mailing list dei Comitati Attac Italia, 4 agosto 2011
Di fronte a patti tra parti sociali "responsabili" per rilanciare la "crescita" che vede in corrispondenza di amorosi sensi CGIL, CISL, padroni e banchieri, è il caso di andare a vedere cosa significa "crescita" per alcuni. E' interessante in questo senso il manifesto per la crescita lanciato dal Sole 24 Ore, che ha preceduto di poco il patto.
1 - Riduzione della tassazione sul lavoro che porti a un alleggerimento dell'Irap attraverso una rimodulazione dell'Iva. Questa ricomposizione darebbe più slancio al Pil, perché la riduzione del costo del lavoro agisce su competitività, prezzi e margini delle imprese e ampiamente compensa l'effetto negativo sui consumi dell'inasprimento dell'Iva. Per evitare che la maggior aliquota Iva finisca in maggiore evasione occorre potenziare gli strumenti di controllo.
Traduzione: una riduzione dei costi per le imprese (che pagano l’Irap),
scaricandole sui cittadini (che pagano l’IVA). Tanto più che, essendo
l’IVA un'imposta non progressiva in base al reddito, alzandola i poveri
pagano proporzionalmente più dei ricchi. Si potrebbe ridurre ancor
più il consumo degli italiani, e le loro condizioni sicuramente
peggioreranno, ma aumenteranno i profitti delle imprese.
Si può dire che ridurre consumi inutili e indotti può
essere positivo, ma non con l’aumento dell’IVA. Paradossalmente l’aumento
dei profitti, e quindi dei guadagni per padroni, alto management e azionisti,
può portare ad un aumento di consumi di lusso e altri sprechi.
Questo fa tra l’altro emergere l’illusorietà di trovare una
soluzione condivisa all’uscita della crisi nell’aumento della domanda interna,
in particolare dei salari. Aumentare i salari può, ma in un mercato
aperto non è detto, far aumentare la domanda di beni e servizi prodotti
dalle imprese, ma dall’altro lato diminuisce il saggio di profitto. Non
è assolutamente detto che l’aumento del primo compensi la dicesa
del secondo. Nel documento viene anzi esplicitamente preferito un aumento
dei profitti derivante dalla riduzione del salario indiretto dei lavoratori
( la spesa sociale finanziata con l’IRAP ) , scontando anche una possibile
riduzione dei consumi interni e quindi della domanda interna derivante
dall’aumento dell’IVA.
2 -L'innalzamento dell'età pensionabile obbligatorio per tutti a 70 anni, accorciando il percorso che, con l'ultima manovra, farebbe raggiungere tale soglia nel 2050, per arrivarvi entro il 2020. Ciò permetterebbe di pagare pensioni più elevate e di ridurre gradualmente il carico dei contributi sociali molto elevati.
Traduzione: Per ridurre i contributi pagati dalle imprese le persone
dovrebbero lavorare sino a 70 anni, ingrassando nel frattempo i gestori
dei fondi pensione.
Ma le imprese, che chiedono a gran voce l’innalzamento dell’età
pensionabile, se lo terranno un lavoratore fino a 70 anni, quando già
a 40 – 50 anni un lavoratore viene già ritenuto troppo vecchio per
gli infernali ritmi produttivi attuali e troppo poco flessibile?
Non è un problema delle imprese, il lavoratore dovrà
arrangiarsi a sopravvivere, magari con contratti parasubordinati da supersfruttamento
o lavorando in nero. L’importante e che le imprese possano ridurre il salario
differito ( contributi pensionistici) dei lavoratori. Per loro si tratta
dell’esistenza di forza lavoro non più utilizzabile.
3 - L'Europa adotti eurobond (titoli di debito europeo) per sostenere i Paesi in difficoltà, evitando l'innalzamento nell'area euro dei tassi e garantendo la possibilità per tutti i Paesi membri di finanziarsi a costi accettabili. L'Efsf (ma si possono immaginare anche altri emittenti come la Bei o il nuovo veicolo Esm) potrebbe collocare bond fino a 2.000 miliardi (dagli attuali 225) con garanzie pari a circa 3.500 miliardi. Questa raccolta potrebbe servire anche a sostenere direttamente (e non a parole) investimenti in infrastrutture transnazionali con una importante ricaduta anche per l'Italia.
