comunicato Unione sindacale di base, 21 marzo 2012
La pratica dello scalpo consisteva nello strappare i capelli ai propri
avversari dopo averli sconfitti e uccisi. Un atto efferato ed inutile,
perché praticato a vittima già morta, che avveniva solo per
dimostrare che l'avversario era stato definitivamente sconfitto. L'articolo
18 è lo scalpo.
Dopo aver stravolto la struttura del diritto alla pensione facendolo
diventare un miraggio in assenza pressoché totale di resistenza
e contrapposizione, nella trattativa sul mercato del lavoro e sugli ammortizzatori
sociali, le organizzazioni sindacali invitate hanno pressoché unanimemente
accettato la riduzione complessiva della copertura degli ammortizzatori
sociali attuali. Scompare la cassa integrazione straordinaria in caso di
chiusura azienda, e scompare la mobilità e quindi la riduzione della
tutela in caso di licenziamenti collettivi, che passa di fatto da quattro
anni ad un anno, sostituendola con una fantomatica ASPI (assicurazione
sociale per l?impiego) che, essendo un?assicurazione, probabilmente
sarà finanziata anche dagli stessi lavoratori, e che ha un tetto
massimo di 1.119 euro lordi riducibili dopo sei mesi e poi ancora ulteriormente
riducibili e così via.
Sulla riforma dei contratti non vengono cancellate né la Legge
30 né il pacchetto Treu che hanno introdotto ed incistato la precarietà
in tutte le pieghe della società, non solo nel lavoro, e che sarebbero
davvero le norme da far scomparire, ma si fa una operazione di maquillage
sui tempi determinati e sulle partite IVA improprie. Almeno questo è
ciò che si capisce ad oggi dalle notizie di stampa, perché
un testo vero e proprio non c'è ancora e le sorprese potrebbero
non essere finite qui. Quello che si capisce con certezza è che
su queste proposte c'è un sostanziale accordo sia della politica
che delle parti sociali. A questo punto, quando è evidente che la
precarietà continuerà a farla da padrone nel nostro ordinamento
e nelle nostre vite e che le imprese avranno il completo dominio sul lavoro
grazie all'acquiescenza di tutti, sindacati e forze politiche, e con grande
soddisfazione dei rappresentanti del capitale e degli interessi del
mercato, si decide di manomettere, per farla scomparire, la normativa che
fino ad oggi ha tutelato i lavoratori dai licenziamenti discriminatori
ed illegittimi. Non c?entra nulla con la trattativa, non è materia
di strumentazione contrattuale, non è materia di ammortizzatori
sociali, è solo lo scalpo che deve stare a dimostrare che la vittoria
è totale, senza via d'uscita, che non c'è modo di far tornare
in vita il morto. E qui viene il bello. Alcuni, di quelli invitatai, decidono
che tanto vale farsi anche scalpare, altri strillano perché ciò
non avvenga, senza rendersi conto che sono già stati uccisi. La
forma con cui si è per il momento concluso il giro di valzer della
trattativa - la stesura di un verbale che registra le posizioni invece
del classico accordo fra le parti - certifica la definitiva uscita da destra
dalla concertazione e la fine del ruolo dei corpi intermedi sociali di
cui il capitale e la borghesia oggi vorrebbero fare definitivamente a meno,
relegandoli, bontà loro, al ruolo, comunque economicamente remunerativo,
di amministratori dell?enorme contenzioso che si produrrà con queste
norme.
Ovviamente ben vengano le resistenze, ben venga il fatto che non tutti
a quel tavolo hanno accettato anche di farsi scalpare. A noi però
sembra, ovviamente, del tutto insufficiente. Se lottare si deve, lo si
faccia con la maggiore forza ed unità possibile per ribaltare la
logica secondo cui il lavoro non è più un diritto, come già
la pensione, il salario, la casa, la salute, l?istruzione, i beni comuni,
ma un generoso lascito del capitale di cui diventa definitivamente variabile
dipendente. Non basta lottare per lo scalpo, bisogna lottare per sconfiggere
questa tendenza e riconquistare diritti.