Piergiorgio Odifreddi, http://odifreddi.blogautore.repubblica.it/, 5 aprile 2012
Finalmente esce di scena, travolto dagli scandali, uno dei tribuni del
popolo più rozzi e imbarazzanti che abbia mai avuto il nostro paese,
che pure ci ha fatto ripetutamente vergognare per la levatura personale,
morale e politica della sua classe dirigente.
Umberto Bossi ha incarnato per venticinque anni l’anima più
rudimentale, ignorante e becera dell’italiano medio.
E la Lega Nord ha rappresentato gli interessi più provinciali,
conservatori e qualunquisti di una piccola (anzi, piccolissima) borghesia,
degnamente rappresentata dal suo indegno leader.
Quello che molti indicavano come un “politico finissimo” era ed è,
in realtà, soltanto una persona sgradevole e volgare, i cui unici
argomenti dialettici non andavano oltre il dito medio continuamente alzato
verso l’interlocutore, e il vaffanculo continuamente biascicato come un
mantra.
Il cosidetto “programma politico” della Lega, d’altronde, era all’altezza
di questa bassezza, e si limitava al protezionismo nei confronti dei piccoli
commercianti e dei piccoli coltivatori e allevatori diretti, condito da
anacronistici proclami per la secessione e l’indipendenza di una fantomatica
Padania.
Le patetiche cerimonie a Pontida, e le ridicole simbologie solari o
guerriere, rimarranno nella storia del kitsch, a perenne ricordo delle
camicie verdi: versione di fine secolo delle camicie nere o brune della
prima metà del Novecento, e ad esse accomunate dall’ottuso odio
razziale e xenofobo.
Che un movimento e un leader di tal fatta abbiano potuto raccogliere
i consensi di una parte consistente della popolazione del Nord Italia,
era ed è un’ironica smentita della sua supposta superiorità
nei confronti di “Roma ladrona” e del “Sud retrogrado”, oltre che una testimonianza
significativa del suo imbarbarimento.
Come se non gli fossero bastati luogotenenti quali Borghezio, Calderoli
o Castelli, negli ultimi tempi Bossi aveva lanciato e imposto in politica
il proprio figlio degenere. E’ un degno contrappasso, il fatto che proprio
le malefatte del rampollo abbiano contribuito alla caduta del genitore.
E, speriamo, anche del suo movimento.
Padre e figlio possono ringraziare la fortuna che li ha fatti nascere
in Italia, e non in Iraq o in Libia, anche se entrambi hanno contribuito
a far regredire il nostro paese al livello di quelli. Non li vedremo dunque
trascinati nella polvere, e giustiziati sommariamente: ci acconteremo,
o accontenteremmo, di vederli sparire con ignominia dalla politica e dalle
nostre vite. Anche se le grida di “tieni duro” da parte dei loro sostenitori
ci fanno temere parecchio al riguardo.