di Gideon Levy
Pubblicato sul Haaretz, quotidiano israeliano, il giovedì 18
aprile 2002
Traduzione a cura del Gruppo Palestina dell’Associazione per la Pace
1. Fares Smaha comprò un paio di scarpe nuove per i giorni di
festa l’anno scorso. Allora era un ragazzo di 14 anni orfano di padre.
Suo fratello maggiore Ahmed era in prigione in Israele per furto; sua sorella
era stata venduta in sposa ad un vecchio Beduino nel Negev, e Fares era
colui che portava a casa il pane per i suoi fratelli più piccoli.
Sognava di tirare pietre nella strada principale vicina al suo campo profughi,
di essere ferito e di venire scelto per un compenso di $ 300 al mese da
quelle che sono conosciute come le “Commissioni di Saddam”. Nel frattempo
rubava vetture israeliane e così poté comprarsi le scarpe
nuove per i giorni di festa. Il suo defunto padre proveniva dal campo profughi
di Zacariyyeh, sua madre dal campo di Ajour, e la sua famiglia era tra
le più povere del campo profughi di Deheisheh. Né frigo,
né lavatrice, né tavolo, né sedie; un computer o uno
stereo erano al di là delle sue possibilità perfino nei suoi
sogni. Le pareti fredde e umide erano spoglie, con ragnatele negli angoli.
In cima al vecchio e sporco televisore c’erano alcuni barattoli di pomodoro
arrugginiti: la dispensa. Sotto il televisore c’erano alcuni sacchi di
zucchero, riso e farina: tutto il cibo della casa. Niente latticini, né
frutta, né verdura, né dolci. Il piccolo Eiman disse che
qualche volta di notte si svegliava dalla fame, ma non c’era nulla da mangiare.
Il suo unico giocattolo era un malandato fucile di plastica ed una lancia
di legno improvvisata. Li brandiva entrambi .
Così la vedova Halima allevò i suoi sette figli; La povertà
di questa famiglia è stata la peggiore tra quelle che io ho visto
nei territori. L’unico quadro alla parete era un poster in memoria dei
40 bambini Palestinesi uccisi finora nell’Intifada. I figli di Smaha ne
conoscevano alcuni. Il giovane Fares, con le veci di padre, mi disse allora
dei suoi conquistatori: “Vogliono farci vivere come animali”. Questo fu
dopo che i suoi due fratelli più piccoli non poterono tornare a
casa dalla loro scuola di Hebron- che accoglie i figli di famiglie indigenti-
perchè i soldati fermarono il taxi nel quale viaggiavano e non li
fecero passare. “I soldati devono capire che non siamo bestiame. Vogliamo
soltanto vivere, niente altro. I soldati devono capire che li combatteremo
generazione dopo generazione e, se ci uccideranno, la generazione successiva
li combatterà a morte. Che possiamo fare, questa è la nostra
vita. Il destino ci condanna a vivere in questo modo.
Un anno ed una settimana dopo la pubblicazione di questo articolo sulla
famiglia di Smaha, Deheisheh venne occupata e la famiglia di Smaha mantenne
la sua promessa; Ahmed, il figlio maggiore, poco dopo la sua liberazione,
venne arrestato di nuovo. Questa volta, con una imputazione più
grave: il trasporto dell’attentatore suicida che si fece esplodere a Beit
Yisrael un quartiere di Gerusalemme, uccidendo 10 israeliani e ferendone
50. Purtroppo, senza alcuna speranza, la famiglia di Smaha così
colpita dalla povertà è parte della infrastruttura del terrore.
2. Abed Bark è stato in mare per 30 anni . E’ un pescatore di
Gaza con 11 figli, e tutti vivono di ciò che lui si guadagna dal
mare. La sera del 27 aprile, un anno fa, uscì come al solito
con la sua barca a pescare, insieme ad alcuni dei suoi figli: presero 40
casse di sardine. .Improvvisamente apparve la Marina Israeliana. I soldati
della portamissili Dabur lo fecero spogliare e saltare a bordo, vestito
solo della biancheria. Spararono colpi veri in acqua intorno a lui per
spaventarlo. Dissero che la barca si trovava in una zona proibita. Sedette
legato, nudo e con gli occhi bendati, per quattro ore sul ponte
della Dabur, finché gli fu ordinato di salpare per Ashdod con la
sua barca. I figli dovettero arrangiarsi per tornare a casa. Rimase 11
giorni nella prigione militare di Erez, poi venne liberato. Da allora ha
paura di tornare in mare, ed ora è disoccupato.
