Antonio Moscato, "Bandiera rossa news", n. 87, 4 settembre 2002
Quando sotto la spinta della resistenza e della protesta sociale di
tutti coloro che avevano sofferto maggiormente il prezzo della guerra (reduci,
disoccupati, operai di fabbriche distrutte o in via di lenta riconversione
dalla produzione bellica) alla fine del 1945 la Confindustria accetto'
di pagare una "indennita' di contingenza", cioe' una scala mobile dei salari,
non si limito' a chiedere come contropartita la fine del blocco dei licenziamenti,
ma si premuni' disinnescando in parte il meccanismo attraverso un sistema
di rilevazione degli aumenti dei prezzi truccato in vari modi. Naturalmente
la Confindustria aveva accettato la scala mobile soprattutto per arginare
gli scioperi spontanei provocati dal carovita, ma sperava anche di ingannare
i lavoratori pagando molto meno dell'aumento reale dei prezzi: infatti
il "paniere" su cui venivano rilevati i prezzi non conteneva molti generi
di largo consumo e invece registrava i prezzi di altri prodotti praticamente
fuori commercio.
Questo meccanismo e' stato perpetuato: ancora fino agli anni Novanta
invece di calcolare il gas di citta', il gasolio o la bombola, nel "paniere"
c'era la fascina da ardere (il cui costo era insignificante, perche' in
genere non e' in vendita, ma usata come combustibile solo dagli stessi
contadini che la raccolgono). Finche' c'e' stata la scala mobile, si calcolava
il prezzo delle sigarette
sulle "Nazionali", che non aumentavano mai come le altre marche, ma
erano praticamente introvabili. Invece della penna a sfera si rilevava
il prezzo dei pennini, ecc. Ancora oggi per la rilevazione delle spese
per viaggi, si calcola il costo del biglietto ferroviario semplice, mentre
e' noto che sulle principali linee i treni sono tutti Eurostar o Intercity,
molto piu' cari, e la maggior parte degli espressi sono stati soppressi.
Sul "Manifesto" il 24 agosto e' uscito un lungo articolo scritto da Aldo
Carra, un ex dipendente dell'Istat, che merita una certa attenzione. "Sul
perche' l'inflazione registrata e' cosi' lontana da quella "sentita"
dai cittadini e, soprattutto, su che cosa dovrebbe fare l'Istat non
si fanno molti passi avanti. Penso, anzi, che alimentando il sospetto che
i dati Istat siano "truccati" si vada a finire fuori strada. Dico questo
non solo perche', avendo lavorato per 30 anni all'Istat, so che i lavoratori
dell'Istituto non lo consentirebbero, ma anche perche', essendo gli indici
dei prezzi ottenuti con semplici operazioni aritmetiche e con procedure
informatizzate, sarebbe folle pensare ad operazioni di manomissione."
Carra tuttavia ammetteva "che l'Istat sbagli a non mettere a disposizione
di tutti, tutti i dati di tutti i prodotti e per tutte le citta' in modo
che ciascuno possa vedere quali dati elementari producono il livello di
inflazione che si reputa sottostimato e confrontarli con quelli ha sotto
gli occhi. Se l'Istat lo fa perche' applica il criterio di non fornire
dati elementari stabilito per persone ed imprese a tutela della privacy
sbaglia perche' quel criterio non puo' essere esteso a prezzi di beni che
tutti possono controllare guardando i banchi o le vetrine. Se lo fa perche'
teme che utenti non esperti possano utilizzare male l'enorme mole di
informazioni sbaglia perche', cosi' facendo, alimenta il sospetto.
L'Istat, quindi, invece di perdere tempo a giustificarsi, farebbe bene
a rendere totalmente trasparente il calcolo. Contribuirebbe, cosi', a spostare
il confronto dal terreno scandalistico ad uno piu' scientifico spingendo
cosi' anche associazione dei consumatori, studiosi e politici a formulare
critiche di merito e proposte."
Le cose tuttavia sono piu' complesse: "L'Istat modifica annualmente
il paniere utilizzando i risultati della rilevazione sui consumi delle
famiglie. Il fatto e' in se' positivo perche' significa che le modifiche
nei consumi sono colte man mano che avvengono. Ma rimane anche qui un "fattore
strutturale", quello stagionale, che produce una riduzione dell'inflazione
"rilevata" rispetto a quella "reale". Proviamo a spiegarlo con un esempio.
Se il prezzo del cappotto e' inserito nella rilevazione e' chiaro che nei
mesi estivi si trascinera' il prezzo dei mesi invernali precedenti. Cio'
significa che nei mesi estivi l'indice ponderato non riflettera' correttamente
gli aumenti dei prodotti che in estate sono sul mercato, perche' la loro
dinamica sara' attenuata dal peso dei prodotti invernali con aumento zero.
