Piergiorgio Odifreddi, http://odifreddi.blogautore.repubblica.it/2012/02/13/la-grecia-brucia/, 13 febbraio 2012
La Grecia è arrivata alla resa dei conti. Il Parlamento si accinge
a capitolare di fronte al plotone d’esecuzione costituito dalla cosiddetta
troika, formata dall’Unione Europea, la Banca Centrale Europea e il Fondo
Monetario Internazionale. La società civile sta protestando violentemente
di fronte al Parlamento. Il primo ministro Papademos, alter ego del nostro
Monti, ha dichiarato che “il vandalismo e la distruzione non hanno un posto
nella democrazia”: le stesse parole usate ieri, in maniera preventiva,
dal nostro presidente Napolitano.
Naturalmente, i mandanti (im)morali della troika, e gli esecutori materiali
del governo greco, presentano le misure che stanno per essere adottate
come “inevitabili e necessarie”: le stesse parole che abbiamo sentito anche
noi, fino alla nausea, dal colpo di mano del 9 novembre 2011 a oggi. E
queste misure (udite, udite!) consistono in: “Una radicale riforma del
mercato del lavoro, con una profonda liberalizzazione. Una diminuzione
di oltre il 20% del salario minimo garantito, e un taglio delle pensioni.
Una drastica economia di spesa in settori pubblici, come gli ospedali e
le autonomie locali. E la vendita dei gioielli di famiglia, come le quote
pubbliche in petrolio, gas, acqua e lotteria”.
Queste misure non si chiamano “austerità”, o “sacrifici”, ma
distruzione dello stato sociale e svendita del pubblico al privato. Esse
sono dello stesso tenore, vanno nella stessa direzione, e sono ispirate
dalla stessa insana ideologia, delle “riforme” che il nostro governo sta
cercando di far passare anche da noi. E che, per ora, il nostro popolo
ex-sovrano ha mostrato di accettare con maggior spirito di sopportazione,
e minor spirito di sopravvivenza, di quello greco.
Nel suo editoriale di ieri su Repubblica, parlando delle conseguenze
del possibile default della Grecia, del Portogallo e dell’Irlanda, Scalfari
ha scritto che “il fallimento di due o tre paesi dell’Eurozona avrebbe
ripercussioni molto serie sul sistema bancario internazionale, obbligando
gli Stati nazionali a nazionalizzare totalmente o parzialmente una parte
notevole dei rispettivi sistemi bancari”. Ma, più che una minaccia,
questa dovrebbe essere percepita come una speranza!
Perché ormai è chiaro che le banche hanno una buona parte
di responsabilità nella crisi mondiale, avendola fomentata con una
manovra di strozzinaggio in due tempi: dapprima, finanziando e comprando
una larga parte dei debiti sovrani degli stati, e poi, minacciando di chiederne
la restituzione. Gli uomini delle banche al governo, in Grecia come in
Italia, ci spiegano che dobbiamo piegarci al ricatto, pagando il riscatto
della svendita dello stato. I dimostranti di Atene dimostrano, appunto,
che si può dire no agli strozzini, anche quando ti puntano la pistola
alla tempia, e sono pronti a premere il grilletto.