3. Yasser aveva 11 ani e Samir 15. Quaranta giorni dopo la morte di
Yasser, anche Samir morì. Erano fratelli. Uno tirava pietre ai soldati
del check point di Qaladiyah, l’altro tirava pietre ai carri armati
che circondavano il quartiere di Yasser Arafat. Entrambi furono colpiti
contrariamente agli ordini di non aprire il fuoco; Entrambi impiegarono
una settimana a morire. Sami Kusbah, il loro straziato padre, figlio
di un rifugiato del villaggio di Rafilya, sulle rovine della cui casa è
stata costruita la città di Maccabim, ha un chiosco vicino alla
scuola per bambini del campo profughi di Qalandiyah. Sopravvivono Tahr,
il figlio maggiore, che ha 18 anni, e, Mohammed, il più piccolo
che ha tre anni.
4. Suleiman Abu-Hassan, nato prematuramente, è vissuto per un’ora
ed è morto.Ciò accadde perchè che sua madre, che stava
per partorire, passò 12 ore disperate cercando di attraversare l’assedio
e raggiungere l’ospedale di Jenin. Non ce la fece. Mohhsmmed Zakhin, anch’egli
prematuro, morì dopo otto ore di vita: Sua madre passò metà
della notte cercando disperatamente di poterlo mettere in un’incubatrice,
senza la quale nessun bimbo nato prematuramente può sopravvivere.Le
due madri provengono dallo stesso villaggio, Yamun, ed hanno perso i propri
piccoli a sei giorni di distanza, lo scorso dicembre. “Ho il diritto di
ucciderti, ma di non farti passare”, fu detto ad una delle due donne da
un soldato del carro armato sulla via che sbarrava la strada alle due madri
in travaglio, ad un miglio dall’ospedale.
5. Yunis Najjar è paralizzato a vita e Mohammed Majams è
quasi cieco. Erano entrambi operai negli insediamenti, costruivano case
e pavimentavano strade.Alcuni coloni li ferirono senza alcun motivo. Spararono
a Najjar vicino a Gush Etzion dalla macchina, con il metodo usato normalmente
dalle cellule del terrore dei coloni; Majams fu bastonato da alcuni giovani
con il capo coperto che erano seduti sul recinto di ferro di Pisgat Ze’ev.
6. Cinque ore, cinque taxi: questo fu il viaggio finale di un bambino
malato che si chiamava Abdallah Abu Zaideh, mentre andava dalla piccola
città di Ketaneh all’Ospedale Makassed a Gerusalemmme Est, a 15
minuti di viaggio in un giorno normale- cioè un giorno senza assedi
e blocchi stradali. I suoi genitori avevano già perso due figli
a causa di una malattia metabolica ereditaria, ma i soldati non vollero
saperne e non permisero loro di passare il checkpoint mentre il bambino
diventava giallo e respirava a fatica. Quando i genitori riuscirono finalmente
a raggiungere l’ospedale, le condizioni del bambino si erano deteriorate
irreversibilmente. I dottori dissero che si sarebbe potuto salvare
se fosse arrivato in tempo. Questo accadde a novembre dell’anno scorso.
Alcuni giorni fa, il piccolo Abdullah, nato il 7 luglio 2001, morì.
Sono rimasti vivi sua madre Aida, suo padre Mahmoud, suo fratello Mohammed.
