce (6 milioni) e Siena (5 milioni).
Ma non si era detto che il prodotto che doveva essere venduto dalla
Federazione era il campionato nel suo insieme e non la singola partita,
in forza del principio di solidarietà interna alla Federazione,
così come auspicato dal Consiglio d’Europa?
Emulare Mussolini
Eppure, in Germania, in Francia, in Inghilterra e negli USA le cose
non vanno così.
In Inghilterra, ad esempio, assistiamo a forme societarie sempre più
evolute ed a società quotate in borsa, ma i diritti TV sono ripartiti
– almeno per la metà – in parti uguali tra tutte le squadre che
partecipano al torneo, ? secondo la classifica del campionato precedente
ed il residuo secondo il numero di partite trasmesse.
Il fascino sta nel campionato e non solo nella singola partita, ma,
si sa, in Inghilterra non vincono sempre le squadre del padrone della fabbrica
e dell’inquilino di Palazzo Chigi!
Agli occhi dell’opinione pubblica, il signor B. (come lo preferisce
chiamare Franco Cordero) è il salvatore della patria pallonara e
del divertimento ex domenicale (oggi spezzatino settimanale), che, invece,
è solo l’uomo politico italiano che più di tutti gli altri
è riuscito ad emulare Mussolini, quando fece vincere il campionato
alla Roma per compiacersi la tifoseria della capitale, e che ha fatto del
calcio non il suo giocattolo, ma prima il suo trampolino di lancio, poi
il modo per raccogliere voti facili ed infine lo strumento di conservazione
del potere secondo il paradigma tanto vecchio quando vero panem et circenses.
E noi cosa possiamo fare? Quanto a me continuerò a tirare calci
al pallone, alternandoli con «scatti di anzianità»,
provando a divertirmi con amici che, anche se non sono Totti e Vieri, sicuramente
sono più intelligenti e vivono ancora nella convinzione di riuscire
a dare tanti calcioni alla Materazzi a questa società marcia e a
chi ci governa.