di Stefano Mannucci, da "il Tempo", 3 febbraio 2002
«Vostro onore, mi permette di chiamare il Pentagono?». Il
10 gennaio scorso, con una trovata degna di Perry Mason, l'avvocato Paul
Slansky è riuscito a dimostrare che il suo cliente, Delmart Vreeland,
non è un pazzo, come sostengono i governi di Stati Uniti e Canada.
Attraverso il "viva voce", tutti i presenti nell'aula giudiziaria di
Toronto hanno ascoltato ciò che diceva, da Washington, l'ignaro
centralinista del Dipartimento della Difesa: «Il tenente Vreeland
è identificato dalla sigla 0-3, questo è il suo diretto,
questo il numero della sua stanza». Non è vero, dunque, come
hanno tentato di dimostrare gli alti comandi militari, che l'uomo sia stato
congedato per scarso rendimento nell'86. Ha ragione Vreeland: è
tuttora un ufficiale della marina americana, da anni impegnato in missioni
di intelligence. E ora, in carcere dal dicembre 2000 per reati connessi
a frodi con le carte di credito, teme per la sua vita, sopratutto se si
dovesse decidere l'estradizione negli Usa. In molti potrebbero
avere interesse a tappare la bocca alla spia che sapeva troppo.
I guai di Vreeland iniziano quando, nell'autunno di due anni fa, viene
inviato in trasferta a Mosca con due compiti: investigare su un traffico
intercontinentale di droga e acquisire documenti russi e cinesi che provino
l'intenzione dei due Paesi di contrastare il progetto statunitense per
lo scudo spaziale. Tra i suoi interlocutori all'ombra del Cremlino c'è
un sedicente "analista di sistemi informatici", il 35enne Marc Bastien,
dipendente dell'ambasciata canadese e agente del Csis, il servizio segreto
di Ottawa. Il tenente Vreeland entra in possesso di una carta che forse
non avrebbe voluto mai vedere: i russi scrivono che sono stati decisi attentati
devastanti su una serie di obiettivi che comprendono il World Trade Center,
il Pentagono, la Casa Bianca, le Sears Towers di Chicago, il Parlamento
canadese, sedi di banche a Toronto, Ottawa e Montreal, centrali idroelettriche.
L'informazione suggerisce che Osama Bin
Laden ne è solo l'esecutore materiale, agli ordini di qualcuno
più in alto, e il messaggio finale è di quelli che gelano
il sangue: «Consentire solo un attacco. Impedire gli altri».
A quel punto Vreeland tenta di avvertire i suoi superiori, e di segnalare
la faccenda al Csis e alle Guardie a Cavallo della sede diplomatica canadese.
Anche Bastien capisce che per lui le cose si mettono male: «Non mi
fido di nessuno, qui a Mosca», confida. Nel frattempo, il tenente
di marina lascia la Russia e viene arrestato non appena il suo aereo atterra
a Toronto. Sul suo capo pende un mandato di cattura internazionale emesso
dallo Stato del Michigan: l'accusa è di aver falsificato e utilizzato
carte di credito a suo nome. È il 6 dicembre 2000. Sei giorni più
tardi, Bastien viene trovato morto nel suo appartamento moscovita, «per
cause naturali»,
dichiarano i medici. Ma sei mesi dopo, i risultati sulla salma tornata
in patria dimostrano che Bastien era stato con ogni probabilità
avvelenato. Qualcuno, forse una donna, aveva versato nel suo drink dosi
massicce di un antidepressivo.
In carcere, Vreeland tenta in ogni modo di far filtrare la "soffiata"
sugli imminenti attentati. Ma non ha successo. Gli 007 statunitensi e canadesi
continuano a ripetere che si tratta delle bugie di un ciarlatano, di un
truffatore incallito. Così, l'11 o il 12 agosto
2001 (l'unica incertezza è sulla data esatta) l'ufficiale scrive
tutto ciò che sa e lo chiude in una busta, consegnandola alla direzione
del penitenziario. La lettera viene riaperta il 14
settembre, quando troppe cose sono già accadute: scattano immediatamente
gli allarmi in Nord America, a protezione dei bersagli segnalati.
Il processo contro di lui, che vede agli atti l'affidavit con la missiva
top-secret, è ancora in corso: la marina militare di Washington
ha inviato alla Corte 1200 pagine di documenti in
cui "risulterebbe" che Vreeland è stato congedato sedici anni
fa. «È una prova della loro malafede - ripete un altro degli
avvocati difensori, Rocco Galati - Tutto questo materiale è stato
manomesso in modo persino grossolano: non sono riusciti a cancellare i
dati di
alcune visite mediche sostenute dal mio assistito nel 1990».
Anche dopo la telefonata al Pentagono, l'accusa continua a seguire la pista
del "pazzo", dell'"impostore", e i legali temono che qualcuno possa tentare
di ucciderlo anche in cella, figurarsi una volta estradato
negli Usa. I segnali non mancano, del resto, neppure per Slansky e
Galati: con gatti impiccati alla veranda di casa, o auto danneggiate in
apparenti atti di vandalismo.