7. L’agricoltore Izaat Mislamini era nel suo campo, molto agitato.
I coloni della zona, insieme agli abitanti dei kibbutz di Sde Eliyahu,
avevano invaso i suoi campi per vendicare la morte di Salit Shitreet di
Sde Eliyahu. Sradicarono le sue piantagioni e vandalizzarono il sistema
di irrigazione demolendo e distruggendo un’ampia zona. I bulldozers dell’IDF
(Israeli Defense Force –nrd) scavarono trincee intorno ai suoi campi distrutti,
tagliandolo fuori dalla sua fonte di vita. Su una carta di sigaretta l’agricoltore
scrisse queste parole perché il mondo le leggesse: ”Nel nome di
Dio, il misericordioso. Noi agricoltori delle regioni del Nord, nella terra
di Bardeleh, vi diciamo che i coloni hanno distrutto i nostri campi, le
nostre serre, ed ora non sappiamo di che vivere.” I poliziotti israeliani
suggerirono:”Piantate ancora”. Il segretario di Shdemot Mehula, Moshe Dermer,
disse che il fatto fu compiuto da “bravi ebrei”:“Guardate questo bambino”
disse l’agricoltore, indicando il suo giovane figlio. “Immaginate che il
raccolto sarebbe cresciuto, noi l’avremmo mangiato, ed anche il bambino,
ora non c’è più niente. Guardate questo bambino…”
8. Rafaat Ahmidan leggeva Yediot Ahronoth, beveva caffè solubile
al latte, e con una vettura israeliana portava gli operai palestinesi a
pavimentare strade in questa nostra terra. Suo fratello Ashraf lavorava
a Tnuva, Lou’ai a Strass, Alah alle costruzioni Talpiot: Amici di Israele.
La loro famiglia abbandonò Lifta nel 1948 e non fu più loro
permesso di tornarvi. Ahmidan, del campo profughi di Shafat, fu l’ultima
vittima palestinese del primo anno della nuova Intifada: i sodati IDF lo
colpirono a morte a distanza, da un ponte, dopo che aveva attraversato
una barriera di spazzatura mentre andava a prendere gli operai vicino alla
Strada 443, la stessa di ogni mattina. Sua madre disperata disse agli Israeliani:”Voi
pensate che agendo in questo modo, le cose miglioreranno per voi? Le cose
non saranno mai buone per voi così. Voi ne uccidete uno, noi ne
porteremo altri 10... Parlando come madre di Rafaat, dico che Israele dovrebbe
avere qualcuno come Hitler, qualcuno che vi ammazzi, a pezzettini. Io non
ho mai parlato in questo modo prima. Sempre, quando sentivo dire che c’era
stata un’esplosione dalla vostra parte, dicevo: Haram! (vergogna)… Essi
hanno una madre. Quando sentivo che persone venivano uccise sulle vostre
strade, dicevo, Perché? Ma, adesso, quando hanno ucciso mio figlio
in questo modo? Il portavoce dell’IDF confessa: Ci fu un “errore di giudizio”.
9. Nel certificato di nascita di Hassan Abu Ghara, la cui madre è
israeliana ed il cui padre è un residente nei territori, c’è
scritto: “Nato per strada”. Sì, venne alla luce lungo un checkpoint
mentre suo padre, la nonna e lo zio cercavano invano di persuadere i soldati
a lasciar passare sua madre.
10. Il bimbo Abdallah Atatreh cadde in un serbatoio d’acqua e annegò.
I soldati non permisero che fosse portato in fretta alla clinica del paese
vicino Il piccolo Abdallah morì I bambini del paesino di Al_Tarm,
hanno avuto a lungo paura di andare a scuola. I soldati li spaventavano,e
li insultavano quando passavano. Ad Al-Tarm, Israele ha dimostrato di non
voler abbandonare neanche un singolo punto d’appoggio. Persino questo tranquillo
e pacifico paesino è stato spinto nell’abbraccio della violenza
e della disperazione.
11. L’elenco degli organi feriti nel corpo del piccolo Majd Jalad,
di 5 anni da Tul Karm, colpito da un ufficiale IDF la scorsa estate, è
il seguente: gomito, stomaco, intestini, pancreas,e milza. Accadde mentre
Majd, con il suo vestito a festa più bello, stava andando a trovare
le zie e gli zii a Bal’ah, con la macchina di suo padre, insieme alla nonna
e ad altri due bambini. Majd stava in piedi sul sedile posteriore. L’ufficiale
disse di aver pensato che la macchina contenesse una bomba.
12. Indossava pantaloncini corti ed una T-shirt, Mustafa Yaseen quando
fu colpito a morte dalla Guardia di Frontiera sulla porta di casa sua nel
paese di Aneen. Evidentemente, si trattava di un caso di errore d’identità.
