di Daniele Barbieri, Carta, 10 giugno 2002
È stato davvero "un pomeriggio di follia, rancore e furia cieca",
come ha scritto il Corriere della Sera del giorno dopo. Le facce di quelli
che erano venuti a Roma per la riunione del gruppo di lavoro sul Forum
sociale europeo, domenica pomeriggio, nell''aula che gli studenti dell''Accademia
di Belle Arti, che la occupano, avevano offerto perché il seminario
potesse proseguire, non erano arrabbiate. Erano preoccupate, deluse, addolorate.
Una sessantina di persone che avevano dovuto abbandonate il Rialtoccupato,
centro sociale romano sede di una fitta rete di associazioni e di riunioni
ininterrotte, sotto il lancio di monete,
sassi, bottigliette. Sotto la protezione della polizia [che, in questo
caso, ha fatto il suo mestiere di garantire i diritti democratici, sebbene
a malincuore, visto che qualche agente non ha resistito alla tentazionedi
insultare Vittorio Agnoletto]. E due
compagni mancavano all''appello: Marco Bersani, di Attac, e Giovanna
Cavallo, della Rete No Global di Napoli e portavoce del Tavolo dei migranti,
erano in ospedale, sotto osservazione, colpiti rispettivamente da un pugno
e da una sassata.
Il seminario, dedicato al programma del Fse, era cominciato, la mattina,
come previsto. Interventi di Rossana Rossanda, Luigi Ferrajoli, Isidoro
Mortellaro, Lidia Menapace e Annamaria Rivera. Breve discussione su come
proseguire nel pomeriggio e poi tutti a cercare qualcosa da mangiare. Il
Rialtoccupato si trova a due passi dal Portico d''Ottavia, il cuore dell''antico
quartiere ebraico. Proprio lì Agnoletto, insieme a Ferrajoli e altri,
va a sedersi a un ristorante all''aperto. Qualche minuto, e qualcuno lo
riconosce, quindi insulti, "nazista". Vittorio si sposta all''interno,
il gruppo di esagitati aumenta, si cerca di discutere con loro, inutilmente,
perché chi è contro Sharon è solo, appunto, un "nazista".
Le urla crescono. Arriva una volante della polizia. Un
compagno ebreo ci dice che è meglio andar via, e così
si fa.
Si torna al Rialtoccupato, dove si riprende il seminario. Ma l''atmosfera
diventa via via più surreale. Fuori si sentono urla crescenti. Chi
va a cercare di abbassare la temperatura, si sente rispondere: "Dateci
Agnoletto". Dopo un paio d''ore, si
decide di lasciare il centro sociale, di evitare ulteriori problemi,
gli studenti delle Belle Arti offrono la loro aula. Fuori, la polizia e
i carabinieri sono plotoni, con caschi e scudi. Si esce "protetti" da un
corridoio formato da agenti e da compagni, ma questo non impedisce i lanci
di oggetti e un paio di agguati, da parte della piccola folla [una sessantina],
che agita bandiere israeliane.
Il seguito è un penoso tentativo, da parte di qualche membro
autorevole della comunità ebraica, di buttare fumo e di nascondere
il fatto puro e semplice: una pacifica riunione è stata aggredita,
e infine impedita, da un gruppo di intolleranti e violenti, senza alcuna
altra "provocazione" che non sia l''opinione che si ha sul conflitto in
Israele .
Riccardo Pacifici, ad esempio, mente ai giornali dicendo che Agnoletto
aveva portato con sé un fotografo e che, ai primi insulti, ha replicato
con frasi antisemite. Qualche telegiornale parla di "rissa". Ma, in generale,
i giornali dell''indomani, lunedì, erano più che altro imbarazzati.
Resta il problema, lungamente discusso nel finale di giornata: se il
clima di guerra che c'è in Israele-Palestina viene esportato, cancellando
ogni possibilità di dialogo, come si affronta, questo? Con quali
parole o gesti?