Sotto il lenzuolo, nulla Trucchi ed inganni delle "liberalizzazioni" targate Prodi
"Umanità nova", 4 febbraio 2007
Il governo ha varato in questi giorni il secondo provvedimento sulle
liberalizzazioni, la cosiddetta "lenzuolata", come l'ha chiamata, con scelta
di termini tutta mirata alla campagna pubblicitaria di supporto, il suo
ideatore, Pierluigi Bersani.
Originariamente questo progetto doveva vedere la luce nel conclave
di Caserta, dove il governo si era riunito per cercare un rilancio mediatico
all'appannamento di immagine seguito alla finanziaria ed allo scandalo
Prodi-Rovati-Telecom.
A Caserta non erano riusciti a mettersi d'accordo su un paio di punti
fondamentali: la rete per il gas e il Pubblico Registro Automobilistico.
Per quanto riguarda la rete per il gas, il problema è che l'Unione
Europea si è accorta che lasciando all'ENI sia lo stoccaggio del
gas, sia la rete di distribuzione si è creato un monopolio, oltretutto
privato, che, oltre a far pagare agli italiani il gas più caro d'Europa,
impedisce l'ingresso di altri operatori nel settore.
Prodi non ha cambiato il vecchio progetto che aveva (e che gli è
costato, a suo tempo, le dimissioni di Rovati): creare una società
pubblica delle reti mettendo insieme Terna (che gestisce la rete elettrica),
la rete telefonica (e a questo faceva riferimento il piano Rovati inviato
a Tronchetti Provera) la rete ferroviaria (RFI, attualmente delle FS) e
SNAM rete gas (che è la società controllata dall'ENI che
si occupa della distribuzione del gas).
Rutelli invece, punta a far perdere il controllo di SNAM all'ENI, facendo
scendere le azioni possedute da questo a meno del 20%.
Il motivo di nessuno dei due progetti è, ovviamente, quello
di liberalizzare.
Prodi vuole rifare una simil IRI, che diverrebbe un polo industriale
a lui fedele, e con cui potrebbe rimanere in sella anche dopo avere perso
il governo, e Rutelli sa che, tra tre mesi, i russi di Gazprom arriveranno
in Italia a vendere gas, grazie a un accordo siglato a suo tempo con l'ENI;
quale migliore occasione di vendergli la SNAM? Data l'abbondante liquidità
di Gazprom non si può escludere che i russi abbiano oliato qualche
rotella visto che, oltre a Rutelli, anche quelli di Confindustria da un
po' di mesi insistono per far uscire l'ENI dalla SNAM e venderne le azioni.
Nel progetto Bersani aveva, secondo i desideri di Prodi, inserito,
oltre alla SNAM rete gas, anche la Stogit (che è la società
dell'ENI che si occupa dello stoccaggio del gas), Rutelli ha bloccato tutto:
vedremo nelle prossime settimane chi vincerà.
L'altro punto su cui non si sono messi d'accordo a Caserta era l'abolizione
del Pubblico Registro Automobilistico.
Questa di abolire il PRA è una vecchia fissazione di Bersani:
non serve a nulla, fa lo stesso lavoro della motorizzazione, costa un sacco
di soldi e di tempo per chi deve fare il passaggio di proprietà
della macchina. Oltretutto l'abolizione del PRA porrebbe il problema dell'ACI
(che attualmente lo gestisce) e che, a differenza degli automobil club
esteri, campa quasi solo di provvigioni statali (che gli arrivano proprio
dal PRA). In più, ciliegina sulla torta, i DS non contano quasi
nulla nei due enti pubblici (che così si imparano a non dargli qualche
dirigenza di rilievo!).
Rutelli, nell'ottica clientelare democristiana, lo vuole mantenere:
in fondo si tratta di 2800 posti di lavoro (3.500 se si considera l'ACI)
che si possono gestire, con relativo corollario di appalti, ordini e commesse.
A Caserta Rutelli era riuscito a bloccare tutto e adesso, su questo punto,
ha vinto: separare la targa (di cui si occupa il PRA) dall'autovettura
(di cui si occupa la Motorizzazione) serve a dare ancora un senso all'esistenza
del PRA. Che si tratti di una soluzione inventata in tutta fretta lo dimostra
il fatto che, pur parlando di "personalizzazione della targa", non hanno
ancora spiegato se questo significa che la targa sarà solo personale,
cioè legata al proprietario (come già oggi avviene per i
motorini), o sarà anche personalizzabile, consentendo la scelta
di una combinazione di lettere e cifre.
Superati, in questo modo, gli scogli che a Caserta avevano impedito
di fare questi provvedimenti, il governo ha deciso di vararli ora anche
per cercare di occultare l'ennesimo atto di servilismo fatto agli unici
veri padroni d'Italia: gli USA e il Vaticano.
La cessione di Ederle agli USA, con Prodi che dichiara che "è
solo un problema urbanistico" (come se si discutesse del piano regolatore
della città), con D'Alema che, senza vergogna, chiede alla Rice
di "tener conto delle preoccupazioni da parte della popolazione" (se non
glien'è fregato niente al governo italiano, figurati quanto gliene
fregherà al governo americano della popolazione di Vicenza), con
Verdi, Rifondazione e PCDI che, fino al corteo del 17, si asterranno nelle
votazioni in consiglio di ministri, salvo poi rientrare nei ranghi (come
già dichiarato), stanno dando l'ennesima delusione a chi a votato
per questi signori.
Così come resterà deluso chi aveva creduto alla promessa
fatta da Prodi, quando aveva reinserito la tassa per le successioni tra
conviventi non sposati, di fare, entro la fine di gennaio, una legge sui
PACS: si è già capito che, probabilmente, non faranno nulla
e, se facessero qualcosa, lo faranno male.