Gli sono sopravvissute la giovane moglie e la piccola figlia, testimoni
oculari del suo assassinio.
13. Ecco l’elenco dei morti e dei feriti pianti da Hilmi Temeizi, un
uomo vecchio e sdentato di Idna: suo figlioMohammed, fu ucciso. Suo nipote,
il piccolo Dia, fu ucciso. Mohammed, il marito di sua nipote, fu ucciso.
Sua nipote Amira venne ferita. Sua nipote mai fu ferita. Sua nuora Samr
venne ferita gravemente. Tutti nello stesso giorno.
14. Ogni sabato, lunedì e giovedì, Leila Abu Mweis si
reca all’ospedale di Nablus per la dialisi.Ogni martedì e venerdì,
anche suo figlio Rami va lì per la dialisi. Non vanno insieme perché
lei non sopporta di vederlo attaccato alla macchina. Da quando il paese
è stato messo sotto assedio, ci vogliono tre ore ad andare
e tre a tornare.Partono all’alba e tornano a tarda notte, due pazienti
in dialisi, completamenti distrutti. Le ultime due settimane, anche quella
strada é stata chiusa. Il loro destino al momento è sconosciuto.
15. Metà inverno e metà primavera passarono prima che
la bambina morisse, a tre mesi e mezzo. Iman Haju fu uccisa da una granata
che colpì la casa di sua nonna a Khan Yunis poco dopo che sua madre
finì di allattarla. Sua nonna fu ferita.
16. Tre volte l’Amministrazione Civile rase al suolo la casa di Shuwamri
ad Anata. Tre volte Salim la ricostruì. Ashraf, 17anni; Lina,16;
Lima,14; Linda,13; Wafa,10; Mohammed,9 hanno guardato in silenzio.
17. Ubai Draj, di 8 anni e mezzo, mentre era in piedi nella sua camera,
fu colpito ed ucciso dalla pallottola di un soldato. Ha lasciato una madre,
un padre e quattro fratelli e sorelle.
18. Nella penultima festa, F. lasciò la sua casa, nel campo
profughi di Jalazun, camminò per un brutto sentiero fino al cimitero
musulmano di Gerusalemme Est e rimase in piedi lì, un becchino
in attesa ,sperando di scavare una fossa o piantare fronde di palme per
gente in lutto, per ottenere un elemosina. Sessant’anni, sei figli e tre
figlie, giura di non avere un solo shekel per comprare cibo per il pranzo
della festa.
19. Ci sono circa 500 prigionieri detenuti nella riaperta Prigione
di Damun, la maggior parte illegali, come lavoratori senza permessi. Fino
a pochi mesi fa, avrebbero trovato la strada verso Israele, rischiando
la vita per una giornata di lavoro. Da sei mesi ad un anno di galera.
20. Terminal una discarica di spazzatura: per primi arrivavano i manovali,
poi gli ambulanti, poi i mendicanti – passavano da qui in tre turni, fino
a qualche mese fa. Era la via non ufficiale attraverso la discarica di
Umm al-Fahm, ed essi erano sulla strada per cercare di guadagnarsi da vivere
in Israele. Da Mohammad Milham, 62 anni, che puliva i cortili, al venditore
di ocra Eyad,11 anni che durante le sue vacanze estive usciva da casa a
Yamun ogni mattina alle 4.30, verso i villaggi arabi della Galilea. Talvolta
la Polizia di Frontiera sparava, li arrestava, ritirava le loro Carte d’Identità,
lasciandoli sotto gli olivi fino a sera. Il venditore ambulante di T-shirt
con un braccio solo, Rada Zakhin, una volta fu minacciato da una Guardia
di Frontiera, che gli disse: “Ti strapperò l’altro braccio se ti
vedrò ancora”. Sei mesi più tardi, Zakhin supplicò
invano un soldato israeliano di lasciar passare sua moglie, incinta, in
travaglio, attraverso un blocco stradale. Sulla tomba del suo bambino,
l’ho visto piangere.
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Gruppo Palestina
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La pace non è solo l’assenza della guerra, è una virtù,
uno stato della mente,
una disposizione alla benevolenza, confidenza, giustizia.