Traduzione Il capitalismo per funzionare ha bisogno dello stato, di uno stato ovviamente piegato alle sue logiche. Da ridurre non è tanto l’intervento pubblico in generale quanto lo stato sociale. Come dimostrano recenti esperienze, dagli Stati Uniti alla Grecia, governi liberisti possono benissimo far esplodere i deficit pubblici, se questo serve a sostenere l’accumulazione capitalistica. L’intervento pubblico a sostegno dei profitti è quindi il benvenuto, come abbiamo visto nel salvataggio delle banche durante la crisi, ma anche con i vari incentivi alle imprese o ad alcuni settori ( pensiamo in Italia agli incentivi all’automobile ). Le grandi opere sono uno degli strumenti con cui si procurano affari alle imprese Vi sono certo posizioni differenti tra i vari capitali, non tutti sono d’accordo con un ruolo più attivo dell’unione europea, in particolare il capitale dei paesi dominanti nella UE che può contare sul sostegno delle proprie istituzioni pubbliche e finanziare, mentre capitali più periferici sono più propensi ad un ruolo della UE. La concorrenza intercapitalistica continua ad esistere sia tra stati che negli stati.
4 - Scossa forte sulle privatizzazioni a cominciare dalla Rai e dalle aziende di public utility oggi possedute da enti locali o da loro controllate. Al di là dei vantaggi diretti sul debito e quindi del risparmio sulla spesa per interessi, si ridurrebbe drasticamente l'intervento diretto della politica (e delle sue logiche spartitorie e di arricchimento) nella produzione di beni e servizi. Le privatizzazioni sono uno degli strumenti principali per garantire più profitti alle imprese.
Traduzione: si riducono risorse impiegate nello stato sociale, ponendo le basi per spostarle al sostegno delle imprese o per ridurre le tasse a imprese e ricchi. Si consegnano ai privati nuovi campi d’accumulazione, nella maggioranza dei casi in settori monopolistici, che garantiscono profitti sicuri e superiori alla media. Certo gli utenti dei servizi vengono penalizzati, dall'aumento delle tariffe e dal peggioramento del servizio, come i lavoratori delle imprese privatizzate, grazie ai tagli in organico, al peggioramento delle condizioni contrattuali e di lavaoro. Ma, come si è ormai capito , la crescita di cui parla il manifesto del sole 24 ore non è la crescita del benessere delle persone ma dei profitti delle imprese.
5 - Un piano di liberalizzazione di licenze e orari per tutte le attività del commercio, servizi, farmacie, para-farmacie e reti distributive. Liberalizzazione delle professioni. Potenziamento del ruolo dell'Antitrust. Adozione del principio per cui nessun cittadino e nessuna impresa sono tenuti a presentare certificazioni che sono già in possesso della pubblica amministrazione.
Traduzione: la liberalizzazione nel campo del commercio e dei servizi favorisce i processi di concentrazione delle imprese, es. la liberalizzazione del commercio favorisce la grande distribuzione. Questo può andare a danno dei lavoratori del settore, che si vedranno gli orari lavorativi prolungati con la liberalizzazione degli orari di apertura. La liberalizzazione delle professioni avvantaggia le imprese riducendo i costi per alcuni servizi che esse acquistano. Questo può avere effetti positivi generalizzati, ma non è automatico. Nei rapporti di mercato non siamo tutti sullo stesso piano, contano i rapporti di forza: i consumatori con maggior potere economico e di mercato spuntano migliori condizioni rispetto alla maggioranza dei consumatori, su cui vengono magari scaricati i costi delle migliori condizioni ottenute dai primi.
6 - Definire un patto di stabilità interno effettivamente non derogabile sui parametri dei costi standard per la spesa sanitaria.
Traduzione: contenere le spese per la sanità in modo da ridurre il salario indiretto ( stato sociale) dei lavoratori e di avvantaggiare la sanità privata. E’ una chiara misura di attacco allo stato sociale che colpirà in generale la salute dei cittadini. L’aumento delle spese che i cittadini devono sopportare porta a ridurre il ricorso a strutture sanitarie per scopi preventivi, con ovvie conseguenze sulla salute delle persone; strutture sanitarie sottofinanziate lascieranno spazio alle strutture private, accessibili solo a chi se le può permettere. La tutela di un bene primario come la salute diventa assolutamente secondaria rispetto all'aumento dei profitti tramite la compressione del salario indiretto.
