Luca Mercalli, “il fatto quotidiano”, 16 marzo 2012
Luca Mercalli risponde a Monti sulla TAV.
Il climatologo, residente in Valsusa, ribatte argomento per argomento
al documento pubblicato dall’esecutivo l’8 marzo per dimostrare la necessità
e la sostenibilità del progetto.
E così il governo tira finalmente fuori alcune risposte ai dubbi
sul Tav Torino-Lione. Posto che una seria valutazione non si fa a colpi
di comunicati e dibattito sui giornali, ma attivando una apposita commissione
tecnica indipendente, accenniamo qui ad alcune obiezioni. Secondo il team
tecnico della Comunità montana Valli Susa e Sangone, i 14 punti
appaiono “affrettati, superficiali, parziali e qua e là inesatti;
in ogni caso mancano i riferimenti agli studi che dovrebbero esserne la
base e che, se esistono, continuano a essere coperti da segreto di Stato”.
Il riferimento alla riduzione delle emissioni di gas serra e ai benefici
ambientali dell’opera non è credibile, in quanto la letteratura
scientifica internazionale attribuisce a opere simili pessime prestazioni
energetiche e qui si afferma il contrario senza fornire un’Analisi del
Ciclo di Vita (LCA) o un semplice bilancio di carbonio verificabile, invocati
da anni.
Il nuovo tunnel di base, tra energia e materie prime spese in fase
di realizzazione ed energia di gestione, inclusa quella per il raffreddamento
dell’elevata temperatura interna alla roccia, produrrebbe più emissioni
della linea storica a pieno carico di merci e passeggeri, in palese contrasto
con gli obiettivi europei di efficienza energetica 20-20-20. Per limitare
l’impatto psicologico e diluire quello finanziario a carico dei contribuenti
si tende nei 14 punti a frammentare l’opera in sezioni indipendenti più
piccole, che tuttavia non permetterebbero da sole di raggiungere le prestazioni
promesse.
Un esempio: si dichiara una riduzione dei tempi di percorrenza tra
Torino e Chambéry pari a 79 minuti, solo grazie al nuovo tunnel
di base, rimanendo invariati i raccordi. Ma tale risultato è irraggiungibile
senza la realizzazione dell’intera tratta, in quanto implicherebbe velocità
prossime ai 500 km/h in tunnel a fronte di una velocità di progetto
di 220 km/h. Delle tre ore di riduzione tempi di percorrenza sulla tratta
Parigi-Milano enunciate al punto 6, già ora circa 40 minuti sarebbero
recuperabili facendo transitare i Tgv sulla nuova e sottoutilizzata linea
ad alta velocità Torino-Milano, sulla quale tuttavia i treni francesi
non sono ammessi per discutibili scelte sui sistemi di segnalamento, che
pure l’Europa individua come primo fattore da armonizzare per le reti transeuropee.
Al punto 11 si arriva addirittura ad affermare che “il progetto non genera
danni ambientali diretti ed indiretti” il che è ovviamente impossibile,
un’opera di questo genere presenta inevitabilmente enormi criticità
ambientali e sanitarie, evidenziate perfino nelle relazioni progettuali
Ltf, che si può tentare di mitigare e compensare, ma non certo eliminare.
L’unico modo per non avere impatti “nel delicato ambiente alpino” è
lasciarlo indisturbato!
I posti di lavoro promessi, oltre che sovrastimati, riguarderebbero
principalmente gli scavi in galleria, dunque notoriamente temporanei, insalubri
e di modesta qualificazione professionale, in genere coperti da emigrati
da paesi in via di sviluppo. Le prestazioni della linea esistente vengono
minimizzate sulla base della vetustà e non delle sue effettive capacità.
Nel 2010 infatti la linea attuale è stata utilizzata a meno del
12% delle sue potenzialità. Un tunnel è un tunnel, non può
essere né vecchio né nuovo allorché svolge la sua
funzione di condotto. Il Frejus, benché ultimato nel 1871, a differenza
di quanto affermato al punto 8 “dove non entrano i containers oggi in uso
per il trasporto merci” è stato recentemente ampliato per consentire
il passaggio di container a sagoma GB1 (standard europeo), spendendo poco
meno di 400 milioni di euro. Non è chiaro perché il collaudo
tardi ancora o, se c’è stato, perché permangano i limiti
preesistenti ai lavori. Quanto alla pendenza della linea storica, indicata
al punto 6 nel 33 per mille, si rileva che il valore medio è attorno
al 20 per mille, e solo 1 km raggiunge il 31 per mille e non il 33. L’energia
spesa per raggiungere la quota massima del tunnel del Frejus a 1335 metri
viene inoltre in buona parte recuperata nel tratto di discesa.
Si ricorda che negli Stati Uniti l’unico tunnel che attraversa il Continental
Divide nelle Montagne Rocciose del Colorado, il Moffat Tunnel, lungo 10
km, è a binario unico e culmina a ben 2817 m, e dal 1928 viene ritenuto
ancora perfettamente efficiente.
In conclusione: c’è già una ferrovia funzionante lungi
da essere paragonata a una macchina da scrivere nell’era del computer;
l’attuale domanda di trasporto è enormemente inferiore alla capacità
della linea; costruire un’altra linea in megatunnel costa una cifra spropositata
in un momento così critico per la nostra economia; l’Europa non
ci ha imposto niente, tant’è che non ha ancora deciso se finanziare
o meno il tunnel di base; la valutazione di impatto ambientale dell’intero
progetto non è mai stata effettuata; l’analisi completa costi-benefici
non è ancora stata pubblicata; il bilancio energetico non è
disponibile. E nel frattempo, intorno alla torta si affollano anche troppi
commensali, tutti interessati a partire con i lavori, non importa come,
purché si cominci a scavare.