"Battaglia Comunista", aprile 2004
Dagli anarchici agli stalinisti, passando per tutte le organizzazioni
di matrice trotzkista a quelle genericamente antimperialiste che non hanno
un preciso retroterra teorico, l'appoggio incondizionato alla resistenza
irachena sembra un fatto scontato. I gruppi e i movimenti che si collocano
alla sinistra del sempre più "pacifista e non-violento" PRC di Bertinotti,
non ci pensano su due volte a dire: "viva la resistenza irachena".
Ognuno, poi, dà a questa affermazione un valore più o
meno differente. Secondo alcuni, infatti, bisogna appoggiare qualunque
azione contro gli occupanti senza badare alla direzione politica, i bersagli
scelti, e così via. l'importante è colpire l'invasore. Secondo
altri, invece, è legittimo e necessario rivendicare autonomia di
giudizio sui gruppi egemoni della resistenza irachena (nazionalisti e fondamentalisti)
e auspicare un'altra direzione politica della lotta anticoloniale.
Lasciamo qui da parte chi appoggia senza postille la resistenza irachena,
e prendiamo invece in considerazione chi non vuole rinunciare ad una "visione
strategica", e vede quindi nel fronte nazionale anticoloniale soltanto
una prima tappa nel cammino per la liberazione del popolo iracheno. Chi
insomma avanza la logica delle priorità: prima cacciamo lo straniero
tutti insieme, borghesi e diseredati uniti nella lotta, e poi ricominciamo
la lotta di classe contro i nazionalisti, la pretaglia islamica, gli sceicchi
petrolieri, le gerarchie feudali dei clan, e così via.
Ora, ammettiamo per un attimo che sia davvero possibile la vittoria
della cosiddetta resistenza irachena contro l'occupazione americana, senza
l'intervento di un'altra coalizione che faccia subentrare il proprio potere
a quello statunitense, e quindi che vi sia la ricostituzione di un regime
gestito dalle componenti maggioritarie e dominanti della resistenza stessa:
fondamentalisti, nazionalisti, capi tribali e minoranze staliniste a cui,
orfane dell'URSS, non è rimasto che il mito borghese della patria.
A quel punto, secondo i fautori della visione strategica, la componente
classista della resistenza potrebbe finalmente sganciarsi dal fronte nazionale
e cominciare a coltivare una politica autonoma e a combattere quelli che
il giorno prima erano i propri alleati nella lotta contro l'invasore.
Fantapolitica. La realtà, per chi conosce la dinamica essenziale
della lotta di classe, non ha niente a che vedere con questa visione evoluzionista
del conflitto sociale. Una volta che la classe dominante irachena avesse
completamente ristabilito il proprio controllo sulla nazione, che motivo
avrebbe per non schiacciare quelle minoranze anticapitaliste, che fino
al giorno prima erano state così disponibili ad affiancare senza
riservenla direzione borghese della resistenza? Non sarà invece
che proprio quando la classe dominante è indebolita e frammentata
che i proletari, se organizzati autonomamente su un terreno di classe contro
la violenza dell'occupante e contro tutte le fazioni della borghesia autoctona,
possono iniziare a fare qualche passo avanti sulla via - internazionale
e internazionalista - della propria liberazione sociale?