7 - Aumento delle rette universitarie. Non c'è motivo per cui
chi può permetterselo non debba pagare in modo adeguato l'investimento
formativo dei figli. Gli studenti meritevoli e non abbienti vanno invece
sostenuti con un sistema generoso e mirato di borse di studio e/o di prestiti
(come in numerose esperienze straniere).
Ciò spingerebbe a migliorare nettamente la gestione delle università,
perché ne farebbe dipendere il finanziamento in modo più
marcato e diretto da quanto gli studenti versano. Abolizione del valore
legale del titolo di studio, per cui non varrà più che un
diploma ottenuto abbia lo stesso valore indipendentemente dalla bontà
dell'ateneo in cui è stato conseguito.
Traduzione: l’università deve essere ancor più università
di classe, in primo luogo negandone l’accesso alle classi subalterne con
l’aumento delle rette. In secondo luogo istituendo una gerarchia tra gli
atenei, che sarà ovviamente accompagnata da rette più alte
per gli atenei più prestigiosi, che ribadisca ulteriormente le differenze
di classe. Sparite le distinzioni per nascita del feudalesimo, la meritocrazia
è diventato lo strumento principale di giustificazione ideologica
delle differenze sociali, una riforma dell’università di questo
tipo và a rafforzarne questo carattere. Il fatto che per qualche
studente proveniente da famiglie delle classi subalterne sia possibile,
con borse di studio o con prestiti da restituire in seguito con gli interessi,
accedere all’università non ne cambia il carattere, anzi lo rafforza
dando una parvenza di possibilità universale d’accesso, che rimane
ovviamente una parvenza. La classe sociale è un elemento che condiziona
fortemente l’accesso all’università, e non solo dal punto di vista
economico ma anche dal punto di vista del livello d’istruzione della
famiglia da cui si proviene.
Paradossalmente nel momento in cui tanto si parla della società
della conoscenza da parte del giornale di Confindustria viene avanzata
una proposta che tende a ridurre l’accesso all’istruzione universitaria,
ma non è un caso. Aldilà di ciò che proclamano alcuni
sostenitori della generalizzazione del lavoro cognitivo come forma prevalente
d’impiego, negli ultimi decenni lo sviluppo maggiore l’hanno avuto i cosidetti
“Mc Jobs” impieghi di basso livello, sovente precari ( senza contare che,
a livello mondiale assistiamo allo sviluppo della classica figura dell’operaio
industriale, si pensi alla Cina ).
Quello che manca in questo ragionamento è il carattere dell’accesso
all’istruzione e dei saperi come democratizzazione delle conoscenze, legato
ad una più generale democratizzazione della società e una
visione dell’istruzione universitaria non solo come acquisizione di competenze
specialistiche utili alle imprese ma come elemento di sviluppo critico
della persona.
8 - Trasparenza della pubblica amministrazione:una forte iniziativa con l'adozione di una legge per la libertà d'informazione ("Freedom of Information Act", secondo le migliori esperienze straniere). Questo consentirebbe di monitorare l'operato dei funzionari pubblici e li renderebbe più responsabili di inutili ritardi, evitando il rimpallo delle pratiche tra un ufficio e l'altro.
Traduzione: ribadire che i controlli pubblici sono solo un peso, “lacci
e lacciuoli” al libero sviluppo dell’impresa. Questo si inserisce in un
processo in cui verifiche preventive sulla compatibilità sanitaria,
di sicurezza per lavoratori e cittadini, urbanistica ed ambientale di attività
d’impresa sono state sostituite con autocertificazioni, la cui congruità
può essere solo valutata in seguito, con le ovvie difficoltà
a modificare situazioni già createsi. Per valutare l’impatto
di un’attività economica su un territorio possono servire competenze
di diversi uffici e può servire tempo, soprattutto se gli organici
della pubblica amministrazione vengono tagliati. Il tagliare il numero
di informazioni che il privato deve fornire i tempi in cui deve avvenire
l’esame di alcune pratiche può anche portare ad una minore efficacia
ed accuratezza dei controlli. E’ un’idea di società che sta dietro
questa concezione per cui non è l’impresa a servizio della società
ma la società al servizio dell’impresa. Non a caso nel successivo
articolo del "sole" in cui si approfondisce il tema gli esempi portati
erano quelli della pubblicazione dei dati di presenza dei dipendenti pubblici.