Questo ulteriore fattore inerziale potrebbe essere eliminato adottando
un sistema di pesi trimestrali in modo che in ogni "stagione" l'indice
venga calcolato con i pesi dei prodotti effettivamente consumati in quella
stagione. L'Istat non dovrebbe avere nessuna difficolta' tecnica ad adottare
questa ipotesi." È vero, ma il difetto sta nel manico. Infatti il
problema non e' tecnico: la vera responsabilita' non e' di chi elabora
i dati, ma di chi decide su quali prodotti e dove effettuare le rilevazioni,
e di quale peso percentuale attribuire a ciascun capitolo della spesa.
Trattandosi di una questione che ha ripercussioni sulla politica salariale
(anche se non piu' automatiche come al tempo della scala mobile) e' facile
immaginare quali
interessi scendano in campo per alterare i dati. La scelta si calcolare
in estate il prezzo del cappotto non e' casuale, ne' frutto di disattenzione.
In ogni grande citta' inoltre la rilevazione dei prezzi e' affidata a una
speciale pattuglia di vigili: ma tutti sanno che in ogni grande citta'
c'e' una disparita' notevole tra i prezzi di alcuni mercati, e quelli della
generalita' degli esercizi. Basta incentivare (da parte del governo o di
Confindustria, non dell'Istat) questo nucleo di vigili a "saper scegliere
bene", vedere o non vedere, e si esercita una prima alterazione delle rilevazioni.
Ma la piu' importante avviene ad altri livelli: quando le associazioni
dei consumatori (riprese anche dai maggiori giornali) si sono domandate
come e' possibile che il costo dell'abitazione incida in Italia solo per
il 9,3% nel "paniere" su cui si calcola la spesa delle famiglie (come e'
possibile che chi guadagna due milioni al mese paghi solo meno di duecentomila
lire di affitto?), il presidente dell'Istat Luigi Biggeri ha risposto candidamente
che cio' dipende dal fatto che viene effettuata una media tra
chi paga l'affitto e chi non lo paga perche' la casa e' di sua proprieta',
e per questo la percentuale si abbassa. In una delle interviste ha parlato
di un 50% di famiglie che avrebbero la casa di proprieta' e non pagherebbero
affitto, in altre addirittura dell'85%. Gia' viene un dubbio sulla serieta'
di un'istituzione che fornisce dati cosi' ballerini. Non e' che tra le
"case di proprieta'" si calcolano anche le seconde o terze case di villeggiatura
(che nel caso di Berlusconi e di altri del suo genere si misurano a decine)?
E forse la maggioranza dei lavoratori che sono stati costretti a comprare
un appartamento, quando era impossibile
trovarne in affitto ad equo canone, non continua a pagare ogni mese
una quota di mutuo ben superiore al 9,3%? E anche chi ha finito di pagare
il mutuo, non spende per manutenzioni, condominio, sproporzionate tasse
sui rifiuti, ecc., somme non indifferenti, che non vengono prese in esame?
Ma il colmo del ridicolo (a parte che nella stessa pagina del "Sole 24
Ore"
i prodotti su cui l'Istat calcolerebbe le variazioni dei prezzi sono
secondo Luigi Biggeri "oltre 900", mentre secondo un documentatissimo articolo
di Vincenzo Chierchia sono esattamente 668) viene dal fatto che per giustificare
la scarsissima incidenza delle assicurazioni auto sulla spesa di una famiglia,
il presidente dell'Istat spiega che "a fronte dei premi pagati ci sono
i rimborsi per i danni subiti, e quindi quello che l'insieme dei consumatori
sostiene come spesa e' la differenza tra queste
due voci". Biggeri ammette che "capisce" che "per chi non fa mai incidenti
c'e' solo il premio", ma l'indice e' medio e deve tener conto dei rimborsi".
Incredibile! Il ragionamento quindi varrebbe solo per chi finge un incidente
e si fa pagare dall'assicurazione. Biggeri dimentica che chi ha subito
davvero un danno, ottiene un rimborso - per giunta in genere insufficiente
- di una spesa gia' effettivamente sostenuta! L'altro argomento usato per
giustificare i calcoli dell'Istat tanto discordanti da quanto verifica
ogni famiglia di lavoratori (che hanno uno "strumento di misura" infallibile:
quanti giorni prima dello stipendio sono rimasti senza un euro, e a quanti
prodotti o servizi una volta abituali hanno dovuto progressivamente rinunciare.),
e' che i criteri adottati
sarebbero "scientifici", perche' corrispondenti a quelli fissati dall'Eurostaf.
Grottesco, e non solo perche' non e' assolutamente vero (secondo l'indice
europeo ad esempio il costo dell'alloggio corrisponderebbe al 15,0% anziche'
al 9,3%, ed e' sempre poco), ma per un'altra ragione ben piu' importante:
non esiste un solo paese europeo in cui gli organi dello Stato non siano
al servizio degli interessi capitalistici.