Insomma serviva un qualcosa da dare in pasto ai giornali amici ed ecco
"le liberalizzazioni"!
Sulle finalità mediatiche dell'operazione tesa a far guadagnare
qualche consenso al governo non penso ci possano essere dubbi.
Prendiamo, tanto per fare un esempio eclatante, il caso dell'abolizione
delle ricariche ai cellulari.
L'abolizione del costo di ricarica è stato presentato come uno
dei punti qualificanti del provvedimento.
L'autorità delle comunicazioni avrebbe abolito, con propria
sentenza, tra poche settimane, i costi di ricarica. Dopo quindici anni
di inazione, l'autorità si era finalmente decisa ad aprire un'istruttoria
sui costi di ricarica percepiti dai gestori in evidente accordo tra loro.
L'istruttoria è stata avviata su richiesta UE, dopo che la petizione
di un giovane ischitano aveva raccolto, in rete, quasi un milione di firme.
Bersani non è intervenuto solo per fare la mosca cocchiera ad
una decisione che ci sarebbe comunque stata. Facendo un decreto ora e un
disegno di legge poi, sta, di fatto, facendo un favore alle compagnie telefoniche.
Una sentenza avrebbe comportato, oltre all'immediata abolizione dei
costi di ricarica, la possibilità, per gli utenti, di chiedere il
risarcimento dei danni per i costi pagati abusivamente nel corso degli
anni.
Il decreto bloccherà la sentenza dell'autority, e la possibilità
della richiesta di rimborsi da parte dei consumatori.
Il disegno di legge andrà discusso, ed approvato, in Parlamento
e tante cose potranno accadere nel frattempo, magari sollecitate dalla
lobby filotelecom, che tante altre volte si è vista all'opera.
Tanto per fare un altro esempio, prendiamo l'altro punto pubblicizzatissimo
del provvedimento, quello riguardo la possibilità di apertura dei
benzinai negli ipermercati.
In Italia c'è una situazione scandalosa per il prezzo della
benzina.
Il 7 gennaio 2006 il petrolio costava il 12,33% in più ed il
dollaro valeva circa il 6% in più del 7 gennaio scorso. Insomma,
in un anno, il prezzo del petrolio, espresso in euro, è sceso di
circa il 20%. Il prezzo della benzina e del gasolio alla pompa è,
nello stesso periodo, rimasto invariato.
Anche in questo caso si è mossa un'Autority (l'Antitrust) che,
lo scorso 23 gennaio, ha mandato la guardia di finanza a perquisire le
sedi di 8 compagnie petrolifere.
Sull'esistenza di un cartello tra le compagnie per fissare il prezzo
della benzina ci sono già precedenti pronunce proprio dell'Antitrust
per cui era attesa, in tempi relativamente brevi, una condanna delle compagnie
petrolifere.
Anche in questo caso l'intervento del governo, modificando la legislazione
salverà le compagnie petrolifere dalla condanna.
L'intervento del governo però serve anche ad altro. Innanzi
tutto è bene sapere che, già oggi, non c'è nessun
divieto alla vendita delle benzine negli ipermercati, tant'è che
ci sono già dei distributori con le insegne di Auchan, Leclerc-Conad
e Carrefour che comprano la benzina direttamente in raffineria e la riescono
a venderla a un prezzo più basso. Il decreto servirà ad incentivare
(probabilmente sotto forma di facilitazione al rilascio di concessioni
edilizie e al reperimento di risorse finanziarie) la costruzione delle
stazioni di servizio nei 334 ipermercati italiani.
In questo modo il governo sta facendo l'ennesimo favore alla Coop,
primo gruppo anche per numero di ipermercati in Italia (ne ha il 17,1%
del totale, il secondo gruppo, Carrefour, ne ha il 10,4%).
Non è questo però l'unico risultato del decreto governativo.
Facendo una riforma in questo modo si carica il costo della riduzione del
prezzo, non sulle compagnie petrolifere, ma sui benzinai.
I benzinai non hanno, infatti, praticamente alcun potere sul prezzo
del bene che vendono. Non potrebbero, anche volendo, mettersi a fare concorrenza
alla grande distribuzione. Il risultato prevedibile sarà la chiusura
di moltissimi impianti, perché nessuno andrà più a
fare benzina lì. E le misure correttive varate nel decreto, come
l'abolizione delle limitazioni per le categorie merceologiche vendibili
al negozio del distributore, serviranno solo a far crescere di dimensione
quei pochi che non chiuderanno.
Questo è il motivo della rabbia dei benzinai che, probabilmente,
esploderà nei prossimi giorni.
Tenete presente che, quando si analizzano queste scelte, per comprenderne
gli obiettivi reali bisogna vedere quali siano le alternative. Lo stesso
risultato di riduzione dei prezzi alla pompa si sarebbe potuto raggiungere,
senza penalizzare i benzinai e senza favorire la grande distribuzione,
tornando al prezzo amministrato delle benzine dove, con tutti i limiti
delle mazzette girate dai petrolieri ai ministri membri del CIPE, almeno
si riusciva ad individuare il responsabile politico del prezzo dei carburanti.
Vedremo nei prossimi giorni, con i decreti attuativi, se ci sarà
qualcosa di rilevante nelle scelte governative.
Ad oggi riscontriamo la totale identità del governo Prodi con
il governo Berlusconi, non solo nelle scelte militariste, di negazione
dei diritti e di macelleria sociale, ma anche nell'attività in cui
il nano pelato sembrava insuperabile: sparare cazzate!