La
trasparenza in se è un elemento importante affinché non
si creino burocrazie legate all’arbitrio nell’esercizio di alcuni poteri,
di cui ad approfittare sono in primis quelli che hanno rilevanti interessi
economici, ma questa deve essere inscindibilmente collegata a forme di
democrazia partecipativa dal basso da parte di cittadini e lavoratori,
che rendano effettivo il carattere pubblico della pubblica amministrazione.
9 - Riduzione dei costi della politica: adeguamento immediato delle indennità dei parlamentari e del numero degli eletti alla media europea, abolizione delle Province e accorpamento dei Comuni più piccoli, dimezzamento delle rappresentanze dei consigli regionali, comunali e circoscrizionali e riduzione dei componenti dei cda di tutte le società controllate dagli enti locali. Queste scelte possono avere un significato speciale per restituire credibilità alle istituzioni.
Traduzione: Tagliare le spese dello stato, ridurre il potere del ceto
politico, alleato delle imprese ma in alcuni casi un’alleato costoso. La
sacrosanta rivendicazione della riduzione dei costi della politica prescinde
in questa proposta da qualsiasi considerazione sul ruolo delle assemblee
elettive, ridurre le indennità è una cosa, dimezzare gli
eletti nei consigli regionali ha anche effetti sulla rappresentatività
di queste assemblee. L’idea di fondo è quella che ha sostenuto tutte
le riforme maggioritarie e uninominali di questi decenni, la politica come
spazio di decisioni tecniche, nell’orizzonte già dato e condiviso
del “pensiero unico”, che deve essere il più efficiente e rapido
possibile,non come spazio di rappresentanza democratica e di conflitto
tra concezioni ed interessi sociali fortemente divergenti.
Tra l’altro sparare sulla casta dei politici fa sempre consenso sociale
e, magari, serve ad occultare altri consistenti privilegi, in decenni in
cui mai crescita dei redditi e della ricchezza sono state concentrate in
così poche mani e mai la diseguaglianza economica è cresciuta
così fortemente, a scapito di gran parte della popolazione.
Non che l'architettura istituzionale non abbia bisogno di cambiamenti
e che non ci sia bisogno dai combattere la casta politica. Bisogna non
ridurre la politica ma cambiare la politica, aumentando gli spazi di decisionalità
democratica e riportando sotto controllo democratico settori che mano a
mano ne sono stati sotratti e consegnati alla sfera del capitale privato
e dei sui interessi. Nel 140 anniversario della Comune di Parigi
verrebbe voglia di riproporre alcune delle sue deliberazioni:eletti responsabili
verso l'assemblea che li ha eletti e revocabili in ogni momento con salario
da operaio e, magari oltre che la politica cambiare anche la società
e l'economia, in un senso ovviamente molto diverso da quello prefigurato
da questo manifesto.
In conclusione in questo manifesto l’unica cosa che si vede crescere sono i profitti delle imprese. Non cresce l’accesso alla conoscenza, non cresce il soddisfacimento dei bisogni delle persone di servizi pubblici o di prevenzione e assistenza sanitaria, non cresce il benessere delle persone che dovrebbero lavorare più a lungo.
E’ significativo tra l’altro che i problemi legati alle conseguenze
sociali delle crisi, e delle politiche che ci hanno portati alla crisi,
e che hanno determinato un aumento senza precedendi di diseguaglianza e
sfruttamento, e i problemi ambientali, e degli effetti che potrebbe avere
la "crescita" su di esso, delle possibilità di pensare a modelli
di sviluppo che non ne presuppongano il saccheggio attuale, non siano neanche
nominati in questo documento.
Questo documento rende per l’ennesima volta evidente il contrasto tra
la massimizzazione dei profitti e il soddisfacimento dei bisogni delle
persone, della tutela dell’ambiente, dei diritti e della dignità
dei lavoratori. Il capitalismo dimostra sempre più la sua crisi
sistemica.