"l'Unità", 23 gennaio 2007
Il Ministro della Giustizia Mastella, secondo quanto anticipato dai media, proporrà un disegno di legge che dovrebbe prevedere la condanna, e anche la reclusione, per chi neghi l'esistenza storica della Shoah. Il governo Prodi dovrebbe presentare questo progetto di legge il giorno della memoria. Come storici e come cittadini siamo sinceramente preoccupati che si cerchi di affrontare e risolvere un problema culturale e sociale certamente rilevante (il negazionismo e il suo possibile diffondersi soprattutto tra i giovani) attraverso la pratica giudiziaria e la minaccia di reclusione e condanna. Proprio negli ultimi tempi, il negazionismo è stato troppo spesso al centro dell'attenzione dei media, moltiplicandone inevitabilmente e in modo controproducente l'eco. Sostituire a una necessaria battaglia culturale, a una pratica educativa, e alla tensione morale necessarie per fare diventare coscienza comune e consapevolezza etica introiettata la verità storica della Shoah, una soluzione basata sulla minaccia della legge, ci sembra particolarmente pericoloso per diversi ordini di motivi:
1) si offre ai negazionisti, com'è già avvenuto, la possibilità di ergersi a difensori della libertà d'espressione, le cui posizioni ci si rifiuterebbe di contestare e smontare sanzionandole penalmente.
2) si stabilisce una verità di Stato in fatto di passato storico, che rischia di delegittimare quella stessa verità storica, invece di ottenere il risultato opposto sperato. Ogni verità imposta dall'autorità statale (l'«antifascismo» nella Ddr, il socialismo nei regimi comunisti, il negazionismo del genocidio armeno in Turchia, l'inesistenza di piazza Tiananmen in Cina) non può che minare la fiducia nel libero confronto di posizioni e nella libera ricerca storiografica e intellettuale.
3) si accentua l'idea, assai discussa anche tra gli storici, della «unicità
della Shoah», non in quanto evento singolare, ma in quanto incommensurabile
e non confrontabile con ogni altri evento storico, ponendolo di fatto al
di fuori della storia o al vertice di una presunta classifica dei mali
assoluti del mondo contemporaneo.
L'Italia, che ha ancora tanti silenzi e tante omissioni sul proprio
passato coloniale, dovrebbe impegnarsi a favorire con ogni mezzo che la
storia recente e i suoi crimini tornino a far parte della coscienza collettiva,
attraverso le più diverse iniziative e campagne educative. La strada
della verità storica di Stato non ci sembra utile per contrastare
fenomeni, molto spesso collegati a dichiarazioni negazioniste (e certamente
pericolosi e gravi), di incitazione alla violenza, all'odio razziale, all'apologia
di reati ripugnanti e offensivi per l'umanità; per i quali esistono
già, nel nostro ordinamento, articoli di legge sufficienti a perseguire
i comportamenti criminali che si dovessero manifestare su questo terreno.
È la società civile, attraverso una costante battaglia culturale, etica e politica, che può creare gli unici anticorpi capaci di estirpare o almeno ridimensionare ed emarginare le posizioni negazioniste.
Che lo Stato aiuti la società civile, senza sostituirsi ad essa con una legge che rischia di essere inutile o, peggio, controproducente.
Marcello Flores, Università di Siena; Simon Levis Sullam, Università di California, Berkeley; Enzo Traverso, Università de Picardie Jules Verne; David Bidussa, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli; Bruno Bongiovanni, Università di Torino; Simona Colarizi, Università di Roma La Sapienza; Gustavo Corni, Università di Trento; Alberto De Bernardi, Università di Bologna; Tommaso Detti, Università di Siena; Anna Rossi Doria, Università di Roma Tor Vergata; Maria Ferretti, Università della Tuscia; Umberto Gentiloni, Università di Teramo; Paul Ginsborg, Università di Firenze; Carlo Ginzburg, Scuola Normale Superiore, Pisa; Giovanni Gozzini, Università di Siena; Andrea Graziosi, Università di Napoli Federico II; Mario Isnenghi, Università di Venezia; Fabio Levi, Università di Torino; Giovanni Levi, Università di Venezia; Sergio Luzzatto, Università di Torino; Paolo Macry, Università di Napoli Federico II; Giovanni Miccoli, Università di Trieste; Claudio Pavone, storico; Paolo Pezzino, Università di Pisa; Alessandro Portelli, Università di Roma La Sapienza; Gabriele Ranzato, Università di Pisa; Raffaele Romanelli, Università di Roma La Sapienza; Mariuccia Salvati, Università di Bologna; Stuart Woolf, Istituto Universitario Europeo, Firenze.