Nascondersi dietro "organismi europei" o in genere internazionali per
giustificarsi e' un'operazione truffaldina. Non a caso Biggeri tira in
ballo perfino i "Princi'pi della Statistica" delle Nazioni Unite per affermare
che "la statistica pubblica ha un valore particolare che nasce dalla sua
imparzialita' e indipendenza. È quindi preziosa per la democrazia".
Per giunta, sostiene il presidente dell'Istat, la sua attivita' e' soggetta
a controlli esterni: "L'attivita' dell'Istat, per esempio, viene monitorata
da Fmi, Eurostat, e dalla Commissione di garanzia per l'informazione statistica"
(che cos'e'?). Beato chi ci crede: per i marxisti, gli organismi sovranazionali
che sono il frutto di accordi tra gli Stati capitalistici come il Fmi,
o anche quelli della Ce, non sono mai stati "imparziali" e al di sopra
di ogni sospetto! E quanto abbiamo detto a piu' riprese non solo per organismi
come il Fmi o la Bm, ma per la stessa Onu, i cui organismi burocratici
non possono esprimere interessi diversi da quelli degli Stati che li designano.
Sul Fmi e la Bm in genere il giudizio della sinistra e' negativo, ma si
dimentica poi che sono organismi delle Nazioni Unite, su cui invece si
sono illusioni diffusissime.
È una questione importante: ogni volta che in un paese c'e'
una forte resistenza a una misura antipopolare, entra in campo una presunta
"autorita' sovranazionale" che afferma che quella misura adottata e' assolutamente
indispensabile. Bisogna spiegare che i superburocrati europei o di altri
organismi, pagati milioni di euro, non sono "neutrali", ma esprimono, da
un pulpito a cui si attribuisce assurdamente una grande autorita' e obiettivita',
gli interessi capitalistici piu' biechi. Lo stesso vale per le "esternazioni"
del Presidente della Banca d'Italia, o della Corte dei conti, che ogni
volta che emergono i dati dello sfacelo
dell'economia capitalistica, si affrettano a pontificare assicurando
che l'unica soluzione e' la "riforma delle pensioni", cioe' la cancellazioni
dei diritti acquisiti dai lavoratori che li hanno pagati con trattenute
sul loro salario. Insomma ripropongono spudoratamente i fondi pensioni
privati, come se milioni di lavoratori negli Stati Uniti o in altri paesi
europei non fossero stati derubati dalla Enron o dalle banche a cui si
erano affidati! Cosa che non e' affatto una novita': il capitalismo e'
sempre stato
caratterizzato da una profonda disonesta': basta pensare a come Agnelli
senior si impossesso' della Fiat (di cui, contrariamente a quanto detto
nelle celebrazioni ufficiali, non era stato affatto il "fondatore"). Il
meccanismo truffaldino (concertato con due membri del Consiglio di Amministrazione,
fu di attirare tanti piccoli azionisti col miraggio di dividendi favolosi,
che esattamente come per la Enron o la Worldcom un secolo dopo, non corrispondevano
a un'effettiva redditivita' del titolo, ma venivano pagati utilizzando
crediti delle banche. Al termine dell'operazione Agnelli nel 1906 si era
impossessato del pacchetto di maggioranza, e pote' buttare fuori i veri
soci fondatori. Fu processato, ma l'intervento del Ministro della Giustizia
sulla procura lo fece
prosciogliere sei anni dopo per i "meriti" acquisiti con le forniture
all'esercito per la guerra di Libia. Le frodi furono ugualmente all'origine
delle fortune dei Vanderbilt, dei Morgan, dei Rockfeller, dei Kennedy e
di tanti altri.
Non e' inutile, dopo decenni di esaltazione delle virtu' del "mercato"
(cioe' del capitalismo), a cui si sono associati anche la maggior parte
dei partiti della sinistra, ricordare queste elementari verita'. Ed e'
anche importante soprattutto oggi, per spiegare di che crimini sono stati
vittime tutti coloro (tra cui anche pensionati e lavoratori) che si sono
illusi di migliorare il proprio tenore di vita cedendo alle lusinghe di
chi prometteva facili guadagni, e hanno perso gran parte dei propri risparmi.
Ma naturalmente non basta. Bisogna rilanciare la lotta per una difesa effettiva
dei salari, attraverso il ripristino della scala mobile, la cui soppressione
e' stata regalata dai burocrati confederali, Cofferati compreso, ai padroni,
ma non puo' essere solo un ritorno al passato: va resa efficace attraverso
meccanismi di controllo dei prezzi dal basso, da parte di commissioni di
consumatori, e il controllo operaio negli stessi luoghi di produzione sui
costi reali dei prodotti. Una battaglia lunga e difficile, ma l'unica che
possa bloccare i meccanismi speculativi normali nel capitalismo, mentre
il "calmiere" tanto propagandato una volta dalla destra e' praticamente
impossibile.
Altra cosa e' bloccare gli aumenti delle tariffe, e anzi cancellare
quelli gia' avvenuti. Stranamente Epifani si e' dichiarato contrario, ma
invece, pur non essendo risolutivo, questo blocco - se generalizzato e
prolungato -
potrebbe arginare almeno in parte l'inflazione galoppante. Anche su
questo i lavoratori delle ferrovie o dell'Enel, ecc., possono fare molto,
se sollecitati da una forte campagna che faccia capire che devono associare
i loro interessi diretti a quelli degli utenti.
Naturalmente gli organismi della comunita' europea, e lo stesso Prodi,
hanno dichiarato inammissibile questa misura, ma vale per questo quanto
dicevamo sopra a proposito della presunta "neutralita'" e "imparzialita'
degli organi che gli Stati capitalisti dell'Europa si sono dati per arginare
le richieste dei lavoratori e cancellare i loro diritti. Quando a Prodi,
e' grottesco che l'Ulivo attenda la salvezza dal suo ritorno sulla scena
politica italiana. È stato un grande manager dell'industria a partecipazione
statale, nell'interesse dei capitalisti privati, e ha avviato durante il
suo governo la politica di privatizzazioni che hanno svenduto ai privati
l'Alfa Romeo, la Cirio, la Centrale del Latte di Roma, e tante altre aziende
sanissime regalate a famelici capitalisti (che non
hanno ovviamente mantenuto un solo impegno sulla salvaguardia dell'occupazione).
Rilanciare la lotta in difesa dei salari reali e' un compito prioritario,
senza il quale l'altro grande obiettivo, la riduzione d'orario, rimarrebbe
lettera morta, anche se venisse imposta per legge (come peraltro e' del
tutto improbabile con questo governo e questa "opposizione"). Ma una crescita
delle mobilitazioni operaie e di tutti i lavoratori potrebbe cambiare le
cose, e mettere di nuovo in difficolta' la maggioranza di governo come
avvenne nell'autunno del 1994, quando Berlusconi e Dini credettero di poter
colpire le pensioni. L'opposizione punta oggi solo sui "girotondi" sui
conflitti di interessi, o sulla complessa questione della
magistratura, ma non e' cosi' che si puo' mutare il clima politico.
Tra l'altro la magistratura, dopo un periodo in cui molti, anche nella
sinistra, si erano illusi che spazzasse via la corruzione, oggi non gode
di grande popolarita', e ha parecchie colpe, non essendo affatto cosi'
"rossa" come afferma Berlusconi, e neppure cosi' indipendente. Basti pensare
al ruolo di D'Ambrosio nella scandalosa sentenza sul "malore di Pinelli,
o di altri del suo staff nell'incriminazione di Sofri. Altro che "toghe
rosse"!
Naturalmente la magistratura va difesa quando si oppone alle turpi
leggi che vogliono cancellarne ogni residua autonomia, ma non e' su questo
terreno che puo' innestarsi la controffensiva nei confronti della destra
famelica e arrogante. Solo puntando sulla difesa dei lavoratori e dei consumatori
dai meccanismi economici che li stanno stritolando si puo' creare un grande
movimento che riapra la stagione delle lotte e delle conquiste.
Come sempre il grande venditore di fumo ha colpito ancora: Berlusconi
alla fine ha proposto di bloccare per tre mesi (il tempo di far passare
le proteste d'autunno) "le tariffe", ma essendo gia' state aumentate quelle
di telefoni e gas (e non se ne parla di toccarle), tutto si riduce a una
sola tariffa, quella dell'Enel, il cui aumento annunciato inciderebbe sull'inflazione
per lo 0,025 su base annua! Inoltre essendo l'aumento dell'energia elettrica
legato a quello del petrolio, potrebbe tranquillamente scattare anche prima
un supplemento legato alla nuova guerra contro l'Iraq. Delle assicurazioni
non se ne parla neppure, ne' sono stati previsti interventi sulle tariffe
di diretta competenza governativa come ferrovie e autostrade. Tanto meno
si pensa di far restituire alle
compagnie petrolifere gli aumenti mantenuti anche nei periodi in cui
il prezzo del petrolio scendeva e il cambio euro-dollaro era diventato
più favorevole. Per giunta con questa misura insignificante dal
valore quasi esclusivamente propagandistico (e che non a caso e' stata
approvata subito da Cisl e Uil) Berlusconi delegittima le cosidette "Authority",
che dovrebbero accertare la legittimita' degli aumenti di alcune tariffe
(non lo hanno fatto, ma così potranno farlo ancora meno).